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La rubrica Il Punto di Vista è a cura dello scrittore e giornalista Max del Papa e Beatrice Silenzi, direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.

DAL TERRORISMO AL PERDONISMO ITALIANO e mammifero è proprio dell’Italia che Dimentica

Al centro del dibattito, un concetto tanto suggestivo quanto inquietante: il “perdonismo mammifero italiano”, ovvero quella tendenza tutta nostrana a riabilitare, giustificare e, in ultima analisi, dimenticare le colpe più gravi, siano esse legate al terrorismo, alla cronaca nera o alla malapolitica.

L’occasione per parlarne: la morte di Anna Laura Braghetti, ex terrorista delle Brigate Rosse, nota per essere stata la “carceriera” di Aldo Moro.
Un personaggio oscuro, mai pentitasi, che ha contribuito a scrivere una delle pagine più buie della Repubblica.
A rendere la notizia ancora più significativa è stato il commento di un’altra figura proveniente dall’estremo opposto dello schieramento eversivo, la terrorista neofascista Francesca Mambro.

Quest’ultima ha espresso un sentito cordoglio per la “amica”, quasi a suggerire che l’ideologia fosse solo un pretesto per uno sfogo esistenziale e criminale che le accomunava.
Come è possibile che figure che hanno seminato morte e terrore vengano riabilitate, quasi celebrate per un presunto “impegno sociale” post-carcere?
La risposta, secondo il giornalista, risiede in un meccanismo profondamente radicato nella cultura italiana, un perdonismo che si estende a macchia d’olio in ogni ambito della vita pubblica.

Il caso Moro e la BR Braghetti

Del Papa ha ricordato come le versioni fornite da brigatisti come la Braghetti, Mario Moretti, Valerio Morucci e Adriana Faranda siano state spesso considerate delle verità di comodo, funzionali a depistare e a coprire responsabilità ben più alte.
Le loro ricostruzioni, come quella sulla prigionia di Moro in via Montalcini per 55 giorni, sono state smentite da perizie e commissioni d’inchiesta, ma sono comunque entrate a far parte di una narrazione pubblica edulcorata.

I terroristi, dopo aver scontato pene relativamente brevi rispetto alla gravità dei loro crimini, sono stati riammessi nella società, spesso senza un reale pentimento, beneficiando di un silenzio premiato.
Questo atteggiamento, però, non si limita al terrorismo.
La cronaca nera recente offre esempi altrettanto allarmanti.

Si pensi al caso di un uomo che, dopo aver sterminato la famiglia 27 anni fa, evade da una casa lavoro e, invece di nascondersi nella vergogna, scrive ai giornali per lamentarsi del sistema.
O ancora, alla donna condannata per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi, la cui pena è stata ridotta dall’ergastolo a 24 anni, una sentenza che le permetterà di accedere a permessi premio in tempi brevi.

Di fronte a queste mostruosità, l’opinione pubblica appare spesso anestetizzata, quasi assuefatta.

Il delitto di Garlasco, con la sua infinita telenovela giudiziaria, è diventato una sorta di reality show macabro, dove si tifa per l’uno o per l’altro personaggio e si scommette persino sul prossimo colpevole. La sofferenza delle vittime e la ricerca della verità passano in secondo piano rispetto allo spettacolo mediatico.

Questo “perdonismo” si riflette inevitabilmente anche nel rapporto degli italiani con la politica.
C’è un atteggiamento quasi schizofrenico: da un lato, un odio e una diffidenza viscerali verso il potere, alimentati da teorie complottiste; dall’altro, una sorta di servilismo fantozziano che porta ad applaudire e a genuflettersi di fronte al politico di turno.

Negli Stati Uniti, dove la cultura protestante premia il merito e non contempla l’indulgenza perenne, la pazienza dell’elettorato è molto più limitata.
Donald Trump, dopo solo un anno di mandato, ha visto il suo consenso erodersi a causa delle promesse non mantenute sul fronte economico interno.
Gli americani, senza attendere decenni, hanno manifestato il loro dissenso nelle urne, come dimostra l’elezione di un sindaco dal programma radicalmente opposto a New York.

In America, chi si macchia di crimini efferati finisce sulla sedia elettrica o nell’oblio della damnatio memoriae, non diventa un opinionista o un influencer. Questa differenza culturale, secondo Del Papa, è fondamentale per comprendere le derive della società italiana, dove tutto passa in cavalleria, dove la memoria è labile e il perdono è una regola non scritta che si applica indistintamente a terroristi, criminali e politici.

La riflessione finale è amara: vivere in un Paese dove nulla sembra avere conseguenze, dove la giustizia è percepita come un optional e dove la responsabilità individuale si dissolve in un abbraccio collettivo e assolutorio, è frustrante.

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