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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica della domenica mattina a cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile – con Enrica Perucchietti si chiama L’Altra Domenica.

Tessera Sanitaria a Punti: Tra Prevenzione e Controllo Sociale

Il progetto di una tessera sanitaria a punti proposto da Guido Bertolaso ha suscitato un acceso dibattito. L’idea di incentivare i cittadini a sottoporsi a screening sanitari in cambio di premi – come sconti per la spesa, ingressi a musei, lezioni di yoga o prodotti per il benessere – ha riacceso il timore di un modello sanitario paternalistico e di una possibile deriva verso un sistema di “credito sociale” in stile cinese, seppur adattato alla realtà occidentale.

Prevenzione o Gamificazione della Salute?

Alla base dell’iniziativa vi è il tentativo di promuovere la prevenzione sanitaria, in particolare attraverso screening per patologie come il cancro al colon. Si ipotizza che, in futuro, il programma possa estendersi ad altri tipi di esami, come ecografie e analisi per diverse patologie. I cittadini che aderiscono al programma e completano le attività previste accumulerebbero punti, riscattabili in una serie di “ricompense”.

A prima vista, l’idea potrebbe sembrare interessante: incentivare comportamenti virtuosi per alleggerire il carico del sistema sanitario nazionale, aumentare le diagnosi precoci e promuovere uno stile di vita sano. La critica principale riguarda proprio la modalità con cui viene perseguito questo obiettivo. La salute pubblica, secondo molti, non dovrebbe essere gestita attraverso logiche di mercato o sistemi premiali che ricordano le tessere fedeltà dei supermercati.

Il Rischio di un Sistema Premiale Escludente

Dietro l’apparenza benevola di “premiare i cittadini virtuosi” si cela un rischio concreto: la creazione di un sistema escludente e giudicante.
Chi, per vari motivi, non riesce o non vuole aderire agli screening o seguire le pratiche proposte, viene implicitamente penalizzato.
Si crea così una distinzione tra cittadini “buoni” e “cattivi”, con i primi che accedono a benefit, mentre i secondi vengono ignorati, se non puniti attraverso l’esclusione.

Questo tipo di sistema si inserisce in una più ampia tendenza che vede lo Stato assumere un ruolo paternalistico, trattando i cittadini come bambini da premiare o da correggere.
È una visione che non promuove l’autonomia individuale né la consapevolezza, ma piuttosto la conformità e l’adesione a un modello precostituito, determinato da criteri stabiliti dall’alto.

Il Modello di Controllo Occidentale: Tra Sanità e Marketing

La proposta lombarda si inserisce in un contesto più ampio in cui la sanità pubblica sembra sempre più influenzata da logiche privatistiche.
In Lombardia, da anni, si assiste a un processo di progressiva privatizzazione del sistema sanitario, con l’emergere di modelli come i pronto soccorso a pagamento, dove chi può permettersi una tariffa salta le lunghe liste d’attesa del servizio pubblico.

In questo scenario, l’idea della tessera sanitaria a punti appare come l’ennesimo passo verso la commercializzazione della salute.
Non solo si premiano i comportamenti considerati “virtuosi”, ma si trasformano i cittadini in clienti fidelizzati, con tanto di catalogo premi: kefir, borracce, accessori sportivi, sconti su libri e riviste dedicate alla crescita personale e al benessere, persino ingressi a eventi culturali (rigorosamente di musica classica).

L’accostamento con le tessere fedeltà dei supermercati non è casuale. Questi strumenti, infatti, sono notoriamente utilizzati per profilare i consumatori, registrandone le abitudini d’acquisto e raccogliendo dati preziosi per strategie di marketing.
Un simile sistema applicato alla sanità solleva interrogativi inquietanti: i dati sanitari raccolti attraverso questi programmi saranno davvero al sicuro? O diventeranno anch’essi merce di scambio?

Il Precedente del Green Pass e la Cultura del Controllo

La memoria collettiva recente porta inevitabilmente al parallelo con il Green Pass, introdotto durante la pandemia di COVID-19.
Anche in quel caso, si era assistito a una divisione netta tra cittadini “virtuosi” – vaccinati, tamponati, in possesso del pass – e cittadini “inadempienti”, che si vedevano negato l’accesso a luoghi pubblici e attività sociali.

