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Su Fabbrica della Comunicazione, Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile – si occupa della rubrica, “Comunicazione e Dipendenze”, in collaborazione con Studi & Salute Bolgan.

Ospite di questo appuntamento è la dott. Cristina Ombra, psicoterapeuta.

Il senso di colpa e la vergogna rientrano nella categoria delle emozioni secondarie complesse, note anche come *self-conscious emotions*.
Si distinguono dalle emozioni primarie (gioia, paura, rabbia, tristezza, disgusto) perché non sono innate: si sviluppano a partire dal secondo anno di vita, man mano che il bambino acquisisce autoconsapevolezza.
Queste emozioni coinvolgono un giudizio riflessivo sul proprio comportamento o sul proprio Sé e variano significativamente in base al contesto sociale e culturale in cui si vive.

Nel corso dello sviluppo individuale, il senso di colpa emerge quando si riconosce di avere arrecato un danno a un altro, mentre la vergogna è legata alla percezione di indegnità personale, all’umiliazione e al timore del giudizio altrui.
Entrambe svolgono una funzione di regolazione sociale e morale: il senso di colpa inibisce comportamenti antisociali invitando alla riparazione del danno, la vergogna spinge a conformarsi alle norme condivise per evitare l’esclusione sociale. Tuttavia, se vissute in modo eccessivo, possono diventare fonte di profondo malessere e disadattamento.

Definizione e funzioni del senso di colpa

Il senso di colpa si genera nel momento in cui l’individuo riconosce la propria responsabilità nel recare un danno, sia nel passato sia nel presente e persino in prospettiva futura.
Funzionalmente, questa emozione serve a:

1. Regolare i comportamenti: induce a evitare azioni che possano nuocere agli altri.
2. Promuovere la riparazione: spinge a scuse, riparazioni e riconciliazioni nei rapporti interpersonali.
3. Favorire l’autoconsapevolezza: stimola una riflessione critica sulle proprie azioni e motivazioni.

Dal punto di vista clinico, un senso di colpa moderato è considerato adattivo; quando invece diventa cronico o sproporzionato, può sfociare in stati depressivi, ansiosi o in comportamenti di evitamento.
Ad esempio, individui con senso di colpa eccessivo possono sovrainvestire le proprie energie su attività riparative, trascurando il proprio benessere e generando un circolo vizioso di colpa e auto-punizione.

Definizione e funzioni della vergogna

La vergogna è un’emozione più profonda e invalidante del senso di colpa. Non riguarda tanto un comportamento specifico, quanto la percezione globale di sé come indegni o inadeguati.
Le sue principali caratteristiche sono:

1. Focalizzazione sul Sé: mentre il senso di colpa si concentra su azioni compiute, la vergogna colpisce l’identità personale.
2. Retrazione sociale: induce al ritiro, al silenzio e all’isolamento per evitare l’esposizione al giudizio altrui.
3. Sintomi somatici: rossore al volto, tensione alle spalle, chiusura del torace, sudorazione eccessiva.

Nel suo aspetto adattivo, la vergogna segnala la necessità di conformarsi alle norme sociali e rafforza la coesione di gruppo. Quando però l’intensità supera la soglia di tolleranza individuale, può portare a fobie sociali, sindrome da ritiro domestico (come gli *hikikomori* in Giappone) e a conseguenti gravi ripercussioni sul funzionamento psicosociale.

Contesto culturale: Oriente vs Occidente

Le differenze culturali giocano un ruolo cruciale nella formazione e nell’espressione di senso di colpa e vergogna.
In Occidente, influenzato storicamente dal Cristianesimo, il senso di colpa è più diffuso: l’individuo interiorizza la dimensione morale basata sulla colpa e sull’espiazione.
La religione cattolica ha storicamente enfatizzato il pentimento e la confessione, imprimendo un’impronta culturale sul modo di percepire la responsabilità e il peccato.

In Oriente, e in particolare in Giappone, prevale invece la cultura della vergogna, radicata in sistemi di valori che privilegiano l’armonia del gruppo e il rispetto delle norme non scritte.
Il confronto continuo tra ciò che si è e ciò che si dovrebbe essere genera una maggiore sensibilità verso la vergogna, che funge da meccanismo di controllo sociale senza fare appello a un’entità superiore di giudizio.

Origine familiare e sviluppo infantile

Le prime esperienze relazionali in famiglia gettano le basi per la gestione di senso di colpa e vergogna. Schemi parentali caratterizzati da critiche feroci, giudizi duri o disapprovazione costante favoriscono l’interiorizzazione di un giudice interno ipercritico.
Al contrario, un contesto affettivo accogliente, in cui gli errori sono visti come opportunità di crescita, promuove una sana regolazione emotiva.

Nei primi anni di vita, il bambino apprende a distinguere tra giusto e sbagliato attraverso l’interazione con figure di accudimento.
Se alle trasgressioni seguono punizioni affettive (ritiro di affetto, sguardi di delusione), il senso di colpa può rapidamente trasformarsi in vergogna, perché il piccolo non solo riconosce di aver fatto “una cosa sbagliata”, ma si sente “cattivo” in quanto persona.

Manifestazioni corporee e segnali non verbali

Sia il senso di colpa sia la vergogna si manifestano attraverso segnali corporei identificabili:

Rossore al volto: tipico della vergogna, non controllabile e amplifica la sensazione di evidenza.
Tensione muscolare: retrazione delle spalle e chiusura del torace, atteggiamento difensivo.
Sudorazione eccessiva: soprattutto dei palmi delle mani, che rende difficili gesti di contatto (stretta di mano, prese in consegna di oggetti).
Evitamento dello sguardo: abbassamento degli occhi, ricerca di copertura del volto per sfuggire all’osservazione altrui.

