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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Francesco Cappello.

Contesto Politico ed Energetico

Il tema del ritorno al nucleare in Italia riemerge periodicamente nel dibattito pubblico, alimentato da crisi energetiche e pressioni politiche.
L’attuale governo di centrodestra mostra interesse nel ripristinare centrali dismesse o costruirne di nuove, motivato dalla necessità di ridurre la dipendenza dalle importazioni e contenere i costi energetici.
Questa prospettiva solleva interrogativi complessi, che spaziano dalla fattibilità tecnica ed economica alla gestione del rischio ambientale.

La Dipendenza dalle Materie Prime

Un primo nodo critico riguarda l’approvvigionamento del combustibile. L’Italia, priva di giacimenti di uranio, dovrebbe importarlo da Paesi come Kazakistan, Australia, Canada o Russia, esponendosi a dinamiche geopolitiche simili a quelle che oggi caratterizzano il mercato del gas.

Inoltre, l’estrazione dell’uranio presenta sfide crescenti: il tenore del minerale, ovvero la concentrazione di uranio per tonnellata di roccia, è in calo globale, rendendo necessari processi di estrazione più invasivi e costosi. Questo riduce ulteriormente la competitività del nucleare rispetto ad altre fonti.

Sicurezza e Lezioni dal Passato

Gli incidenti di Černobyl’ (1986) e Fukushima (2011) restano pietre miliari nel dibattito sulla sicurezza. In Italia, i referendum del 1987 e del 2011 hanno sancito una netta opposizione popolare al nucleare, portando alla dismissione delle centrali esistenti.

Il confronto con la Francia, dove il 70% dell’elettricità proviene dal nucleare, riaccende la discussione. A differenza dell’Italia, la Francia ha standardizzato la tecnologia e gestisce un ciclo del combustibile integrato, sebbene non esente da criticità, come l’invecchiamento degli impianti e la complessità nello smantellamento.

Il Capitolo delle Scorie Radioattive

L’eredità del nucleare italiano include 90.000 m³ di rifiuti radioattivi, di cui 14.000-17.000 classificati come ad alta attività. Questi materiali, attualmente stoccati in 20 siti temporanei gestiti da Sogin, rappresentano un problema irrisolto.

Il Piano Nazionale per la Gestione delle Scorie prevede la creazione di un deposito unico nazionale, individuando 51 aree potenzialmente idonee.
L’opposizione delle comunità locali, come nel caso della Tuscia, evidenzia il conflitto tra necessità tecniche e consenso sociale. La dispersione delle scorie in più siti, ipotesi recentemente avanzata, rischia di moltiplicare i rischi anziché contenerli.

Produzione Storica e Fabbisogno Attuale: Un Confronto Illuminante

Tra il 1963 e il 1987, le quattro centrali italiane (Latina, Garigliano, Trino Vercellese, Caorso) produssero complessivamente meno di 100 TWh.
Un dato insignificante se paragonato ai 300 TWh consumati dal Paese nel solo 2022: l’intera produzione nucleare storica equivale a quattro mesi di consumo odierno.

Questo divario mette in discussione l’effettiva capacità del nucleare di incidere sul bilancio energetico nazionale, soprattutto considerando i tempi di costruzione di nuovi impianti (10-15 anni) e i costi proibitivi, stimati in oltre 10 miliardi di euro per reattore.

Alternative Energetiche: Autoproduzione e Modelli Collaborativi

La transizione energetica impone di esplorare soluzioni decentralizzate. Le comunità energetiche, ad esempio, consentono a cittadini, imprese e enti pubblici di produrre e condividere energia rinnovabile.
Questo modello, già sperimentato in Paesi come la Germania, riduce la dipendenza dalla rete nazionale e democratizza l’accesso alle risorse.

In Italia, progetti pilota in Puglia e Sardegna dimostrano come fotovoltaico ed eolico possano soddisfare il fabbisogno locale, se supportati da politiche incentivanti. La legislazione attuale favorisce ancora i grandi operatori, come evidenziato dai casi di espropri forzati per impianti fotovoltaici nel Sud.

Geopolitica e Errori Strategici

La crisi energetica italiana è amplificata da scelte geopolitiche controverse. Le sanzioni alla Russia hanno interrotto l’approvvigionamento di gas a basso costo, aumentando la dipendenza dal GNL statunitense e mediorientale, con costi superiori del 30-40%.

Parallelamente, la speculazione sui mercati energetici ha aggravato l’instabilità dei prezzi. Una riconciliazione con Mosca, se politicamente complessa, potrebbe ripristinare flussi energetici più economici, mentre investimenti nelle interconnessioni con l’Africa settentrionale potrebbero diversificare le fonti.

Uranio: Riserve Limitate e Sostenibilità

Le riserve globali di uranio ammontano a 5,4 milioni di tonnette, sufficienti per 80 anni al consumo attuale. Tuttavia, un’ipotetica sostituzione dei combustibili fossili con il nucleare richiederebbe 16.000 nuove centrali, esaurendo le scorte in soli 2-3 anni.

Questo scenario, seppur estremo, sottolinea l’incompatibilità del nucleare con un modello energetico globale sostenibile. Inoltre, l’estrazione e l’arricchimento dell’uranio generano emissioni di CO2 paragonabili a quelle del gas naturale, minando la narrativa del nucleare come energia “pulita”.

Tra Realtà e Illusioni

Il ritorno al nucleare in Italia si scontra con ostacoli strutturali: costi elevati, tempi lunghi, assenza di una filiera industriale e opposizione pubblica.
Le alternative esistono, ma richiedono coraggio politico: potenziare le rinnovabili, sostenere l’autoproduzione, rinegoziare gli accordi energetici internazionali.
Senza una visione sistemica, il nucleare rischia di essere un’illusione costosa, destinata a replicare gli errori del passato.

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