di GIORGIO PANDINI
Sembrano spiccioli di poco conto, insignificanti residui delle dichiarazioni dei redditi degli Italiani, eppure il 5×1000 – che dovrebbe servire a finanziare associazioni ed enti no profit presenti sul territorio – muove un meccanismo milionario, nel Belpaese, di cui pochissimi sono a conoscenza, soprattutto coloro che vorrebbero usufruirne.
Ma partiamo dal principio.
Tutti i contribuenti – consegnando la dichiarazione dei redditi, qualunque essa sia – hanno la possibilità di compilare il quadro specifico, relativo al 5×1000, che permette di destinare una parte dell’IRPEF dovuta del gettito fiscale, agli enti e alle ONLUS senza scopo di lucro, anziché farlo confluire interamente nelle casse dello Stato, senza nessun esborso aggiuntivo.
Per farlo è sufficiente indicare il codice fiscale dell’ente di riferimento.
In questo modo, l’Agenzia delle Entrate, dovrebbe scorporare dalla quota IRPEF a debito, calcolata nel dichiarativo, il 5×1000 e girarlo all’ente scelto dal contribuente.
Tutto chiaro. Peccato che le cose non stiano realmente così e vediamo perché.
Il primo aspetto da considerare è che non tutti i potenziali beneficiari del meccanismo hanno le stesse possibilità di accedervi.
Pensiamo, ad esempio, ad una onlus locale di un piccolo comune – e in Italia ce ne sono migliaia – che si occupa di aiutare gli animali in difficoltà o dell’assistenza ai disabili: quante possibilità ha di promuoversi al grande pubblico dei Media?
Forse qualche condivisione sui social o un po’ di passaparola: cose lodevoli, ma spesso del tutto insufficienti rispetto alle potenzialità di grandi fondazioni che si dedicano alla ricerca.
Tali colossi, che hanno risorse in abbondanza da spendere per martellanti campagne pubblicitarie in Tv, sono indubbiamente più noti e popolari della piccola associazione di paese e beneficeranno maggiormente della scelta dell’utente medio del piccolo schermo che intende sostenere progetti sociali benefici.
Il secondo aspetto da considerare è che per poter accedere al contributo occorre essere iscritti nell’elenco apposito, stilato annualmente dall’Agenzia Entrate ed avere tutti i requisiti necessari,
Inoltre, a partire dal 2021, ODV, APS, Onlus, incluse le Cooperative Sociali, Fondazioni e Associazioni riconosciute che agiscono negli ambiti delle Onlus sono stati inclusi in una unica tipologia: gli Enti del Terzo Settore.
Successivamente all’estinzione dell’ambito “Volontariato e Onlus”, questi possono accedere al 5×1000 solo se regolarmente iscritti al registro unico nazionale del Terzo Settore, salvo che non abbiano i requisiti per iscriversi ad un altro elenco.
Questa novità amministrativa ha portato all’esclusione di un buon numero di enti, che non sono riusciti ad iscriversi al nuovo registro degli ETS (Enti del Terzo Settore) entro i termini previsti dalla norma.
Vediamo i numeri: su 7.626 enti esclusi nell’elenco delle Onlus e Ets, circa 5.000 (che corrisponde al 65 per cento) sono stati esclusi dal 5×1000 perché – seppur presenti nell’elenco permanente 2022 – non si sono iscritti al RUNTS (Registro Unico del Terzo Settore) entro il 31 dicembre dello stesso anno, ritrovandosi, di fatto, senza finanziamenti da un anno all’altro, pur essendo stati indicati come beneficiari dai contribuenti!
Ben 14 milioni e mezzo di Euro che, invece di finire nelle casse degli enti, sono entrati dritti dritti nelle casse dello Stato.
Non manca, naturalmente, il paradosso di questo meccanismo. Essendo legato al singolo dichiarativo, comporta situazioni per cui un ente che diventi pupillo di un donatore particolarmente facoltoso riesca a sostenersi anche solo con i soldi di costui!
L’ultimo aspetto, infine, riguarda il modus operandi dello Stato, che fissa annualmente un tetto massimo ai fondi del 5×1000 da redistribuire agli enti. (…proprio così!)
Per l’anno d’imposta 2023 il tetto è stato di 525 milioni di Euro. Quest’anno, invece, c’è stato un importante incremento di firme (oltre 17 milioni di italiani) con un aumento di oltre 700 mila firme rispetto all’anno precedente.
In conseguenza di ciò, la raccolta totale finale è stata di ben 552 milioni di Euro: 27 milioni in più del massimale fissato dal ministero e questa differenza anziché finire nelle tasche degli enti scelti dai contribuenti, confluiranno direttamente nelle casse dello Stato, mentre le associazioni potranno avvalersi dei “soliti” 525 milioni, riproporzionati in base a quanto dovuto singolarmente.
Gli enti sanno di essere stati defraudati ed accusano l’erario di aver disatteso la scelta degli italiani, attraverso interrogazioni parlamentari ed altre proteste e manifestazioni ufficiali.
Chiedono maggiore tutela e trasparenza sulla destinazione del “bottino” con una rendicontazione puntuale sul suo utilizzo.
A fronte di tutto questo è difficile non pensare alla frase dello scrittore turco Orhan Pamuk: “Lo stato e la burocrazia si intrufolano avidamente ovunque si produca ricchezza”, mentre Andrea Romboli, presidente di Assif dichiara: “Lo Stato ci dica come usa il 5×1000 non distribuito: i cittadini hanno dato un’indicazione precisa, il tetto può anche avere un senso, ma dire esattamente per quali finalità sono state utilizzate quelle risorse è un modo per dare valore a quello che altrimenti rischia di essere considerato solo come un maltolto”.