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La rubrica Spoiler – podcast è cura della giornalista Beatrice Silenzi – direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.
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L’idea di Contact affonda le radici negli anni ’70
Quando un eccellente astronomo americano e, nello stesso tempo, divulgatore scientifico molto popolare, Carl Sagan e sua moglie Ann si interrogano su come l’umanità avrebbe reagito alla prova dell’esistenza di intelligenze aliene.
In mancanza di un via libera cinematografico, lo scienziato decide di riversare quelle idee in un romanzo pubblicato nel 1985, in un contesto storico-scientifico in che vede da un lato l’ottimismo per i progressi spaziali delle sonde Voyager e dall’altro le tensioni ideologiche proprie della guerra fredda.
Il film Contact invece prende corpo alcuni anni dopo, nel 1997, diretto da Robert Zemeckis, un anno dopo la morte di Sagan che, noto per il suo approccio profondamente umanistico alla scienza, contribuisce a scriverne la sceneggiatura.
Contact è un’opera di fantascienza atipica, è un piccolo gioiello che si inserisce in un momento storico di rinnovato interesse per lo spazio e il trascendente. Il rapporto tra scienza e fede al centro di dibattiti pubblici come quello del 1992, che vedeva il riconoscimento da parte della Chiesa degli errori commessi nel processo a Galilei, simbolo della frizione tra dogma religioso e evidenza scientifica. L’intento del film: racchiudere l’universo negli occhi dell’essere umano, collegando il macrocosmo al microcosmo, al senso dell’esistenza.
Tema centrale della pellicola è dunque nel dialogo – o forse conflitto – tra Scienza e fede
Ellie astronoma razionalista e Palmer Joss, Matthew McConaughey, predicatore e scrittore di forte fede cristiana, interprete di un bisogno che trascende il dato scientifico. La scoperta di un messaggio alieno funge da catalizzatore di questo confronto: l’umanità si trova di fronte a un evento che solleva interrogativi tecnologici e teologici. “Gli alieni credono in Dio? La nostra fede è minacciata dalla loro esistenza?”
L’umanità deve trovare significato dell’esistenza senza attendere aiuti esterni, ma custodendo il “pallido puntino azzurro” che è la Terra. Altro tema portante è nel confronto con l’ignoto in chiave spirituale. L’esperienza di Ellie durante il viaggio interstellare è costruita come un momento di estasi e trasformazione interiore. Quando finalmente tramite la misteriosa “Macchina” costruita sulla base degli schemi inviati dagli alieni, viene proiettata attraverso una serie di cunicoli spazio-temporali, il film vira volutamente dal registro scientifico ad uno più poetico, quasi contemplativo.
Contact adotta una struttura narrativa classica, la sceneggiatura riesce a condensare ottimamente un racconto che nel romanzo si dipana per oltre un decennio attraverso l’individuazione degli elementi chiave, la riduzione dei personaggi rispetto al romanzo, l’eliminazione di quelle sottotrame che sul grande schermo avrebbero appesantito la narrazione.
La performance di Jodie Foster, è, come sempre, da manuale, in quell’insieme di calore, fragilità e determinazione perfettamente incarnate. Analogamente Matthew McConaughey dona carisma a Palmer Joss, evitando che il suo predicatore diventi monodimensionale: anche se la sottotrama romantica è un’invenzione quasi totalmente cinematografica, tanto che alcuni critici l’hanno ritenuta addirittura forzata nelle dinamica narrativa, poiché lui stesso contribuisce a estrometterla inizialmente.
Non sorprende che oggi Contact venga spesso citato come un film avanti sui tempi: la centralità di Jodie Foster con Matthew McConaughey relegato a co-protagonista di supporto, nel 1997 era una rarità hollywoodiana sebbene l’attrice all’epoca fosse due volte premio Oscar, e famosa per il suo intelletto oltre che per l’enorme talento.
Dal punto di vista storico-culturale, ha il merito di aver ripreso l’eredità di autori come Arthur Clarke e Asimov, reintroducendo il gusto per una fantascienza di concetti anziché di esplosioni.
Il film inoltre ha contribuito a suscitare l’interesse del pubblico verso il progetto SETI che, negli anni successivi alla sua uscita, ha registrato un incremento di attenzione mediatica e non è azzardato dire che un’intera generazione di futuri astronomi e astrofili possa essere stata incoraggiata dall’opera. Senza dubbio, è un film adatto a chi ha amato opere come 2001: Odissea nello spazio, o Solaris, rivelandosi quale esperienza cinematografica appagante e stimolante.
Lungi dall’apparire datato, Contact è l’esempio tangibile di un confronto infine costruttivo, con dubbi e domande sospese che restano ancora oggi senza risposta.
Eppure… “se ci fossimo solo noi, sarebbe un enorme spreco di spazio”
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