POMODORO. LA SCULTURA DA FONTANA A STAR WARS

POMODORO. LA SCULTURA DA FONTANA A STAR WARS
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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura di Giorgio Pandini – musicista e blogger.

Ci ha lasciato un mese fa uno dei più grandi artisti italiani del ‘900, lo scultore Arnaldo Pomodoro, il giorno prima di compiere i 99 anni, con Dimensione Arte abbiamo deciso quindi di rendergli omaggio dedicandogli una puntata speciale.

Arnaldo Pomodoro nasce il 23 giugno 1926 a Morciano di Romagna, in provincia di Rimini, ma cresce nelle Marche, a Pesaro. Figlio di un ragioniere e di un’insegnante, fin da giovane si interessa all’arte, ma inizialmente si dedica agli studi tecnici e alla progettazione.
Dopo la Seconda guerra mondiale, si trasferisce a Milano nel 1954, centro nevralgico della sperimentazione artistica e culturale dell’Italia del dopoguerra.
Qui stringe legami con altri artisti e intellettuali, tra cui Lucio Fontana, Enrico Baj, Ettore Sottsass e, in particolare, Gio Ponti, che riconosce in lui una voce nuova nella scultura contemporanea.

Pomodoro condivide con molti artisti del secondo dopoguerra l’urgenza di una riflessione sul trauma bellico e sulla crisi della forma classica.
La sua formazione è segnata da una visione umanistica dell’arte: crede nel ruolo pubblico della scultura, nella sua capacità di interrogare lo spazio urbano e la memoria collettiva.

L’universo espressivo di Arnaldo Pomodoro è influenzato da molteplici fonti: l’arte etrusca, l’architettura razionalista italiana, l’arte informale, ma anche il pensiero di artisti come Constantin Brâncuși, Henry Moore e Alberto Giacometti.
Di Brâncuși eredita la ricerca sulla forma essenziale; da Moore la monumentalità e il dialogo con la natura; da Giacometti la tensione tra massa e vuoto.

Una figura fondamentale nel suo percorso ideale è anche Umberto Boccioni, protagonista del Futurismo italiano e autore del celebre Sviluppo di una bottiglia nello spazio (1912).
In Boccioni, Pomodoro riconosce la volontà di superare la staticità della forma e di farla vibrare nello spazio, un’esigenza che si ritrova anche nelle sue stesse sculture, dove la superficie geometrica viene squarciata per rivelare un dinamismo interno.

Come Boccioni, anche Pomodoro intende la scultura come organismo vivo, in tensione con il tempo e l’ambiente circostante ed è impossibile non pensare ad una sorta di post futurismo osservando le forme meccaniche emergere dal nucleo dei suoi squarci per offrirsi all’uomo del ‘900.

Anche Lucio Fontana ha avuto un ruolo fondamentale nella sua maturazione artistica. Se Fontana apriva la superficie della tela con tagli per esprimere lo spazio cosmico, Pomodoro rompe la superficie della scultura per svelarne l’interno, trasformandola in una macchina metafisica.
In questo senso, si può leggere la sua opera come una sintesi tra razionalità e caos, tra geometria e disgregazione.

Il segno distintivo delle opere di Pomodoro è la superficie liscia, spesso sferica o cubica, lacerata da fenditure, ingranaggi e strutture interne. Le sue sculture sembrano reliquie di una civiltà futura, archeologie del domani. Tra le sue opere più celebri vi sono:

Sfera con sfera (1963-66): realizzata per il cortile del Palazzo delle Nazioni Unite a New York, è una delle sue opere più iconiche.
Una sfera perfetta, interrotta da lacerazioni che ne rivelano l’interno meccanico e complesso. Ne esistono versioni in molte città, tra cui il Vaticano, Dublino, Tel Aviv e San Francisco.

Pare che George Lucas per Star Wars si sia ispirato alle sfere di Pomodoro per modellare la Morte Nera
Per il Millennium Falcon leggendaria astronave di Han Solo invece avrebbe tratto ispirazione dal Grande Disco (1972): collocato in Piazza Meda a Milano, rappresenta una perfetta integrazione tra arte e spazio urbano. Il disco, in bronzo, squarciato e inciso, simboleggia il conflitto tra perfezione geometrica e instabilità.

Altro lavoro fondamentale è Novecento (1984): commissionata dal comune di Roma per il giubileo del 2000, inaugurata nel 2004 e posta nei pressi del Palazzo dello Sport, un po’ obelisco egizio e un po’ torre di Babele, è una spirale ascendente che ricorda molto la bottiglia di Boccioni.

Anche il Giroscopio del 1986 è stato forse ripreso da Hollywood per il macchinario del film Contact del 1997 con Jodie Foster.
Pomodoro ha anche lavorato come scenografo, collaborando con il teatro e la lirica. I suoi allestimenti per opere come Orestea di Eschilo o La Passione di Cleopatra mostrano la sua capacità di espandere la scultura a dimensione narrativa e teatrale.

L’opera di Pomodoro presenta analogie significative con quella di altri grandi scultori contemporanei. Ad esempio, con Tony Cragg condivide l’interesse per la materia come archivio di memoria e la tensione verso forme organiche e stratificate.

Con Louise Nevelson, Pomodoro ha in comune la costruzione di un lessico plastico attraverso elementi modulari, anche se Pomodoro lavora più con la sintesi del metallo e del bronzo.
Come Anish Kapoor, gioca sulla superficie e sull’interno, sulla percezione dello spazio come luogo di mistero. Tuttavia, Pomodoro mantiene un linguaggio più meccanico, legato al segno dell’uomo tecnologico.

L’accostamento più suggestivo resta quello con Umberto Boccioni, sia per il comune interesse nello “sviluppo della forma nello spazio” sia per la volontà di rappresentare l’energia interna dell’oggetto.
Se in Boccioni le forme si moltiplicano in direzioni centrifughe, nelle sculture di Pomodoro la tensione è centripeta: l’energia è contenuta, compressa nelle fenditure delle superfici, come se la materia conservasse il ricordo di un’esplosione imminente.
Entrambi intendono la scultura come processo dinamico, non come oggetto statico.

Arnaldo Pomodoro ha saputo rendere la scultura un dispositivo di riflessione, un luogo in cui la bellezza formale è sempre incrinata da un interrogativo.
Le sue opere non sono mai meramente decorative: propongono un’idea di tempo stratificato, di civiltà immaginate o perdute, di armonia imperfetta.

Nel 1995 ha creato la Fondazione Arnaldo Pomodoro, oggi punto di riferimento internazionale per la scultura contemporanea.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Praemium Imperiale per la scultura (1990) e il titolo di Accademico di Brera.

La sua eredità non è solo nei monumenti che ha lasciato nelle piazze e nei musei del mondo, ma nel suo sguardo profondo e lucido sull’uomo contemporaneo, sulla materia, sulla città e sul tempo.
Pomodoro continua a essere un ponte tra archeologia e fantascienza, tra rovina e speranza, tra arte e umanità. E come Boccioni, ci ricorda che la forma è sempre movimento: un gesto che attraversa la storia e la reinventa.

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