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La rubrica Focus Radio è a cura della giornalista Beatrice Silenzi – direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.

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Autostrade hi-tech. La rete italiana diventa intelligente, ma…

Sotto l’asfalto e lungo i portali che scandiscono i chilometri della rete gestita da Autostrade per l’Italia ASPI sta maturando un ecosistema digitale che connette sensori, con algoritmi di intelligenza artificiale e droni con un obiettivo triplice: sicurezza, fluidità e sostenibilità.

Le autostrade del futuro hanno già preso forma ed oggi sono in grado di dialogare con i veicoli (anche autonomi), diventando smart roads: ovvero strade che non si limitano a “ospitare” il traffico, ma lo governano.Tuttavia, dietro un’affascinante apparenza, spesso si cela anche qualcos’altro. Ma andiamo con ordine

Vi siete mai chiesti a cosa servono i pali neri decorati con piccole fasce tricolori installati a intervalli regolari sul bordo carreggiata lungo alcune autostrade?
Essi sono il cuore tecnologico delle smart road italiane: dialogano con le auto in transito e tra di loro, creando una rete wireless a bassa latenza lungo la strada.

La tecnologia impiegata è un Wi-Fi di nuova generazione specifico per veicoli. Il guidatore ottiene così informazioni aggiornate sul percorso attraverso pannelli elettronici lungo la strada o notifiche sullo smartphone o sul navigatore di bordo.

Sulla sommità di ogni palo è installata inoltre una piattaforma alimentata a energia rinnovabile, per il decollo di droni, che rappresentano l’elemento più futuristico della smart road: potranno decollare automaticamente per svolgere diverse missioni a supporto della viabilità, rispettando ovviamente le normative aeronautiche, ma la strada è tracciata.

Da cosa nasce l’esigenza di una strada intelligente? Dalla Sicurezza, come è ovvio supporre.
Il risultato è una “sala regia” più informata,una rete che impara, prevedendo congestioni e criticità, che incrocia le informazioni di traffico con quelle infrastrutturali, migliorando al contempo l’uso delle risorse e dei tempi di intervento.

Come si legge dal sito Autostrade per l’Italia è stato consolidato il Navigard, sistema funzionale capace di dialogare con le auto a guida autonoma e di fornire ai conducenti informazioni utili per la sicurezza.

Rilevatori automatici di incidenti in grado di comunicare tramite una piattaforma centralizzata con le autorità competenti; telecamere ad alta definizione che leggono le targhe dei veicoli in transito e tengono sotto controllo il traffico in tempo reale; aree di servizio smart, caselli autostradali in grado di recuperare energia dai veicoli in frenata, droni che monitorano il traffico o vengono usati per tenere sotto controllo le infrastrutture.

Manto stradale che, tramite sensori, si interfaccia con gli operatori per determinare le tempistiche ideali per la manutenzione. Sono strumenti messi in campo da Autostrade per l’Italia per rendere la rete in gestione più sicura, smart e sostenibile.

Ma Smart road non significa solo “gestione del traffico”. È anche asset con ispezioni assistite da droni, sensori strutturali, piattaforme che aggregano dati di 4.000 ponti e viadotti per programmare manutenzioni e priorità. L’orizzonte finale è la manutenzione predittiva.

Ed ora veniamo al sottotesto critico di questa novità

Perché la smart road sia anche un approccio intelligente, servono regole chiare per la raccolta di dati necessari alla sicurezza operativa, manutenzione, mobilità, per la loro conservazione per il tempo strettamente utile.

Serve garantire sicurezza informatica nella trasmissione e ribadire ruoli e responsabilità tra gestore, forze dell’ordine e operatori. la possibilità di passare dalla “sicurezza” ad una sorveglianza permanente dell’automobilista, è reale con l’aggravante che i dati raccolti nel tempo potrebbero essere usati per altri fini: fiscale, commerciale, investigativo, come dire, una volta che l’infrastruttura esiste, è facile allargarne gli usi.

Incrociando targhe, orari, percorsi e soste si potrebbero desumere abitudini, luoghi e relazioni degli utenti con la possibilità di profilazioni discriminatorie.
Per i trasportatori, la lettura remota del tachigrafo e tracciamento costante potrebbero sfociare in iper-sorveglianza, senza contare che se l’infrastruttura è progettata “a misura di veicolo autonomo, si potrà riflettere anche sulla sostituzione di quote di lavoro umano senza adeguate tutele.

Cyber-attacchi potrebbero spegnere i sensori, o falsare i messaggi, o bloccare i droni, creando un caos disordinato ma coordinato e con i veicoli automatizzati, il rischio si amplifica, oltre al fatto che un attore malevolo potrebbe far circolare avvisi errati.

Si assisterà alla privatizzazione del “governo” della strada in cui le scelte tecniche diventeranno politiche, sebbene decise da fornitori e gestori, che potrebbero non essere sotto controllo pubblico. Se mancheranno report indipendenti e non saranno stabilite a priori regole e limiti, se non si agirà in nome della trsparenza, sarà difficile, se non impossibile sapere chi usa cosa, quando e perché, pensiamoci.

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