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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura di Giorgio Pandini – musicista e blogger.

È il 27 giugno del 1968, l’uomo vestito con un completo di pelle nera è seduto nel suo camerino e muove nervosamente la gamba, è agitato perché tra pochi istanti dovrà uscire su un palcoscenico per registrare uno spettacolo dal vivo per l’emittente nazionale NBC e sono sette anni che non si esibisce in pubblico.
Sa che la pressione è enorme e che la sua carriera è a rischio e dipende dall’esito dell’evento, alla fine si alza e va incontro al suo destino.

Sto parlando di Elvis Aaron Presley

Il piccolo Elvis nasce l’8 gennaio del 1935 a Tupelo Mississippi, la cittadina immortalata nella canzone Tupelo Blues di John Lee Hooker che narra del grande alluvione del Mississippi del 1927, dove la corrente elettrica era arrivata solo l’anno prima.
La madre Gladys mette al mondo due gemelli dei quali solo Elvis sopravvive, il padre Vernon lavorava nei campi raccogliendo il cotone e la condizione familiare è di estrema indigenza.

Negli stati del sud degli anni ’30 la divisione razziale tra bianchi e neri è netta e ferrea ma il bambino cresce assorbendo entrambe le culture forse proprio grazie alla povertà e al lavoro del padre che lo avvicina alla comunità nera.

Ma è soprattutto la musica a pervadere non solo l’anima ma anche il corpo di Elvis, che non riesce proprio a stare fermo quando sente i ritmi incalzanti della black music, sia del blues che della musica gospel che si ferma ad ascoltare fuori dalle chiese la domenica.

Ad 11 anni riceve in regalo la sua prima chitarra sulla quale inizia ad esercitarsi cercando di riprodurre i brani che ascolta alla radio.
Due anni più tardi, nel 1948 la famiglia si trasferisce a Memphis nel Tennessee, la città è un grande punto di incontro per i musicisti blues e la sua strada Beale Street è la capitale del Memphis Blues, dove i locali sono stati frequentati da giganti del calibro di Muddy Waters, Howlin’ Wolf, B.B. King e lo stesso John Lee Hooker.

Elvis prosegue dunque la sua formazione assorbendo i suoni, i ritmi e l’anima del blues ed iniziando ad esibirsi in qualche concorso locale con ottimi risultati.
Al termine degli studi ai quali partecipa svogliatamente, per aiutare la famiglia trova lavoro come camionista, siamo nei primi anni 50 ed un giorno scopre che, alla Sun Records in Union Street è possibile registrare un disco demo pagando soli 4 dollari. Il ragazzo non perde tempo e riesce a fare la sua prima incisione discografica.

Sam Phillips il proprietario della casa discografica ascolta per caso la registrazione e ne rimane impressionato, decide di coltivare il talento di Elvis e dopo averlo incoraggiato a lavorare insieme ad un gruppo di musicisti di sua fiducia, finalmente lo mette sotto contratto ed inizia a farlo incidere per la sua etichetta.
Contestualmente il cantante con il suo nuovo gruppo inizia ad esibirsi anche nei locali presso cui Scotty Moore il suo storico chitarrista lo promuove per trovargli degli ingaggi.

Nel 1954 esce il primo 45 giri pubblicato dalla Sun Records, il brano è That’s All Right Mama e segna il debutto discografico ufficiale di quello che diventerà il Re del Rock ‘n’ Roll.
Da questo momento in poi Elvis, che nel frattempo ha abbandonato il lavoro di autista, inizia la carriera di musicista divisa tra incisioni di dischi ed esibizioni pubbliche durante le quali affina il suo stile non solo musicale ma di vero e proprio showman.
Il riscontro da parte del pubblico, specialmente quello più giovane è molto positivo ed è in questa fase che la sua popolarità esplode.

Se da un lato questo ragazzo che suona la musica dei neri ammiccando e ballando in un modo che non si era mai visto fare entusiasma i giovani, specialmente il pubblico femminile, dall’altro alto risulta tanto incomprensibile quanto allarmante per i loro genitori.
Questa polarizzazione però trasforma Elvis in un fenomeno di costume oltre che artistico e Phillips percepisce di non essere più in grado di gestirlo, lo libera quindi dal vincolo contrattuale e nel 1955 cede l’artista alla RCA, una casa discografica molto più grande ed importante.

Avviene poi l’incontro di Elvis con il personaggio che caratterizzerà tutta la sua vita dentro e fuori dal palco: il colonnello Tom Parker, un immigrato irregolare olandese naturalizzato statunitense, un imbonitore e uomo d’affari tanto spregiudicato quanto privo di scrupoli che lavorava incessantemente per sé e per il suo assistito senza guardare in faccia a nessuno.

Il titolo onorifico di Colonnello del quale si fregerà per tutta la vita gli fu gentilmente concesso dal governatore della Louisiana per i suoi servizi durante la campagna elettorale, perché in realtà dopo essersi arruolato nell’esercito americano rubando il nome all’ufficiale di reclutamento, fu cacciato come disertore poco dopo.

Nonostante dal momento della sua assunzione come manager abbia sostanzialmente derubato costantemente Elvis approfittando della sua fiducia, lo stesso artista affermerà sempre «Non penso che sarei diventato così grande con un altro manager.»

E probabilmente è la verità perché Tom Parker era davvero un venditore eccezionale dotato di un’inventiva straordinaria, che sostanzialmente definì la figura del manager per gli anni a venire.

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