Il rischio, secondo molti osservatori critici, è che questa logica venga normalizzata. Si passa dal controllo emergenziale a quello permanente, con sistemi che premiano chi si comporta “bene” secondo le regole imposte dallo Stato.
Chi si discosta, anche legittimamente, viene marginalizzato. Una società in cui i diritti fondamentali vengono subordinati al comportamento individuale misurato da algoritmi o tabelle punti non è una società libera, ma una società sorvegliata.

I Dati Personali: Un Bene Sottovalutato

Uno degli aspetti più critici del progetto riguarda la gestione dei dati personali. La raccolta di dati sanitari in cambio di premi materiali rappresenta una pericolosa mercificazione della privacy.
In un mondo sempre più digitalizzato, i dati rappresentano un bene prezioso, spesso più del denaro. Cedere le proprie informazioni sanitarie per ottenere un coupon o un accessorio è una scelta che andrebbe ponderata con estrema attenzione.

Molti cittadini, peraltro, non sono pienamente consapevoli del valore dei dati che forniscono. Nelle tessere fedeltà dei supermercati, ad esempio, i dati raccolti vengono utilizzati per mappare le abitudini di consumo e, in molti casi, rivenduti a terzi.
È lecito temere che un sistema simile possa essere applicato anche in ambito sanitario, con tutte le implicazioni etiche che ne conseguono.

Il Marketing della Salute: Una Nuova Frontiera

Tutto oggi è marketing, e anche la salute non fa eccezione. La proposta della tessera sanitaria a punti può essere vista come una grande operazione di comunicazione, un tentativo di rendere “appetibile” l’adesione a programmi sanitari utilizzando il linguaggio del mercato e della pubblicità.

Ma la salute non è un prodotto da vendere, né i cittadini sono consumatori da fidelizzare. Trattare la prevenzione come se fosse un programma promozionale svilisce il concetto stesso di benessere pubblico, trasformandolo in un meccanismo di fidelizzazione che risponde più agli interessi del marketing e della gestione dei dati che a quelli della popolazione.

Un’Educazione Sanitaria Stravolta

Invece di promuovere una vera cultura della prevenzione e del benessere, basata su educazione, consapevolezza e accesso equo ai servizi, il sistema proposto sembra mirare a un’obbedienza premiata.
La prevenzione autentica è ben più complessa: comprende l’educazione alimentare, la promozione dell’attività fisica, la gestione dello stress, l’accesso all’aria aperta, il riposo adeguato e il supporto psicologico.

Paradossalmente, proprio coloro che ora propongono premi per lo yoga o gli screening sono gli stessi che, durante la pandemia, hanno imposto lockdown prolungati, limitando l’accesso a spazi aperti e promuovendo un approccio terapeutico univoco, come nel caso della “tachipirina e vigile attesa”.
Misure che, secondo molti critici, hanno minato la salute psicofisica della popolazione più che proteggerla.

Un’Illusione di Benessere

L’idea della tessera sanitaria a punti rappresenta un paradigma di gestione della salute pubblica che, anziché emancipare il cittadino, tende a infantilizzarlo e condizionarlo.
L’illusione del premio rischia di sostituirsi a una reale consapevolezza sanitaria. Si entra così in una spirale dove il comportamento individuale viene monitorato, premiato o sanzionato in base a criteri stabiliti da un’autorità centrale.

Nel contesto di una sanità pubblica già in crisi, con lunghissime liste d’attesa e un welfare in progressivo smantellamento, questa proposta rischia di diventare un ulteriore strumento di controllo sociale, anziché un mezzo per promuovere la salute.
I cittadini dovrebbero interrogarsi non solo sull’utilità di una lezione di yoga gratis o uno sconto sul kefir, ma anche sul valore dei propri dati, della propria libertà e del diritto a una sanità pubblica, equa e accessibile, che non si trasformi in un programma fedeltà.

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