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La rubrica Spoiler – podcast è cura della giornalista Beatrice Silenzi – direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.
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“La Fattoria degli Animali”: Quando la Rivoluzione Divora i Suoi Figli
Pubblicato nel 1945, il capolavoro allegorico di George Orwell, “La fattoria degli animali”, rimane una critica senza tempo e spietata di ogni totalitarismo, svelando con la semplicità di una favola i meccanismi con cui il potere corrompe gli ideali e trasforma i liberatori in tiranni.
Scritto da Eric Arthur Blair, meglio noto come George Orwell, tra il 1943 e il 1944, “La fattoria degli animali” è un romanzo satirico che utilizza animali antropomorfi per narrare una potente allegoria politica.
Concepito durante la Seconda Guerra Mondiale, il libro si ispira direttamente agli eventi della Rivoluzione russa del 1917 e alla successiva ascesa dello stalinismo.
Orwell, un convinto socialista democratico, descrisse l’opera come “un racconto satirico contro Stalin”, cercando per la prima volta di fondere in modo consapevole l’intento politico con quello artistico.
Nonostante la sua apparente semplicità, la pubblicazione del romanzo fu tutt’altro che facile. In un’epoca in cui la Gran Bretagna era alleata dell’Unione Sovietica contro il nazifascismo, molti editori respinsero il manoscritto per timore di ripercussioni politiche.
Solo nell’agosto del 1945, a guerra finita, il libro vide la luce, ottenendo un successo immediato e duraturo.
Dall’Utopia alla Tirannia: La Trama di una Rivoluzione Tradita
La storia si svolge nella Fattoria Padronale, dove gli animali, stanchi dei soprusi e dello sfruttamento da parte del proprietario, il signor Jones, decidono di ribellarsi.
Ispirati dal sogno di un vecchio e saggio maiale, il Vecchio Maggiore, cacciano l’uomo e instaurano un nuovo ordine basato sull’uguaglianza e la solidarietà, ribattezzando la proprietà “La fattoria degli animali”.
Vengono stabiliti Sette Comandamenti, il cui principio cardine è: “Tutti gli animali sono uguali”.
Inizialmente, la rivoluzione sembra un trionfo. Tuttavia, ben presto emerge una nuova élite: i maiali, considerati i più intelligenti, si autoproclamano leader. Guidati dall’astuto e spietato Napoleone, iniziano a riservarsi privilegi, a manipolare le decisioni e a consolidare il loro potere. Con l’aiuto di Clarinetto, un maiale abile nella propaganda, e di una feroce muta di cani addestrati come polizia segreta, Napoleone elimina ogni forma di dissenso, arrivando a cacciare il suo rivale Palla di Neve, un maiale idealista.
Il finale è tanto celebre quanto amaro.
Col passare del tempo, i maiali finiscono per assomigliare in tutto e per tutto agli umani che avevano cacciato.
Camminano su due zampe, vestono abiti, dormono nei letti e stringono accordi con gli agricoltori vicini.
L’ultimo comandamento sul muro del granaio viene subdolamente modificato per riassumere la completa corruzione degli ideali originali: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri”.
La rivoluzione ha chiuso il cerchio, tornando a un punto di partenza ancora peggiore, dove gli oppressi non riescono più a distinguere i loro nuovi padroni da quelli vecchi.
Un’Allegoria Potente: Personaggi e Simboli
La genialità di Orwell risiede nell’aver creato un sistema di corrispondenze precise tra i personaggi e gli eventi del romanzo e le figure storiche della Rivoluzione russa.
Ogni animale o elemento narrativo incarna una classe sociale o un’idea.
Centrale è anche il tema della manipolazione della verità come strumento di dominio.
Infine, il libro è un monito sulla fragilità della libertà e sulla necessità di una vigilanza critica da parte dei cittadini. L’ignoranza, l’apatia e la scarsa memoria degli animali li rendono vulnerabili alla propaganda e incapaci di difendere i propri ideali.
L’oppressione più efficace, suggerisce Orwell, è quella che si insinua nelle menti, trasformando la coscienza in obbedienza.
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