
Annullata la fiera dell’utero in affitto

Per approfondire l’argomento https://youtu.be/PTujdqR9lHo
Su Fabbrica della Comunicazione, la riflessione settimanale di Enrica Perucchietti – Scrittrice – commentata con Beatrice Silenzi – Giornalista.
L’annullamento dell’orrenda fiera di bambini su misura in programma il 21 e 22 maggio a Milano è una vittoria della legalità e del buon senso comune.
Si trattava di un evento promosso da enti già attivi per la diffusione in Europa dell’utero in affitto, un crimine aberrante. I promotori motivano il dietrofront con “circostanze al di fuori del loro controllo”, tra le quali senz’altro la petizione popolare di protesta di Pro Vita & Famiglia.
“Un sogno chiamato bebè”, dunque, non approderà in Italia (dopo aver trovato spazio in diverse capitali europee: Parigi, Berlino, Colonia e Monaco).
Gli organizzatori, però, non mollano e promettono che «le nuove date saranno pubblicate a breve».
Il problema sembra dunque solo rimandato.
Contro la fiera si era espressa Giorgia Meloni, invitando il sindaco di Milano Giuseppe Sala a fermare un «evento propagandistico basato su una pratica vietata in Italia, che mercifica i bambini e il corpo delle donne», mentre il senatore di Fi, Maurizio Gasparri, aveva interrogato il ministro Speranza.
Una legge c’è. E’ la 40 del 2004, che vieta qualsiasi forma di commercializzazione della maternità surrogata ed anche la ministra Mara Carfagna era scesa in campo, dopo aver già avanzato un pdl nel 2020 per rendere la pratica un reato anche se effettuata all’estero.
Il Carroccio, intanto, ha presentato tre proposte di legge in Parlamento e un’altra di iniziativa popolare depositata in Cassazione da Matteo Salvini, per «bloccare un business che in tutto il mondo vale 6 miliardi all’anno».
Pillon alza il tiro e si scaglia contro Sala, il quale, lo scorso settembre e a pochi giorni dal voto, era stato quasi costretto a prendere una posizione, sottolineando che il Comune non avrebbe mai concesso il patrocinio a un evento del genere.
Da sottolineare inoltre la moratoria internazionale, per evitare scorciatoie e aggirare le normative: temi delicati su cui è difficile riflettere, ma la politica deve prendere posizione e non far prevalere il business.
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