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La rubrica Spoiler – podcast è cura della giornalista Beatrice Silenzi – direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.

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Anni 70. Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg è pronto a conquistare il cinema

Il 1977 è stato un anno estremamente significativo per la fantascienza. Appena poche settimane dopo Episodio IV di Star Wars di George Lucas, Steven Spielberg riusciva a guadagnarsi il secondo maggiore incasso dell’anno con il film Incontri ravvicinati del terzo tipo, tuttavia il film imbocca una strada diversa, rispetto all’opera di Lucas, meno avventurosa, più riflessiva e fondata su uno stupore quasi mistico di fronte all’ignoto cosmico.

L’opera si apre con il rinvenimento di indizi impossibili in diverse parti del mondo,tasselli di un disegno che appare subito più grande: aerei della Seconda Guerra Mondiale ricomparsi intatti nel deserto, un mercantile riapparso nel deserto del Gobi.
Un’intensa attività ufologica diventa marcata e presente in tutto il mondo. I testimoni raccontano di aver sentito, durante gli incontri, una particolare sequenza di note musicali emessa dagli UFO, uguale in tutti i casi.

Ulteriori indagini ed elaborazioni traducono tali note in precise coordinate, che secondo Lacombe convergono alla Devil’s Tower, Torre del Diavolo, un’imponente montagna solitaria nel Wyoming,

Roy – protagonista del film – incarna l’uomo toccato dal sublime: la notte in cui la sua strada si incrocia con un UFO, vive un’esperienza deflagrante che lo illumina (letteralmente), bruciandogli metà del volto il volto e sconvolgendo la sua psiche. Un uomo che “ha guardato dentro l’oblio ed è sopravvissuto”.
Sono anni in cui negli stati uniti si assiste ad un notevole interesse rivolto alle stelle, anche grazie all’apertura spirituale “New Age”.

Anche in politica se ne discute: il Presidente Jimmy Carter aveva egli stesso avvistato un oggetto non identificato, alcuni anni prima e in campagna elettorale aveva promesso trasparenza sul tema. Incontri ravvicinati si inserisce dunque in questo contesto, misto di curiosità, tecnologia, mistero: usando gli strumenti della scienza per facilitare la connessione con l’altro, piuttosto che alimentare aspetti deteriori

Roy è un ricercatore appassionato, paragonabile ai mistici “la cui anima langue assetata” di fronte al mistero ed il film ne segue il viaggio interiore di fede e dubbio ed esteriore, che lo porterà alla sommità della montagna che lui da sempre immagina. Roy ha “udito una chiamata”, un misterioso messaggio sotto forma di visione telepatica, eppure non sa a cosa credere, né cosa quell’esperienza richieda da lui.

I temi del film si allacciano così a correnti filosofiche più ampie: l’esistenzialismo, il senso del meraviglioso volutamente ricercato nelle opere di narrativa fantascientifica,degli anni quaranta e cinquanta del Novecento, tipico della fantascienza classica, fino alle suggestioni New Age.
In Roy c’è qualcosa del puer aeternus in quella ostinazione di un bambino che segue solo il proprio stupore: una purezza che lo rende “degno” dell’incontro con gli extraterrestri, anch’essi fanciulli, piccole figure androgine e prive di imperfezioni, dagli occhi curiosi.

Incontri ravvicinati approfondisce l’idea che arte e scienza possano incontrarsi per creare un linguaggio comune. Scienziati e alieni dialogano con una sequenza di cinque note musicali, La musica, è numero, è Pitagora, è linguaggio matematico ed emozionale al tempo stesso, permette di superare ogni barriera. Tecnologia e arte si fondono: un computer suona una melodia e un essere alieno risponde suggellando simbolicamente l’incontro tra razionalità e sensibilità.

La scienza non è strumento di distruzione ma un tramite che consente di per elevarsi al fine di trovare un punto di contatto con ciò che è al di là di noi.
Il grande successo commerciale ha consolidato Spielberg come uno dei autori di punta di Hollywood, tanto che nel 1982 ha proseguito sullo stesso filone con E.T. l’extraterrestre in cui riprende in chiave fiabesca l’idea dell’alieno amico, innestandola in un contesto differente.

Il film è stato definito da alcuni “più un film religioso che di fantascienza” e i paragoni con la Bibbia abbondano, ma questa lettura è stata nel tempo ulteriormente rafforzata da Spielberg stesso, che nelle interviste definiva il film come “un’opera di ottimismo spirituale”, riconoscendovi l’influenza delle sue radici culturali e familiari.

Nel nostro Paese, ancora oggi il titolo del film indica esperienze straordinarie, ed i punti di forza del film risiedono anzitutto nella sua capacità di parlare al pubblico su diversi livelli.

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