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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica dedicata all’economia e alle politiche dell’Unione europea, a a cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile – con Fabio Sarzi Amadè si chiama Spazio Economico.
Il Premio per Mario Draghi: Tra Riconoscimenti e Polemiche
Il 21 maggio 2025, il Politecnico di Torino ha insignito Mario Draghi del premio *Polito Foresight and Innovation*, definendolo un esempio di «statista globale» per la sua «leadership lungimirante, innovativa e resiliente».
La motivazione ha riacceso il dibattito sul ruolo dell’ex presidente della Banca Centrale Europea e del Consiglio dei Ministri.
Draghi, figura centrale nelle politiche economiche europee degli ultimi decenni, è stato criticato per scelte ritenute lesive dei diritti sociali.
Durante la pandemia, il governo da lui guidato ha implementato il Green Pass, strumento che ha limitato l’accesso a servizi essenziali per i non vaccinati, sollevando interrogativi sul bilanciamento tra salute pubblica e libertà individuali.
La sua gestione delle privatizzazioni negli anni ’90, il ruolo nella crisi dell’eurozona e l’adesione a logiche tecnocratiche hanno alimentato un dualismo tra elogi istituzionali e malcontento popolare.
Tangentopoli e Mani Pulite: Una Rivoluzione Pilotata?
Il 17 febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa, presidente dell’istituto assistenziale Pio Albergo Trivulzio di Milano, esplode il caso Tangentopoli.
L’inchiesta, guidata dal pool di magistrati milanesi (Di Pietro, Colombo, Davigo), svela un sistema di finanziamento illecito ai partiti attraverso tangenti sugli appalti pubblici.
La corruzione non era un fenomeno nuovo. Già dagli anni ’70, scandali come le *Carceri d’Oro* (1971) o lo *Scandalo Petroli* evidenziavano collusioni tra politica, imprenditoria e burocrazia. Ciò che cambiò nel ’92 fu la narrazione: la corruzione non fu più un fatto isolato, ma un *male sistemico*, utilizzato per delegittimare l’intera classe dirigente.
La Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, i Liberali e i Repubblicani furono travolti da indagini. Bettino Craxi, simbolo dell’era precedente, divenne il volto della disgrazia, condannato in contumacia dopo la fuga in Tunisia.
Il Partito Comunista Italiano (poi PDS) rimase marginalmente coinvolto, nonostante testimonianze su finanziamenti occulti. Maurizio Prada, ex tesoriere socialista, e Raul Gardini, manager Enimont, rivelarono contatti tra il PDS e fondi illeciti, ma le indagini non colpirono i vertici. Questo squilibrio alimentò teorie su un’operazione politicamente selettiva.
Il Ruolo degli Stati Uniti e della CIA nel Rinnovamento Italiano
Documenti desecretati e dichiarazioni di diplomatici statunitensi hanno confermato il coinvolgimento di Washington nel processo di *riforma* politica italiana.
Con la caduta del Muro di Berlino (1989), gli USA avviarono una strategia per ridefinire gli equilibri europei, marginalizzando i partiti tradizionali alleati durante la Guerra Fredda ma divenuti scomodi.
La Democrazia Cristiana, legata a logiche clientelari, e il Partito Socialista, travolto da scandali, non erano più funzionali agli interessi atlantici.
Il console americano a Milano, Peter Semler, e l’ambasciatore Reginald Bartholomew ammisero rapporti tra il pool di Mani Pulite e la CIA. Di Pietro, prima delle indagini, si recava regolarmente al consolato USA, mentre Antonin Scalia, giudice della Corte Suprema americana, incontrò magistrati italiani per discutere metodi investigativi.
L’obiettivo era sostituire i vecchi partiti con una classe dirigente più allineata alle direttive neoliberiste, favorendo l’ascesa del PDS (poi PD) e di Forza Italia, quest’ultima creata come contraltare imprenditoriale alla sinistra.
La Strategia Mediatica e il Crollo del Pentapartito
Mani Pulite non fu solo un’operazione giudiziaria, ma un fenomeno mediatico. Processi televisivi, come quello Enimont, trasformarono i magistrati in icone popolari.
La retorica della *purezza* nascondeva però contraddizioni: le condanne riguardavano spesso figure secondarie, mentre i flussi finanziari maggiori rimaneano opachi.
La *resilienza* del sistema fu dimostrata dalla permanenza di élite tecnocratiche, come lo stesso Draghi, già coordinatore del Comitato per le Privatizzazioni negli anni ’90.
Il Pentapartito crollò, ma il vuoto fu riempito da nuove forme di potere. La Lega Nord, inizialmente anti-corruzione, fu travolta da scandali (tangenti per 200 milioni di lire nel 1994), mentre il PDS ereditò parte della macchina clientelare.
La transizione non produsse un ricambio etico, ma un riposizionamento delle stesse logiche sotto nuove sigle.
Tangentopoli Oggi: La Corruzione Mutata
A distanza di 30 anni, l’Italia rimane ai primi posti in Europa per corruzione percepita (Transparency International).
I metodi si sono evoluti: alle *bustarelle* si sono sostituiti appalti pilotati, fondi europei mal gestiti e consulenze fittizie.
Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), gestito da Draghi, è sotto osservazione per opacità negli affidamenti.
La lezione di Tangentopoli è duplice: da un lato, dimostra l’impossibilità di risolvere problemi sistemici con operazioni simboliche; dall’altro, evidenzia il ruolo di attori esterni nel plasmare gli assetti interni.
La crisi attuale della politica, tra populismi e tecnocrazie, affonda le radici in quel decennio di transizione incompiuta.
La sfida per l’Italia resta quella di coniugare giustizia sociale e innovazione, evitando che la retorica del cambiamento copra dinamiche di conservazione.
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