Clicca per guardare il video
Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica della domenica mattina a cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile – con Enrica Perucchietti si chiama L’Altra Domenica.
Un’ondata di blackout, dal nord Italia all’Iran, sta alimentando un clima di allarme crescente, perfettamente inserito nella narrazione onnipresente dell’emergenza climatica.
Ma mentre la preoccupazione per il pianeta diventa un mantra quotidiano, emergono teorie e proposte così paradossali da sembrare uscite da un romanzo distopico.
A guidare questa nuova ondata di pensiero “green” è, ancora una volta, il World Economic Forum (WEF), che con una recente pubblicazione sembra aver dichiarato guerra a un nemico inaspettato: le foreste.
Un articolo pubblicato sul sito del WEF il 22 giugno scorso, a firma di Faël Dubois, intitolato provocatoriamente “Le foreste stanno contribuendo al cambiamento climatico? Cosa si può fare?”, avanza una tesi sconcertante: le foreste, in particolare quelle di conifere in Finlandia, rilascerebbero più emissioni di quante ne assorbano, contribuendo di fatto al riscaldamento globale.
Questa affermazione capovolge decenni di conoscenza scientifica e buon senso, che hanno sempre identificato gli alberi come i principali alleati dell’umanità nella lotta contro l’eccesso di CO2.
Secondo il WEF, invece, queste immense aree verdi sarebbero un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi “Net Zero”, inficiando il loro ruolo nella strategia per abbattere il carbonio. La soluzione implicita? Abbattere, deforestare, controllare.
Dall’albero naturale all’antenna 5G: l’agenda transumanista
Questa teoria non è un semplice scivolone, ma si inserisce perfettamente in un quadro più ampio, quello promosso da figure come Klaus Schwab e dal suo “Grande Reset”. L’obiettivo, secondo Perucchetti, è chiaro: sostituire il naturale con l’artificiale.
Non è un caso che, mentre si demonizzano gli alberi veri, spuntino nelle nostre città alberi finti che nascondono antenne 5G. Il “green” promosso da questa agenda non è quello della natura, ma quello di una tecnologia totalizzante.
L’ibridazione uomo-macchina, il transumanesimo e il post-umanesimo non sono più teorie relegate alla fantascienza, ma i pilastri di un progetto che vede la natura come un sistema obsoleto e inefficiente da “ottimizzare” o, se necessario, eliminare.
La logica è la stessa che abbiamo visto durante la pandemia: si promuove lo smart working grazie alla tecnologia, ma poi si scopre che basta un blackout per paralizzare tutto. La dipendenza dalla rete elettrica e digitale ci rende fragili e controllabili.
Una schizofrenia familiare e la sottomissione al paradosso
Come è possibile che idee così palesemente assurde vengano accettate? La risposta, secondo le relatrici, risiede nella stessa schizofrenia sociale vissuta durante l’emergenza sanitaria.
Le regole illogiche (il caffè in piedi sì, seduti no) venivano imposte e seguite senza un vero dibattito, sfruttando un meccanismo di coercizione psicologica.
Allo stesso modo, oggi si accetta il paradosso di un albero che inquina. Si tratta di una strategia per confondere, per cambiare il paradigma e per far passare come “verità” dogmi funzionali a un’agenda precisa.
Tutto ciò che è naturale, biologico e spontaneo diventa un problema, mentre la soluzione è sempre tecnologica, centralizzata e controllata.
In conclusione, l’emergenza climatica, reale o percepita che sia, sta diventando il cavallo di Troia per introdurre una trasformazione radicale della società, in cui la natura stessa viene messa sotto accusa per fare spazio a un futuro iper-digitalizzato e post-umano. E la domanda che sorge spontanea è: se oggi il nemico è la foresta, domani a chi toccherà?
Il video pubblicato è di proprietà di (o concesso da terzi in uso a) FABBRICA DELLA COMUNICAZIONE.
E’ vietato scaricare, modificare e ridistribuire il video se non PREVIA autorizzazione scritta e richiesta a info@fcom.it.