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La rubrica L’Altra Domenica è a cura dello scrittrice e giornalista Enrica Perucchietti e Beatrice Silenzi, direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.

IDENTITÀ DIGITALE ACCENDE LA PROTESTA

Nel Regno Unito, un’iniziativa governativa sta accendendo i dibattiti e le proteste, trasformando una “fantasia distopica” in una cruda realtà: il primo ministro Keir Starmer, la cui popolarità è ai minimi storici, ha annunciato questo progetto il 26 settembre, con l’intenzione di renderlo operativo entro la fine della legislatura nel 2029.

La giustificazione ufficiale?
Contrastare l’immigrazione clandestina e permettere ai cittadini britannici di dimostrare il loro diritto al lavoro. Tuttavia, la risposta pubblica è stata tutt’altro che entusiasta.

Le manifestazioni si sono diffuse a macchia d’olio, compattando un fronte di opposizione eterogeneo che include figure come Nigel Farage, Jeremy Corbyn e persino esponenti del fronte scozzese.
Una petizione online ha già raccolto oltre 2,6 milioni di firme in pochi giorni, segnalando una profonda avversione verso un’iniziativa percepita come un’erosione della privacy e un incremento del controllo statale.

L’introduzione della Brit Card non è un evento isolato, ma un tassello di un puzzle globale che vede la spinta verso la digitalizzazione della società avanzare a passi spediti.
In Europa, il “digital wallet” e la sperimentazione dell’euro digitale sono solo alcuni esempi di questa tendenza, che molti osservatori leggono come la concretizzazione di un’agenda ben precisa.

Emerge però una sottile incongruenza, un rumore di fondo che contrasta con la narrazione della comodità e della sicurezza del digitale.
Le recenti raccomandazioni della Banca Centrale Europea ai cittadini di tenere sempre a portata di mano 70-100 euro in contanti per eventuali crisi o blackout, così come la presenza di denaro fisico nel “kit di emergenza” proposto dalla commissaria europea, evidenziano la persistente necessità del contante in situazioni di vulnerabilità.

Se da un lato si spinge per l’eliminazione dei contanti, dall’altro si riconosce implicitamente la loro insostituibilità in scenari di emergenza. Questa contraddizione solleva domande sulla reale funzionalità e resilienza di una società interamente digitalizzata.

IDENTITÀ DIGITALE COME GRANDE FRATELLO?

La situazione nel Regno Unito è un interessante banco di prova per iniziative simili. Come il caro vecchio George Orwell ci ha insegnato con il suo “1984”, certe visioni distopiche sembrano essere prese come un’agenda da alcuni tecnocrati, che cercano di applicare alla realtà ciò che hanno letto o visto in opere di fantasia.

Anche l’euro digitale, previsto inizialmente per il 2026, ha subito ritardi, posticipando la sua adozione al 2028 a causa di problemi infrastrutturali: intoppi che suggeriscono che il percorso verso una digitalizzazione totale non è privo di ostacoli.

Secondo alcuni, il successo di questa “sperimentazione sociale” è stato in parte spianato dall’esperienza del Green Pass, che ha abituato la società all’idea di una digitalizzazione forzata per accedere a servizi essenziali.
La mancata “battaglia vitale” contro il Green Pass avrebbe aperto le porte a iniziative come l’European Digital Wallet e la Brit Card, che sfruttano la comodità o l’imposizione durante presunte crisi globali per ottenere il consenso.

L’abolizione della carta d’identità cartacea entro il 2026, anch’essa vista come un’operazione di forza, rientra in questa logica. La narrazione ufficiale promuove la comodità e la modernità, ma la realtà è che chi non si adegua rischia l’esclusione sociale.
Come nel caso del Green Pass, inizialmente volontario e poi obbligatorio, l’assenza di un ID digitale o dello SPID può precludere l’accesso a piattaforme e servizi pubblici, creando una “apartheid sociale”.

Le imposizioni che “odorano di coercizione” generano reazioni avverse, come dimostrano le proteste contro la Brit Card, vista come un’imposizione distopica che erode diritti e privacy. Tuttavia, le reazioni spesso arrivano tardi e sono frammentate, a “macchia di leopardo”.
È necessario che le proteste siano più lungimiranti e organizzate, creando un fronte unito contro l’intera ondata di digitalizzazione forzata.

Se si vuole un cambiamento, è fondamentale che i cittadini si mobilitino prima che il danno sia irreversibile. La petizione per la Brit Card è un passo importante, ma serve una consapevolezza più ampia e una volontà di intraprendere battaglie comuni, anziché isolate.
Siamo a un bivio: accettare passivamente ciò che ci viene imposto o rimboccarci le maniche e lottare per il nostro futuro. La speranza è che non ci si ritrovi da soli in questa battaglia.

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