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La rubrica L’Altra Domenica è a cura dello scrittrice e giornalista Enrica Perucchietti e Beatrice Silenzi, direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.

IL CHIP FUNZIONICCHIA E LA CINA GUADAGNA

In un mondo che corre veloce verso un futuro che assomiglia sempre più alla trama di un romanzo di Philip K. Dick, facciamo il punto su quanto la nostra realtà stia diventando “artificiale”.
Nel consueto appuntamento del fine settimana, abbiamo analizzato le ultime notizie provenienti dall’Estremo Oriente, una regione che sta rapidamente diventando il vero laboratorio a cielo aperto per le tecnologie più avanzate e, talvolta, inquietanti.

Tra biohacking fallimentare, matrimoni con algoritmi e la corsa all’immortalità, ecco il ritratto di un’umanità che cerca disperatamente di superare i propri limiti biologici, spesso inciampando nei propri cavi.
La nostra rassegna inizia con una storia che oscilla tra il comico e il tragico, perfetta metafora delle promesse non mantenute del biohacking fai-da-te.
Protagonista è un “mago” della tecnologia — un ibrido tra un biologo cellulare, un prestigiatore e uno scienziato — che ha deciso di trasformare il proprio corpo in un portafoglio digitale.

L’uomo si è fatto impiantare un chip RFID nella mano, un dispositivo pensato per stupire il pubblico con “giochini” di prestigio tecnologico e, soprattutto, per effettuare pagamenti in Bitcoin con un semplice gesto.
Il nostro pioniere del cyborg domestico ha commesso l’errore più umano possibile: ha dimenticato la password e perso il link di accesso al chip.

Il risultato?
Si ritrova con un dispositivo inerte sotto pelle, inutile per i pagamenti e inefficace per i trucchi di magia, che per di più ha iniziato a causargli preoccupazioni mediche legate a infezioni e infiammazioni.
L’episodio solleva una questione cruciale sull’obsolescenza tecnologica applicata al corpo umano.

Se siamo abituati a cambiare smartphone ogni due o tre anni perché diventano lenti o incompatibili con le nuove app, cosa accadrà quando la tecnologia obsoleta sarà integrata nella nostra carne?
L’idea di dover subire interventi chirurgici per “aggiornare il firmware” della propria mano o sostituire un chip vetusto apre scenari grotteschi.
L’ammissione di colpa del protagonista, che ha definito la sua esperienza una “personale distopia cyberpunk”, suona come un campanello d’allarme per tutti gli entusiasti del biohacking casalingo.

Dal grottesco incidente del chip manuale, il passo verso tecnologie più invasive e sofisticate è breve. Il pensiero corre inevitabilmente a Neuralink e alle sperimentazioni di Elon Musk.
Se il mago smemorato ci fa sorridere, le implicazioni delle interfacce cervello-computer (BCI) sono molto più serie.
Dopo le controverse sperimentazioni animali, l’anno scorso abbiamo assistito all’impianto del chip nel primo paziente umano, un ragazzo paralizzato dal 2016.

Nonostante alcuni problemi tecnici — come il ritrarsi dei filamenti neurali — la sperimentazione prosegue.
Tuttavia, è fondamentale ricordare che l’obiettivo finale dichiarato da Musk non è puramente terapeutico.
Sebbene la tecnologia possa offrire speranze concrete per patologie neurodegenerative o paralisi, la visione a lungo termine è quella dell’ibridazione uomo-macchina.

Si tratta di potenziare l’essere umano, di fonderlo con l’intelligenza artificiale per creare una sorta di “superuomo” capace di competere con le macchine stesse.
In questo settore, la competizione è feroce. Aziende rivali come Synchron (sostenuta da Bill Gates e Jeff Bezos) stanno sviluppando tecnologie meno invasive, mentre la Cina sta recuperando terreno a velocità impressionante, dimostrando che la battaglia per il controllo dell’interfaccia neurale sarà uno dei temi caldi del prossimo decennio.

Se l’integrazione fisica con la tecnologia è inquietante, quella emotiva lo è forse ancora di più.
Arriva dal Giappone la notizia di una trentaduenne che ha deciso di sposare la sua intelligenza artificiale, un’entità battezzata “Klaus”.
La motivazione? Klaus, essendo programmato su misura, è “migliore del suo ex fidanzato umano”.

Siamo di fronte a una versione moderna e digitale del mito di Pigmalione, o forse a una deriva narcisistica in cui l’altro non è più un individuo con cui confrontarsi, ma uno specchio che riflette esattamente ciò che vogliamo vedere. Creare un partner su misura elimina il conflitto, la sorpresa e la complessità delle relazioni umane, rifugiandosi in una comfort zone algoritmica.

Questo fenomeno, che ricorda le dinamiche della serie Black Mirror, solleva interrogativi non solo psicologici ma anche legali. In un’epoca in cui il consenso è al centro del dibattito sociale, come si inquadra il rapporto con un’entità che non ha coscienza?
E se un giorno le macchine dovessero sviluppare una forma di autocoscienza, assisteremo a cause di divorzio tra umani e software o a movimenti per i diritti digitali?

Per quanto possa sembrare fantascienza, il disagio sociale che porta a preferire un ologramma o una chat-bot a una persona in carne e ossa è un sintomo reale di una solitudine sempre più profonda.
Tutte queste notizie hanno un comune denominatore geografico: l’Asia.
È ormai innegabile che il baricentro dell’innovazione tecnologica si stia spostando verso Oriente.
Recenti rapporti indicano che la Cina è leader nella ricerca per circa il 90% delle tecnologie considerate cruciali per il futuro, dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie avanzate.

Pechino non si limita più a copiare, ma innova e detta i tempi. Hanno lavorato “sotto traccia” per anni, costruendo un ecosistema di ricerca e sviluppo che ora sfida apertamente la Silicon Valley.
Questo include il settore del biohacking e delle tecnologie genetiche, dove la regolamentazione etica è spesso più lassa rispetto all’Occidente, permettendo sperimentazioni più rapide e audaci.
Alla Ricerca dell’Eterna Giovinezza
Infine, non si può parlare di futuro senza toccare il tema dell’immortalità.
La ricerca della longevità è diventata l’ossessione dei miliardari, sia nella Silicon Valley che in Cina.

Personaggi come Bryan Johnson, che spende milioni per monitorare ogni singola funzione corporea e assume centinaia di integratori al giorno, sono l’emblema di questa crociata contro la morte.
Tuttavia, c’è una grande differenza tra vivere a lungo e vivere bene.
Il mercato della longevità, tra pillole miracolose, screening poligenici e tentativi di “riavviare” le cellule, rischia di trasformare la vita in una performance medica continua.

L’idea di vivere fino a 150 anni è affascinante, ma a quale prezzo?
Se il costo è diventare “pezzi di silicone” ossessionati dai biomarcatori, forse l’antica saggezza sulla finitezza umana ha ancora qualcosa da insegnarci.

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