JIM MORRISON. POETA DELLA BEAT GENERATION

JIM MORRISON. POETA DELLA BEAT GENERATION
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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura del giornalista e critico musicale Giorgio Pandini.

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Jim Morrison: Il Profeta Ribelle e i Doors

“Alcune persone regalano facilmente la propria libertà, ma altre vi sono costrette con la forza. Veniamo imprigionati fin da piccoli. La società, i genitori, tutti ti impediscono di mantenere la libertà con cui siamo nati. Esistono maniere sottili per punire chi osa provare dei sentimenti. Basta guardarsi attorno per scoprire che tutti hanno distrutto la propria autentica natura sensibile. Ognuno di noi finisce per adeguarsi a questo scenario, imitandolo.”

Questa potente affermazione, una delle migliaia scritte da Jim Morrison, risuona oggi, con una risonanza profetica. Sebbene la sua produzione abbia generato innumerevoli frasi trascritte sui diari degli adolescenti per decenni, la figura di James Douglas Morrison è infinitamente più complessa dell’etichetta che gli è stata affibbiata.

Cantante e autore dei Doors, ha attraversato la breve ma intensa stagione della controcultura californiana come un meteorite, lasciando un’eredità di canzoni e poesie che continuano a generare interpretazioni contrastanti. 

Radici e Formazione: L’America della Guerra Fredda e l’Immaginario Visionario

Nato a Melbourne, Florida, l’8 dicembre 1943, Morrison era figlio dell’ammiraglio George Stephen Morrison. La disciplina militare paterna incarnava l’America della Guerra Fredda, immune alle inquietudini giovanili. Dopo una serie di studi itineranti, Jim si stabilì a Los Angeles, dove frequentò la UCLA Film School. Fu qui che maturò il suo interesse per il cinema sperimentale, la poesia e il teatro dell’assurdo.

Nel 1965, Morrison incontrò il tastierista Ray Manzarek sulle spiagge di Venice. Con l’aggiunta di Robby Krieger alla chitarra e John Densmore alla batteria, nacque un quartetto atipico: assenza di un basso stabile, tastiere protagoniste e liriche dense di simbolismo. Il nome, ispirato a “The Doors of Perception” di Aldous Huxley, alludeva alle “porte” della percezione da spalancare attraverso l’arte e la psichedelia.

Scandalo e Trasgressione: Oltre i Limiti della Società

La reputazione del gruppo crebbe grazie alla teatralità dei concerti. Morrison, con la sua presenza magnetica, trasformava le esibizioni in veri e propri rituali collettivi. Episodi come l’arresto a New Haven nel 1967, o l’accusa di atti osceni durante il concerto di Miami del 1969, alimentarono la percezione di un artista pronto a oltrepassare ogni limite.

Oltre che frontman, Morrison si considerava un poeta. Raccolte come “The Lords and the New Creatures” del 1969 rivelano un linguaggio intriso di immagini urbane e visioni mistiche.
L’interpretazione di Morrison come “sciamano” nasce dal suo interesse per i riti tribali e dall’uso di trance sceniche. Tuttavia, il nucleo della sua opera rimane la tensione letteraria: un’eredità della Beat Generation, filtrata attraverso riferimenti classici e simbolisti.

Jim Morrison non era solo un cantautore, ma un poeta che mescolava il personale, il mitico e l’elemento apocalittico.
Alcuni dei temi più ricorrenti nelle sue liriche includono: la morte e la brevità dell’esistenza; l’alienazione personale ed esistenziale; il desiderio di trascendenza e di esplorare l’inconscio, con il suo ricorrente elemento mistico o sciamanico; la metropoli come luogo di straniamento, disfacimento morale, ma anche di energia simbolica; e infine, simbolismo, cinismo e critica sociale, in particolare all’autorità, alla cultura di massa, alla guerra e al consumismo. 

Il padre militare, George Morrison, con la sua disciplina, può aver contribuito a plasmare quell’elemento di conflitto padre-figlio, l’autorità in opposizione alla ribellione. Jim Morrison scardina la linearità narrativa passando repentinamente da stati di coscienza a visioni oniriche; versi che sembrano flussi di pensiero; associazioni libere. 

