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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Focus Radio è cura della Redazione di Fabbrica della Comunicazione e realizzata a cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile.

In Italia, le difficoltà lavorative sono strettamente legate a un diffuso malessere. Molti lavoratori desiderano cambiare vita non solo per ragioni economiche, ma per migliorare il proprio benessere, ridurre lo stress e avere più tempo libero.
Indagini internazionali confermano questa tendenza: un’indagine Hays mostra l’Italia come fanalino di coda per soddisfazione lavorativa (60%) e retributiva (57%), alimentando un desiderio di fuga.

Tra le cause strutturali vi è il disallineamento tra domanda e offerta di competenze. Mentre molti faticano a trovare impieghi gratificanti, secondo Unioncamere circa il 45% delle aziende non trova i profili tecnici di cui ha bisogno (ingegneri, informatici, etc.).
Questo mismatch formativo, unito alla fuga dei talenti all’estero (brain drain), evidenzia carenze nel sistema di formazione.

Un altro fattore è la precarietà contrattuale. L’Italia presenta un mercato del lavoro duale, dove i giovani entrano prevalentemente con contratti a termine (oltre il 56% delle assunzioni nel 2024). Questa instabilità genera insicurezza e frustrazione, favorendo stress e burnout.

Sul fronte salariale, l’Italia soffre di un paradosso: stipendi netti bassi e un alto costo del lavoro per le imprese, a causa di un elevato cuneo fiscale. I salari medi reali sono gli unici in Europa ad essere diminuiti rispetto al 1990.
Questa stagnazione alimenta la sfiducia dei lavoratori, spinge i giovani all’estero e limita gli investimenti delle aziende sul personale, aumentando l’incidenza dei cosiddetti “lavoratori poveri”.

I giovani incontrano ostacoli specifici: l’occupazione giovanile è tra le più basse d’Europa e l’Italia ha un alto numero di NEET. La transizione scuola-lavoro è lenta e incerta, anche a causa di un uso improprio degli stage, spesso sfruttati come lavoro a basso costo.
Questa precarietà costringe gli under 35 a rimandare importanti scelte di vita.

Infine, anche i lavoratori over 50 vivono un’emergenza silenziosa. Chi perde il lavoro in questa fascia d’età fatica enormemente a ricollocarsi, trovandosi in una “zona grigia”: troppo giovane per la pensione, ma considerato troppo anziano dal mercato.
Le cause includono discriminazione anagrafica e competenze non sempre aggiornate. Di conseguenza, un over 50 su tre risulta inattivo, scoraggiato e a rischio di povertà futura.
Affrontare questo problema è cruciale non solo per la dignità dei lavoratori e la sostenibilità del sistema pensionistico, ma anche per un principio di equità tra generazioni.

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