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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Approfondimento Stoico è a cura dello scrittore ed antifilosofo Michele Putrino, Don Umberto Rotili e Beatrice Silenzi, direttore responsabile.
FORTEZZA. RESTARE SALDI AGLI URTI DELLA VITA
Viviamo nella velocità, nell’incertezza, immersi in una emotività diffusa per cui il richiamo alle virtù antiche non appare come un nostalgico sguardo al passato, ma come una necessità urgente per il presente. È questo il cuore pulsante della rubrica “Palestra dell’Anima”, un luogo di confronto e crescita interiore curato da Michele Putrino, esperto di stoicismo, e Don Umberto Rotili, parroco di Sassoferrato.
Il focus si sposta su una delle quattro virtù cardinali, forse quella oggi più necessaria: la Fortezza.
Un tema che non rimane confinato alla teoria, ma che trova una sua celebrazione pratica giovedì 4 dicembre a Sassoferrato, con la partecipazione straordinaria di Sofia Raffaeli, campionessa mondiale di ginnastica ritmica.
L’Etimologia della Forza: Vir contro Homo
Il punto di partenza della riflessione è un passo delle Discussioni Tuscolane di Cicerone. L’arpinate ci ricorda che, sebbene tutte le rette disposizioni dell’animo siano chiamate virtù, il termine stesso deriva da Vir (uomo).
La fortezza è, dunque, la virtù per eccellenza, quella più “virile”, intesa non in senso di genere, ma di pienezza umana. Cicerone identifica due attributi principali di questa virtù: il disprezzo della morte e il disprezzo del dolore.
Michele Putrino offre una chiave di lettura illuminante su queste parole, spesso fraintese dalla sensibilità moderna. Oggi, concetti come “disprezzo del dolore” possono sembrare lontani, quasi disumani. Tuttavia,
Putrino spiega che la nostra percezione di distanza non è temporale, ma “verticale”: la società contemporanea è “caduta in basso” rispetto alla nobiltà d’animo degli antichi, rendendo quei concetti apparentemente irraggiungibili.
Il Vir romano non è semplicemente l’essere umano biologico (Homo), ma colui che realizza la sua vera natura razionale, spirituale e sociale.
Chi si limita alla sola esistenza fisica, ignorando il dovere verso la società e l’elevazione dello spirito, rimane un “bruto”. Il “disprezzo” di cui parla Cicerone non è odio, ma la capacità di non dare un peso schiacciante alle avversità.
Il vero uomo sa che il dolore e la morte sono compagni inevitabili del viaggio terreno; la fortezza sta nel guardarli negli occhi senza farsi dominare, mantenendo la propria missione al di sopra delle paure.
La Resilienza Cristiana e la Pazienza di San Paolo
Se lo stoicismo ci invita a elevarci sopra le passioni, la prospettiva cristiana incarnata da Don Umberto Rotili offre una visione complementare e altrettanto potente. Nella Bibbia, la fortezza non è la forza muscolare, ma una risorsa interiore.
Don Umberto propone un parallelismo moderno, traducendo la fortezza con il termine resilienza: la capacità di rispondere agli urti della vita non spezzandosi, ma reagendo con una forza uguale e contraria, quella del Bene.
Interessante è il richiamo a San Paolo, che associa la fortezza alla pazienza, utilizzando metafore sportive come quella del pugilato. La pazienza cristiana non è passività o rassegnazione; è la capacità attiva di incassare i colpi del male e rispondere con azioni di bene.
È una lotta spirituale. Don Umberto sottolinea come, nella visione paolina, la forza umana trovi il suo compimento nella Grazia divina: “Quando sono debole, è allora che sono forte”.
È il paradosso della fede: riconoscere la propria fragilità permette all’amore di Dio (che è magnanimo) di operare attraverso l’uomo, rendendolo capace di superare ostacoli insormontabili.
Oggi, questa virtù è fondamentale per contrastare la tendenza a “buttarsi giù” per un nonnulla, una fragilità che porta spesso a gesti estremi o alla disperazione. Riscoprire la fortezza significa riscoprire che non siamo soli e che abbiamo gli strumenti interiori per rialzarci.
Magnanimità: La Grandezza d’Animo
Sia la visione stoica che quella cristiana convergono in un concetto sublime: la magnanimità. Seneca la definiva la più bella tra tutte le virtù, quella capace di farci guardare alle inezie della vita come a “vani sogni”.
Putrino descrive la magnanimità come una sorta di livello superiore dell’esistenza (“Super Saiyan”, per usare una metafora pop), dove l’anima è talmente elevata che le cose materiali non riescono più a scalfirla.
Don Umberto ricorda che “l’amore è magnanimo”.
C’è una perfetta sintonia: essere forti significa avere un’anima grande, capace di guardare oltre l’immediato, oltre il dolore momentaneo, verso un orizzonte di senso più ampio.
Ma come si applica tutto questo alla vita quotidiana, al lavoro, alle aspirazioni? Qui entra in gioco la determinazione.
Tuttavia, come avvertono i nostri ospiti, anche questo termine rischia di essere abusato. La determinazione non è ostinazione cieca.
Secondo Don Umberto, è la capacità di perseguire un obiettivo nonostante le deviazioni che la vita impone. È la costanza di chi, volendo diventare medico senza averne i mezzi immediati, trova strade alternative, tortuose, ma che conducono alla meta.
Il problema odierno, specie tra i giovani, è l’assenza di questa prospettiva a lungo termine. Si vuole tutto e subito. Ma la colpa, riflette il parroco, è spesso degli adulti che trasmettono pessimismo e negatività.
Nessun grande traguardo si raggiunge senza il sacrificio quotidiano.
Michele Putrino aggiunge un tassello fondamentale: la prudenza. Non basta essere determinati; bisogna essere determinati per la cosa giusta.
Molte persone sprecano la vita inseguendo sogni che non appartengono alla loro vera natura, costruzioni dell’ego o della società. La vera fortezza stoica nasce quando si comprende “chi si è” e qual è la propria missione nel mondo (una “missione per conto di Dio”, citando i Blues Brothers). Solo quando l’obiettivo è allineato con la nostra natura e con il bene comune, la determinazione diventa invincibile e la paura svanisce, perché si sta compiendo il proprio dovere.
Sofia Raffaeli: L’Incarnazione della Fortezza
Tutta questa teoria trova una sintesi perfetta nella figura di Sofia Raffaeli. La campionessa di ginnastica ritmica, medaglia d’oro e orgoglio di Fabriano (e cittadina onoraria), sarà l’ospite d’onore dell’incontro del 4 dicembre.
Perché lei? Perché un’atleta di tale livello rappresenta visivamente la virtù della fortezza.
Michele Putrino sottolinea come le sue performance sembrino “aliene”, frutto di un lavoro che trascende la normalità.
Ma, come ricorda Don Umberto, non ci si sveglia campionesse mondiali la mattina. Dietro quella leggerezza, dietro quei movimenti impossibili, c’è la disciplina ferrea, la capacità di cadere e rialzarsi mille volte, la rinuncia e la dedizione totale. Sofia è l’esempio vivente che la grandezza d’animo si costruisce giorno per giorno, esercizio dopo esercizio, con umiltà e tenacia.
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