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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Focus Radio è cura della Redazione di Fabbrica della Comunicazione e realizzata a cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile.

Quando un uomo come Jeff Bezos, fondatore di Amazon e figura emblematica del capitalismo digitale, decide di celebrare le proprie nozze, l’evento trascende la cronaca rosa per diventare un potente simbolo sociopolitico.
La notizia che una città, o una sua porzione significativa, possa essere “blindata” per garantire la privacy e lo sfarzo di una cerimonia privata, grazie a una spesa che per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale rappresenta una chimera irraggiungibile, non è più un semplice pettegolezzo.

È la manifestazione plastica di una realtà che molti analisti descrivono con crescente allarme: la nascita di un mondo a due velocità, anzi, a due universi paralleli che non si incontrano quasi mai, se non nel rapporto di potere e sfruttamento che lega l’uno all’altro.

Da un lato, un’élite globale, un’oligarchia miliardaria sempre più ristretta e potente, in grado di piegare lo spazio pubblico, le leggi e le risorse del pianeta ai propri desideri.
Dall’altro, una classe lavoratrice globale che lotta quotidianamente per la sopravvivenza, affrontando crisi multiple che sembrano non avere fine.
Il matrimonio di Bezos, con il suo sfarzo inaccessibile, non è la causa del problema, ma ne è il sintomo più vistoso. 

Per comprendere la portata di questa frattura, è necessario guardare ai numeri, che dipingono un quadro più eloquente di qualsiasi aneddoto.
Secondo le analisi più recenti, nel solo 2024, il patrimonio complessivo dei miliardari del pianeta è aumentato di una cifra vertiginosa: 2.000 miliardi di dollari. Parallelamente, il club degli ultra-ricchi ha accolto 204 nuovi membri.
Facendo un rapido calcolo, si tratta di una media di quasi quattro nuovi miliardari a settimana. Un ritmo di accumulazione che non ha precedenti nella storia umana.

A conferma di questo trend, l’indice “Commitment to Reducing Inequality Index 2024”, elaborato da Oxfam e Development Finance International, rivela tendenze negative nella stragrande maggioranza dei Paesi analizzati a partire dal 2022, segnalando un arretramento globale nell’impegno a costruire società più eque.

La nostra cultura popolare e i media dominanti sono permeati da una narrazione potente e seducente: quella del miliardario come genio visionario, un “self-made man” la cui immensa fortuna non è che la giusta ricompensa per un talento straordinario, un’etica del lavoro instancabile e un’assunzione di rischio eroica.
Personaggi come Bezos, Musk o Zuckerberg vengono spesso presentati come titani moderni che hanno costruito imperi dal nulla, forgiando il futuro con le proprie mani.

La realtà, come dimostrano numerosi studi, è molto meno romantica e decisamente più problematica. Si stima che circa il 60% della ricchezza miliardaria globale non derivi da un’imprenditorialità virtuosa, ma da meccanismi molto più opachi e controversi: eredità, clientelismo (cronyism) e posizioni di monopolio.

Nel 2023, per la prima volta nella storia recente, il numero di miliardari che hanno ottenuto la loro fortuna per via ereditaria ha superato quello di coloro che l’hanno creata attraverso l’imprenditorialità. Stiamo assistendo alla nascita di una nuova aristocrazia del sangue, o meglio, del capitale.
Miliardi di dollari vengono trasmessi di generazione in generazione, cristallizzando privilegi e potere all’interno di poche dinastie familiari. Questo capitale ereditato non è solo denaro, è potere concentrato: influenza politica, controllo dei media, capacità di plasmare le economie a proprio vantaggio.

Accanto all’eredità, prosperano il clientelismo e il monopolio. La ricchezza, in questi casi, non è “guadagnata” in un mercato libero e competitivo, ma “presa” attraverso la manipolazione di quel mercato.
Già nel 2017, il rapporto di Oxfam “Un’Economia per il 99%” aveva lanciato un allarme che scosse l’opinione pubblica mondiale.
Le grandi imprese e i super-ricchi, secondo Oxfam, alimentano attivamente la crisi della disuguaglianza attraverso strategie precise: evasione ed elusione fiscale su scala massiccia, utilizzando una complessa rete di paradisi fiscali; compressione sistematica dei salari dei lavoratori e dei prezzi pagati ai piccoli produttori nelle catene di fornitura globali.

Il rapporto metteva in luce storie emblematiche, come quella delle operaie di una fabbrica di abbigliamento in Vietnam, costrette a lavorare 12 ore al giorno, 6 giorni alla settimana, per un salario di circa un dollaro l’ora, producendo capi per marchi di moda i cui amministratori delegati figurano tra le persone più pagate al mondo. 

Se la disuguaglianza economica è una frattura sociale, il suo impatto ambientale è una minaccia esistenziale per l’intera umanità.

Di fronte a un quadro così cupo, la rassegnazione sembra una risposta quasi inevitabile. Eppure, le stesse organizzazioni che denunciano queste ingiustizie indicano anche una via d’uscita. Non si tratta di un’utopia irrealizzabile, ma di un insieme di politiche coraggiose e sistemiche che i governi, se solo ne avessero la volontà politica, potrebbero implementare.

La prima e più urgente misura è ridurre radicalmente le disuguaglianze attraverso una tassazione equa e progressiva. 
In secondo luogo, è necessario affrontare le ferite storiche del colonialismo.
Infine, è imperativo ripensare il modello economico dominante.

La speranza non risiede nei palazzi del potere, bensì nei movimenti popolari che, in ogni angolo del pianeta, combattono quotidianamente contro le disuguaglianze e resistono alle nuove forme di colonialismo.
Siamo in solidarietà con tutti coloro che lottano per un mondo equo.
Un mondo dove un matrimonio può tornare a essere una festa privata, e non il simbolo arrogante di un sistema che celebra la ricchezza di pochi sulla povertà di molti.
Un mondo dove il futuro non è un privilegio esclusivo, ma un diritto di tutti.

È tempo di analizzare e metabolizzare. È tempo di capire e poi, pensare criticamante e in maniera nuova.

Focus Radio. L’essenziale, in profondità.

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