di GIORGIO PANDINI

Ha preso avvio da una settimana, lunedì 8 gennaio alle ore 8:18 italiane, dalla rampa SLC-41 di Cape Canaveral, la nuova missione della NASA Cert-1 all’interno del progetto denominato CLPS (acronimo di Commercial Lunar Payload Services).

Con il lancio del razzo Vulcan di ULA, che trasporta la sonda Peregrine infatti, è partita una nuova sfida: quella di far atterrare, sulla superficie lunare, per la prima volta, una sonda costruita da un’azienda privata – Astrobotic – il cui atterraggio era previsto per il 23 febbraio.

Sfortunatamente, a poche ore dal lancio, si è verificato un blackout, quindi è stata rilevata una anomalia della sonda, dovuta ad un’importante perdita di carburante causata dalla rottura del serbatoio, mentre i propulsori di stabilizzazione sono rimasti continuamente in funzione.

La sonda è comunque riuscita ad orbitare intorno alla Luna ed è ora diretta di nuovo verso la Terra.
I tecnici prevedono che la fine di Peregrine sarà quella di disintegrarsi all’ingresso della nostra atmosfera.

Fallita la possibilità di portare a termine il viaggio, l’idea degli ingegneri è stata dunque quella di far avvicinare il lander il più vicino possibile alla Luna, correggendone la rotta e riorientando il pannello solare che consente di ricaricare la batteria del veicolo, in modo da raccogliere più dati possibili tramite gli strumenti scientifici che ancora funzionano.

I dati raccolti serviranno poi per aumentare le probabilità di successo delle prossime missioni già programmate quest’anno.

Senza troppi giri di parole, l’esito del viaggio è stato molto simile al tentativo compiuto nel 2022, con il lancio di Hakuto-R.

Anche in questo caso una sonda interamente progettata e costruita da privati, il cui viaggio è terminato con un triste fallimento ad aprile 2023, a causa di un problema software di analisi e rilevamento del terreno.

Il Vulcan è stato progettato per sostituire integralmente i precedenti vettori di Astrobotic, l’Atlas V e il Delta IV Heavy e tutta l’operazione avviene nell’ottica di un futuro utilizzo militare da parte degli Stati Uniti, i cui protocolli richiedono la riuscita di almeno due lanci.

E così (dopo questo appena avvenuto) è previsto un secondo lancio – il prossimo aprile – per portare in orbita lo spazioplano Dream Chaser che dovrebbe raggiungere la ISS come navetta di rifornimento cargo.

Nella ormai fallita ipotesi di esito positivo di entrambi i lanci, ULA aveva già programmato altre quattro missioni militari per il 2024, servono infatti due missioni portate a compimento con successo per poter accedere ai programmi spaziali del Pentagono.

Intanto, è atteso per il 19 gennaio l’allunaggio della sonda SLIM (Smart Lander for Investigating Moon) partita lo scorso 7 settembre dal Giappone.

Si tratta di un veicolo dell’Agenzia Spaziale Giapponese JAXA che ha optato per una traiettoria lunga, portando la sonda a 1 milione e mezzo di km lontano dalla Terra per poi ritornare in direzione della Luna.

Si tratta della terza missione che ha come obiettivo l’allunaggio, dopo quella russa di Luna-25 e quella indiana di Chandrayaan-3.

SLIM è equipaggiata con una Multi-Band Camera (MBC) per esaminare la composizione del cratere Shioli, basandosi sull’analisi dello spettro di luce solare riflessa dalla superficie.

La ricerca si concentra sulla verifica della presenza del minerale olivina.

La sonda trasporta anche due mini rover: il Lunar Excursion Vehicle 1 (LEV-1) ed il rover sferico LEV-2, entrambi dotati di videocamere e strumenti scientifici.

Entro la fine dell’anno, sono previste altre missioni verso la Luna, oltre a quelle già citate: a maggio sarà la volta dei cinesi – che lanceranno la sonda Chang’e 6, con l’ambizione di riportare sulla Terra alcuni campioni di materiale prelevati sul suolo del South Pole Aitkin Basin, il cratere più antico e profondo presente sulla Luna che si trova nella parte oscurata del nostro satellite e che si sospetta contenere acqua.

Ancora la NASA, nei primi mesi di quest’anno, dovrebbe lanciare la sonda Trailblazer per la mappatura dell’acqua lunare, il tutto come attività propedeutica al progetto Artemis II, previsto per il mese di novembre.

In attesa di riportare l’essere umano nell’orbita lunare, il programma CPLS ha il compito di valutare un’eventuale presenza e quantità di idrogeno sulla Luna per ricavarne combustibile ed anche misurare il livello di radiazioni da cui dovranno essere schermati equipaggi e strumenti.

Ma come?

Non è dal ’69 che frequentiamo la Luna?
E, soprattutto, cosa c’è dietro questa collettiva accelerazione del traffico spaziale tra lo scorso e quest’anno?

Domande a cui, al momento, non si è in grado di rispondere, senza alzare gli occhi al cielo…