Parla di sensi: suono, vista, tatto, odori. Il corpo non è astratto, ma luogo di desiderio, dolore, trasgressione; in quest’ottica anche l’esperienza erotica diventa catalizzatore di autenticità. La liberazione non è solo spirituale, è anche fisica: il corpo che sente, percepisce e sfida le restrizioni.

Diverse liriche oscillano fra il presente e il passato; la memoria diventa luogo di riflessione, ma anche carne viva. L’autore non idealizza sempre il passato, che anzi viene opposto al presente, ma usa lo sguardo nostalgico come lente per comprendere la propria perdita, il proprio distacco da qualcosa che era magari innocente, rimasto bambino o utopico.

Cresce in un’America post-Seconda Guerra Mondiale: valori patriottici, ordine, disciplina, il “sogno americano” che premia l’omologazione e l’obbedienza. Suo padre, un militare, è l’emblema di quel mondo. Morrison sceglie una coscienza diversa: non rifiuta solo l’autorità costituita, ma anche e specialmente la forma di controllo determinata dal conformismo culturale. Le sue liriche segnano la rottura: non solo sonica (rock psichedelico, improvvisazioni, espansione musicale), ma linguistica, spirituale e culturale.

Il contesto degli anni Sessanta in California è caratterizzato dall’esperienza psichedelica in cui confluiscono l’uso di droghe, la filosofia orientale, l’aspirazione al “reale oltre il visibile”, l’idea di comunità libera, la protesta contro razzismo, guerra, il Sessantotto globale. Le canzoni di Morrison rispecchiano quel fermento, ma lo interpretano con una voce singolare: che non si accontenta delle apparenze, che vuole penetrare nell’ombra.

La Morte a Parigi: Un Mistero Senza Risposta

La mattina del 3 luglio 1971, nel suo appartamento di Rue Beautreillis a Parigi, Jim Morrison fu trovato senza vita nella vasca da bagno dalla compagna Pamela Courson: aveva 27 anni.
Le autorità francesi attribuirono il decesso a un arresto cardiaco, senza disporre un’autopsia: una prassi consentita allora, poiché non furono rilevati segni di violenza. Questo dettaglio, insieme all’assenza di indagini approfondite, contribuì a generare dubbi che continuano a circolare più di cinquant’anni dopo.

Nei giorni precedenti, il cantante conduceva un’esistenza appartata, lontano dalle luci della ribalta. Aveva lasciato Los Angeles per sfuggire a processi mediatici e giudiziari, rifugiandosi nella capitale francese con l’intento di dedicarsi alla scrittura.
Secondo testimoni, trascorse la serata del 2 luglio in un cinema del Marais e poi in alcuni locali, prima di rincasare con Pam. La mattina seguente lei chiamò i soccorsi, dichiarando che Morrison non respirava più.

L’assenza di un referto dettagliato ha alimentato ipotesi contrastanti. Alcuni sostengono che il musicista sia morto per overdose di eroina, forse inalata per errore, e che gli amici avrebbero preferito occultare le circostanze per evitare scandali.
Altri parlano di collasso dovuto all’abuso di alcol e problemi respiratori. Più fantasiose le teorie che evocano un intervento dei servizi segreti o un complotto dell’industria musicale per mettere a tacere una voce scomoda.

Dal 1971 a oggi non sono mancati racconti su presunte fughe e rinascite: Morrison che vivrebbe nascosto in qualche ranch del Midwest, o in un remoto villaggio africano, o ancora su un’isola caraibica. Queste narrazioni, prive di prove concrete, rientrano nella tradizione che accompagna altri protagonisti scomparsi prematuramente, trasformandoli in figure sospese tra mito e realtà.

Il suo lascito poetico continua ad essere studiato in ambito accademico per la sua capacità di fondere tradizione simbolista, riferimenti classici e sensibilità beat. La sua figura, pur avvolta da leggende, conserva il fascino di un autore che ha incarnato il desiderio di rottura e la ricerca di trascendenza della sua epoca.

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