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Su Fabbrica della Comunicazione, Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile – si occupa della rubrica, “Comunicazione e Dipendenze”, in collaborazione con Studi & Salute Bolgan.
Ospite di questo appuntamento è la dott. Cristina Ombra, psicoterapeuta.
Evoluzione Storica e Socioculturale del Rapporto con il Corpo
Il legame tra cibo ed emozioni rappresenta una dimensione complessa, influenzata da dinamiche individuali, familiari e culturali. A partire dagli anni ’70, l’ideale di magrezza è stato associato a concetti come successo, potere e bellezza, particolarmente enfatizzati nell’ambito della moda e dello spettacolo.
Questo canone estetico, introiettato soprattutto dalle donne, ha generato una pressione sociale verso la ricerca di un corpo “perfetto”, spesso distante dalla realtà biologica.
Tra il 2000 e il 2012, si è assistito a un parziale cambiamento, con l’emergere di movimenti di body positivity e la denuncia del body shaming, fenomeno che stigmatizza forme corporee non conformi agli standard dominanti.
La polarizzazione tra esaltazione della magrezza e accettazione indiscriminata di ogni fisicità ha creato confusione nella percezione di sé, alimentando disagi psicologici.
Disturbi Alimentari: Definizioni e Falsi Miti
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono disfunzioni caratterizzate da un rapporto conflittuale con il cibo, con ripercussioni sulla salute fisica e mentale.
Le manifestazioni più note includono:
– Anoressia nervosa: restrizione calorica estrema, percezione distorta del proprio corpo e paura ossessiva di ingrassare.
– Bulimia: cicli di abbuffate seguite da comportamenti compensatori (vomito autoindotto, esercizio fisico eccessivo).
– Binge Eating Disorder: consumo incontrollato di cibo senza strategie di compenso, spesso associato a vergogna e isolamento.
Un mito da sfatare riguarda l’obesità: non sempre è correlata a un eccesso alimentare. Fattori metabolici, genetici o psicologici possono contribuire al aumento di peso, senza che vi sia una diretta relazione con la quantità di cibo ingerito.
Allo stesso modo, l’idea che l’obesità sia necessariamente legata a patologie psichiatriche è riduttiva: il disagio emotivo può manifestarsi in modi diversi, a prescindere dal peso.
Fame Emotiva vs. Fame Biologica: Come Distinguerle
La Fame biologica è un segnale fisiologico: si manifesta gradualmente, con sintomi come crampi allo stomaco, calo di energia o irritabilità.
La sazietà arriva in modo naturale, accompagnata da una sensazione di pienezza.
La Fame emotiva, invece, è impulsiva e legata a stati d’animo negativi (stress, tristezza, noia).
Si caratterizza per:
– Desiderio specifico di cibi ipercalorici (dolci, salati).
– Assenza di sazietà, nonostante l’ingestione di grandi quantità.
– Senso di colpa post-abbuffata.
I Comfort food (es. cioccolato, patatine) agiscono come anestetici temporanei per emozioni scomode, attivando circuiti cerebrali legati alla ricompensa. Ma, il sollievo è effimero e il ciclo tende a ripetersi.
Fattori Psicologici e Familiarità
L’insorgenza dei DCA è multifattoriale. Oltre alle pressioni sociali, giocano un ruolo chiave:
– Bassa autostima: la ricerca di controllo sul corpo diventa una compensazione a sentimenti di inadeguatezza.
– Perfezionismo: l’ossessione per l’ordine e l’autodisciplina si trasferisce sul piano alimentare.
– Dinamiche familiari: in alcuni contesti, il cibo assume valenze simboliche (amore, punizione, riconciliazione).
Approcci Terapeutici Integrati
Il trattamento dei DCA richiede un lavoro multidisciplinare:
1. Supporto psicologico: terapie cognitive-comportamentali (CBT) aiutano a identificare pensieri disfunzionali e a sviluppare strategie di coping.
2. Consulenza nutrizionale: ripristinare un’alimentazione equilibrata, senza categorizzare gli alimenti come “buoni” o “cattivi”.
3. Bioenergetica: attraverso esercizi fisici e respiratori, si favorisce la connessione mente-corpo, riducendo l’alienazione dalle sensazioni fisiche.
Mindful Eating: Ritrovare la Consapevolezza
La mindful eating (alimentazione consapevole) è una pratica derivata dalla mindfulness, utile per interrompere il pilota automatico durante i pasti.
I principi chiave includono:
– Rallentare: masticare lentamente, apprezzando consistenze e sapori.
– Ascoltare il corpo: riconoscere i segnali di fame e sazietà.
– Non giudicare: osservare le emozioni senza critica, evitando di demonizzare le scelte alimentari.
Un esercizio pratico è il “lege surfing”: anziché reprimere l’impulso a mangiare, lo si osserva come un’onda destinata a esaurirsi. Questa metafora aiuta a gestire l’ansia senza ricorrere al cibo.
Impatto Culturale Globale e Nuove Tendenze
Sebbene i DCA siano spesso associati alle società occidentali, fenomeni come l’anoressia e la bulimia sono in crescita anche in Asia. In Giappone, ad esempio, pratiche come lo Zen Eating combinano meditazione e alimentazione, promuovendo un rapporto non giudicante con il cibo.
Persiste il conflitto tra tradizioni (che valorizzano la moderazione) e l’influenza di standard globalizzati di bellezza.
Oltre l’Estetica: Salute e Accettazione
Il focus esclusivo sul peso come indicatore di salute è fuorviante. Parametri come pressione sanguigna, glicemia e benessere psicologico sono altrettanto rilevanti. Inoltre, l’accettazione del corpo non significa rinunciare a migliorare il proprio stile di vita, ma riconoscere che il valore personale non dipende dall’aspetto fisico.
Il cibo, da strumento di sopravvivenza, può trasformarsi in un linguaggio per esprimere fragilità invisibili. Comprendere le radici emotive dei disturbi alimentari è il primo passo per trasformare il rapporto con il proprio corpo, sostituendo il controllo ossessivo con una consapevolezza gentile e rispettosa. In un’epoca dominata dall’immagine, la sfida è ridefinire la bellezza come armonia tra mente, corpo ed emozioni.
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