Clicca per guardare il video
Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Politicamente è a cura dello scrittore e storico Paolo Borgognone che commenta con Beatrice Silenzi fatti di attualità, politica e geopolitica.
GUERRE E PROFITTI. SOVRANITÀ E SOLDI PERDUTI
Siamo già nella Quarta Guerra Mondiale: un conflitto combattuto con armi, energia e propaganda.
Mentre il web ironizzava sulla bufala di una terza guerra mondiale pronta a scoppiare il 3 novembre, una prospettiva più inquietante emerge dall’analisi geopolitica di Paolo Borgognone: non solo il pericolo non è scampato, ma siamo già immersi nel pieno di un conflitto globale.
Non una guerra convenzionale come quelle del XX secolo, ma una “Quarta Guerra Mondiale” combattuta su scenari specifici, con armi diverse e con radici storiche profonde.
Secondo Borgognone, l’errore comune è paragonare ogni conflitto alla Seconda Guerra Mondiale, che peraltro non si combatté in ogni angolo del globo. Paesi come Spagna, Portogallo e Svezia rimasero neutrali.
L’attuale conflitto, che Borgognone definisce il quarto — considerando la Guerra Fredda come la terza — si sta dispiegando in teatri ben precisi: l’Europa orientale con l’Ucraina, il Medio Oriente e potenzialmente l’America Latina e l’Africa. Si tratta di una guerra per l’emancipazione o la “de-emancipazione” di interi popoli, le cui origini non risalgono al capriccio di un leader, ma affondano le radici in decenni, se non secoli, di tensioni storiche, forse addirittura fino alla Rivoluzione d’Ottobre.
Il motore economico della guerra: un circolo vizioso che arricchisce pochi
Al di là delle analisi storiche, la domanda cruciale è perché questo conflitto, in particolare quello ucraino, non sembra avere fine.
La risposta, secondo Borgognone, risiede in un cinico circolo vizioso di interessi economici che lega indissolubilmente l’Europa agli Stati Uniti.
L’Unione Europea, succube della NATO, acquista armamenti dal complesso militare-industriale americano per poi donarli all’Ucraina.
Queste armi vengono utilizzate, distrutte e devono essere rimpiazzate, alimentando un ciclo continuo che genera enormi profitti per i produttori statunitensi.
In questo schema, gli unici a perdere sono i cittadini europei, che pagano le armi, e il popolo ucraino, che muore sul campo. “Finché c’è guerra, c’è speranza”, affermava Alberto Sordi in un celebre film, una frase che oggi suona come il motto non dichiarato di chi si arricchisce con questo traffico di morte.
Un meccanismo analogo si applica al settore energetico. Le sanzioni alla Russia hanno impedito all’Europa di acquistare gas a basso costo, costringendola a rivolgersi al gas liquefatto americano, pagandolo fino a quattro o cinque volte di più.
Questo non solo ha fatto impennare le bollette per famiglie e imprese, ma ha anche arricchito a dismisura le compagnie petrolifere private americane, che ora detengono una posizione di monopolio.
Borgognone ricorda come il boom economico italiano degli anni ’60 fu reso possibile proprio dall’energia a basso costo acquistata dall’allora Unione Sovietica, grazie agli accordi voluti da Enrico Mattei. Una scelta di autonomia che, tragicamente, gli costò la vita.
Oggi, l’Europa sta pagando il prezzo di una dipendenza energetica ed economica che sta soffocando la sua industria e impoverendo i suoi cittadini.
Sovranità limitata e l’illusione del leader carismatico
Di fronte a questo scenario, molti cittadini si sentono impotenti e invocano una figura carismatica, un leader che possa “spegnere” la guerra come si spegne un interruttore.
Ma questa, avverte Borgognone, è una pericolosa ingenuità.
I problemi complessi, come i cicli storici e le guerre, non ammettono soluzioni semplici.
Non esiste un “messia” in grado di risolvere con un gesto dinamiche che si sono sedimentate per decenni.
In questo contesto, la politica italiana appare totalmente impotente. La sua sovranità in politica estera è, di fatto, inesistente.
L’Italia può solo obbedire alle direttive dell’asse atlantico, dominato da Stati Uniti e Gran Bretagna.
L’esempio di Giorgia Meloni è emblematico: le sue dichiarazioni passate su Russia e Crimea sono state completamente ribaltate una volta arrivata a Palazzo Chigi.
Non per tradimento o corruzione, ma perché la permanenza al governo è condizionata all’adesione all’agenda della NATO.
Come aveva chiarito Ursula von der Leyen prima delle elezioni del 2022, l’Unione Europea ha “tutti i mezzi necessari” per intervenire contro chi si discosta dalla linea stabilita.
La politica, quindi, utilizza i voti di protesta per poi attuare le politiche dell’avversario che retoricamente combatteva in campagna elettorale.
Un vecchio trucco che sfrutta la speranza di cambiamento per mantenere lo status quo.
In conclusione, la proposta di Carlo Calenda di usare i beni russi sequestrati per restaurare monumenti appare come una distrazione rispetto ai veri nodi del problema.
Borgognone ribalta provocatoriamente la proposta: perché non utilizzare i fondi destinati alle armi per finanziare il welfare e abbassare le bollette degli italiani?
Una mossa che scatenerebbe probabilmente un embargo immediato, ma che servirebbe a svelare fino a che punto la nostra sia una democrazia reale o piuttosto una sua rappresentazione.
La domanda, inquietante, rimane sospesa.
Il video pubblicato è di proprietà di (o concesso da terzi in uso a) FABBRICA DELLA COMUNICAZIONE.
E’ vietato scaricare, modificare e ridistribuire il video se non PREVIA autorizzazione scritta e richiesta a info@fcom.it.