Segnali che non solo accompagnano l’esperienza emotiva, ma la rinforzano, alimentando il circolo vizioso di autoconsapevolezza e ritiro.

Il ruolo della proiezione e dell’autocritica

L’autocritica e la tendenza a proiettare sugli altri parti di sé rappresentano meccanismi difensivi che complicano ulteriormente la gestione di colpa e vergogna.
La proiezione consiste nell’attribuire ad altri sentimenti, bisogni o difetti che si negano dentro di sé. In pratica:

1. Proiezione: “Vedo nell’altro ciò che rifiuto in me stesso”.
2. Autocritica distruttiva: giudizi duri sulla propria persona, scatenati dall’interiorizzazione di critiche esterne non elaborate.

Processi che avvengono a livello inconscio e richiedono un lavoro di profonda consapevolezza per essere riconosciuti.
Occorre distinguere tra il “film interno” che ciascuno porta con sé e la realtà oggettiva del comportamento altrui.

Conseguenze psicologiche e sociali

Quando senso di colpa e vergogna superano soglie tollerabili, possono insorgere:

Disturbi d’ansia: in particolare fobia sociale, caratterizzata da evitamento di situazioni in cui si teme esposizione al giudizio.
Tendenze depressive: senso di colpa cronico sfocia in autoaccuse pervasive e perdita di speranza.
Comportamenti compulsivi: tentativi di compensazione attraverso rituali di riparazione o perfezionismo.
Isolamento sociale: ritiro relazionale, difficoltà a confidarsi o a chiedere supporto.

Conseguenze che rendono imprescindibile un intervento mirato, che contempli sia la dimensione emotiva sia quella cognitiva e comportamentale.

Strategie di riconoscimento e consapevolezza emotiva

Il primo passo per arginare senso di colpa e vergogna è la riconoscenza delle emozioni provate, evitando di negar­le o reprimerle. La pratica della mindful self-compassion, introdotta da Kristin Neff, combina tre pilastri:

1. Gentilezza verso sé stessi: trattarsi con la stessa compassione con cui si aiuterebbe un amico in difficoltà.
2. Consapevolezza del momento presente: osservare le emozioni senza giudizio, riconoscendone la natura transitoria.
3. Riflessione sulla comune umanità: accettare che tutti provano colpa e vergogna, riducendo l’isolamento psicologico.

Il potenziamento della consapevolezza corporea

Parallelamente al lavoro cognitivo, è essenziale esplorare la dimensione corporea delle emozioni. Esercizi di bioenergetica o pratiche somatiche (yoga, tecniche di respirazione) aiutano a slegare la componente muscolare dalla reazione emotiva automatica; rifocalizzare l’attenzione sul respiro e sul rilassamento del torace; riconoscere precocemente i segnali di tensione e rossore, intervenendo con tecniche di grounding.

Comunicazione assertiva e critica costruttiva

Per evitare che il senso di colpa e la vergogna diventino armi distruttive nei rapporti interpersonali, è fondamentale sviluppare la comunicazione assertiva. Alcuni principi di base:

1. Intenzionalità: chiedersi se la critica serve davvero all’altro o soddisfa un proprio bisogno di riscatto.
2. Gentilezza e rispetto: esprimere il feedback in termini di osservazione e desiderio di miglioramento, non di giudizio.
3. Ascolto attivo: accogliere la risposta altrui senza interrompere, mostrando apertura al confronto.

Ruolo dell’intervento professionale

Nei casi più gravi, dove la vergogna e il senso di colpa ostacolano il funzionamento quotidiano, è consigliabile il supporto di uno specialista (psicologo, psicoterapeuta). Il percorso terapeutico può includere:

Terapia cognitivo-comportamentale: per ristrutturare schemi di pensiero disfunzionali.
Approcci psicodinamici: per esplorare le radici infantili dei processi di autocritica e proiezione.
Terapie corporee: bioenergetica, EMDR, approcci di consapevolezza somatica.

Verso una responsabilità matura

Accostarsi al senso di colpa e alla vergogna da una prospettiva di *responsabilità* piuttosto che di colpa permette di passare da un modello punitivo a uno orientato alla cura di sé e degli altri.
Diversamente dalla colpa, che richiama immediatamente alla condanna, la responsabilità implica:

Consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni senza annullamento del Sé.
Impegno alla riparazione delle relazioni e alla crescita personale.
Apertura all’apprendimento dagli errori, senza auto-svalutazione distruttiva.

Sviluppare un rapporto equilibrato con senso di colpa e vergogna significa trasformare queste emozioni da trappole psicologiche in leve di cambiamento.
La consapevolezza emotiva, sostenuta da pratiche di self-compassion e lavoro corporeo, apre la strada a un Sé più libero e autentico.

La responsabilità diventa allora un atto di cura verso sé stessi e gli altri, strumento di coesione sociale e di sviluppo individuale.
Per intraprendere questo cammino, è necessario riconoscere la complessità delle emozioni secondarie, esplorarne le radici culturali e familiari, e dotarsi di strategie integrate che coinvolgano mente e corpo.
Solo così il senso di colpa e la vergogna possono essere trasformati da ostacoli in opportunità di crescita, autenticità e relazioni più sane.

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