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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Francesco Cappello.
Dopo l’incidente di Chernobyl ci fu un referendum prima nel 1987, poi nel 2011, in cui la maggioranza dei votanti si espresse contro il proseguimento del programma nucleare.
Nel frattempo l’Italia aveva costruito a partire dal 1963 fino al 1981 quattro centrali nucleari.
La produzione complessiva di energia elettrica delle centrali italiane, durante tutta la loro attività, è stimata tra 90 e 100 TWh e, se si considera che l’Italia oggi consuma da 300 a 320 TWh di energia elettrica ogni anno, le centrali italiane in 20 anni hanno prodotto il fabbisogno di poco più di 3 mesi di quello attuale.
Ad oggi, l’Italia non ha ancora un Deposito Nazionale per lo smaltimento delle scorie, e i rifiuti sono temporaneamente stoccati in oltre 20 siti sparsi sul territorio. L’iter per la realizzazione del Deposito ha subito numerosi ritardi.
Recentemente, il governo ha espresso l’intenzione di abbandonare l’idea di un unico deposito nazionale, valutando invece la possibilità di realizzare più siti di stoccaggio.
Il governo di Meloni, sta pianificando un ritorno all’energia nucleare attraverso “tecnologie avanzate” e investimenti mirati, con l’obiettivo di diversificare il mix energetico dopo aver rinunciato alle forniture russe su imposizione atlantica e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
Il Consiglio dei Ministri ha, infatti, approvato una legge delega che conferisce al governo l’autorità di adottare decreti dettagliati per la “transizione energetica”, con l’obiettivo di completare il processo entro la fine del 2027.
Un argomento caldo, da affrontare.
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