Clicca per guardare il video
La rubrica Focus Radio è a cura della giornalista Beatrice Silenzi – direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.
Segui tutti gli appuntamenti di Focus Radio in questo sito
Sono davvero le élite globaliste a decidere le sorti del mondo?
“They live, we sleep” recita una famosa battuta del film Essi vivono di John Carpenter. È una frase da cui si evince che una manciata di élite globaliste ultra-potenti regga i fili del mondo mentre le masse dormono ignare. Famiglie dinastiche come Rothschild, Warburg e Rockefeller sono davvero burattinai occulti della politica e dell’economia mondiale?
E i nuovi magnati dell’era digitale e finanziaria – Buffett, Zuckerberg, Bezos e Gates sono davvero i dominatori incontrastati del nostro destino collettivo? Dall’avvento del neoliberismo l’economia di mercato ha assunto un ruolo prioritario nelle scelte politiche.
In molti paesi, sembra che “ciò che vuole il mercato” finisca per determinare anche le decisioni dei governi. Il denaro è diventato un metro fondamentale con cui giudicare questioni politiche e priorità sociali.
Viviamo in un mondo di enormi disuguaglianze, in cui è palese che pochissimi ricchi abbiano un’influenza sproporzionata in cui persone comuni che faticano a pagare bollette, vedono miliardari volare con jet privati verso conferenze esclusive.
Prima di analizzare questi aspetti, però, è utile conoscere quali sono oggi i protagonisti di questa élite internazionale.
La famiglia bancaria più celebre di sempre è quella dei Rothschild, meno nota al grande pubblico, la famiglia Warburg è un’altra stirpe di banchieri ebrei originaria della Germania (Amburgo) e poi attiva negli Stati Uniti.
I Rockefeller hanno simboleggiato il capitalismo americano del XX secolo, mentre negli Stati Uniti altre famiglie di oligarchi sono i Morgan, i Du Pont, i Bush, i reali britannici Windsor, famiglie che hanno tutte esercitato un potere notevole in virtù della loro ricchezza o posizione.
Personaggi come Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Warren Buffett detengono fortune che superano il PIL di intere nazioni, gestiscono aziende che influenzano la vita quotidiana di miliardi di persone, ma non provengono da antiche casate aristocratiche: la maggior parte di loro si è arricchita negli ultimi 30-40 anni grazie ai nuovi settori.
C’è poi l’universo dei fondi d’investimento globali come BlackRock, Vanguard, State Street che insieme gestiscono oltre decine di trilioni di dollari e possiedono quote significative in quasi tutte le grandi società del pianeta.
Il denaro compra potere politico, e tale potere viene usato per riscrivere le regole a vantaggio di chi ha già denaro, in un ciclo che si auto-rinforza.
L’élite economica investe anche nella formazione del consenso.
Concetti e dogmi mainstream che grazie a economisti e opinionisti sponsorizzati dalle stesse élite vengono propagandati, diventando pane quotidiano della massa indottrinata.
Nel mondo neoliberista, i capitali possono muoversi liberamente da un paese all’altro alla ricerca di condizioni più favorevoli.
Il risultato è una “corsa al ribasso” globale: gli Stati si sentono costretti a compiacere i mercati finanziari e i colossi transnazionali, per timore di perdere competitività.
Un altro fenomeno diffuso è la permeabilità tra vertici pubblici e privati. Banchieri, avvocati d’affari, manager di fondi d’investimento spesso vengono nominati a incarichi di governo o autorità di controllo viceversa, ex ministri e regolatori passano al settore privato con stipendi milionari.
Dunque il confine tra decisori pubblici e oligarchi privati è spesso labile. Chi fa le regole? E a vantaggio di chi?
Disuguaglianze e un establishment arricchito a scapito del popolo hanno alimentato movimenti populisti e richieste di cambiamento radicale.
In diversi paesi, ciò ha portato a risultati differenti: dalla Brexit, alle elezioni di outsider come Trump, anche se, per ora, la priorità del profitto guida molte scelte globali, mentre i centri decisionali si sono in parte spostati dal pubblico al privato.
Una fotografia delle élite globali in azione la si può scattare osservando i summit e i circoli in cui esse si incontrano: dal World Economic Forum di Davos agli incontri a porte chiuse del Gruppo Bilderberg alla Commissione Trilaterale, al CFR, ai forum ufficiali come G7/G20, alle istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, criticati perché in mano a poche nazioni ricche che li usano per imporre politiche neoliberiste ai paesi indebitati.
L’ “ombra di oligarchia globale” manifesta che esiste una sorta di aristocrazia del denaro che agisce trasversalmente alle nazioni e orienta le scelte mondiali in luoghi informali dove i potenti si confrontano e spesso si mettono d’accordo su linee comuni.
Tutto ciò non avviene con formule o rituali bensì attraverso meeting ben organizzati, agende fitte di panel e cene di gala in cui ministri e miliardari siedono allo stesso tavolo. Ma serve davvero un complotto segreto quando gli interessi dei potenti sono già così allineati e palesemente?
Le élite dispongono già di strumenti legittimi per esercitare pressione e controllo.
Molti studi sociologici parlano di una “classe capitalista transnazionale” con propri network, stili di vita simili, formazione universitaria comune che tende a far sentire più affini i membri tra loro, senza tener conto degli individui di ceto medio-basso.
Non formano un comitato unitario: hanno differenze, rivalità e visioni discordanti, spaccature: alcuni miliardari sono più liberali altri ultra-conservatori; pochi attori dominanti condividono interessi di fondo ma competono su altri fronti per quote di potere e profitto.
Ciò significa che anche gli esiti politici non sono sempre monodirezionali: a volte passano misure sgradite ad alcuni di loro, esattamente come capita alla massa.
Ed ora, tornando alla domanda iniziale: “sono davvero le élite globaliste a decidere le sorti del mondo?”.
La risposta nel video…
Focus Radio. L’essenziale, in profondità.
Articolo precedente:
https://www.fcom.it/connessi-ma-isolati-il-paradosso-digitale/
Il video pubblicato è di proprietà di (o concesso da terzi in uso a) FABBRICA DELLA COMUNICAZIONE.
E’ vietato scaricare, modificare e ridistribuire il video se non PREVIA autorizzazione scritta e richiesta a info@fcom.it.