di BEATRICE SILENZI

Essere riconoscibili. Di più, essere riconosciuti. Dalla tecnologia.

Quella del riconoscimento facciale è una pratica di cui si discute da parecchi anni e resta sempre tra le più controverse, soprattutto perché determina un’autentica invasione nella privacy, presentando una serie di implicazioni anche in ambito etico.

È senza dubbio una modalità difficilmente conciliabile con quelli che sono i diritti inviolabili dell’uomo, ma viene portata avanti per esigenze legate alla pubblica sicurezza (leggi, controllo!).

Ad oggi il riconoscimento facciale è estremamente diffuso, per quanto, molta gente ne ignori l’esistenza, o non vi presti la dovuta attenzione ed è un tema di cui si parla ancora troppo poco (e certamente non nei Media tradizionali).

È un software che viene utilizzato nei contesti più disparati e ne fanno uso le forze dell’ordine, a fini di controllo, come detto, ma ce ne serviamo anche noi, in molti ambiti della quotidianità, o a fini commerciali o puramente veniali.

Cos’è il riconoscimento facciale?

È una tecnologia biometrica che identifica in modo univoco un individuo, attraverso il confronto e l’analisi di modelli basati sui suoi “lineamenti”.

Molti sistemi, grazie all’intelligenza artificiale e misurando specifici parametri ottenuti dai dati acquisiti dai volti, identificano una persona in modo inequivocabile.

Come funzionano le diverse tipologie di riconoscimento facciale?

Il livello utilizzato sistematicamente da qualsiasi applicazione sullo smartphone è il basic che cerca, attraverso la scansione, fatta dalla videocamera, le caratteristiche che definiscono un viso: occhi, naso e bocca.

Dopo aver effettuato la ricerca, la fotocamera usa specifici algoritmi per “agganciare” il volto, determinando la direzione dello sguardo, la forma e l’apertura della bocca e – a seguire – tutte le altre caratteristiche.

In questo caso, tuttavia, non si può parlare di riconoscimento vero e proprio, ma con un software che, semplicemente, ricerca volti, proprio come nell’uso di filtri per foto di Instagram o Snapchat.

A detta degli esperti, il livello tecnologico di Face ID di Apple, comodo per sbloccare il dispositivo, è straordinario.

Quando, invece, è necessaria l’identificazione di un volto sconosciuto – a scopi di sicurezza o per fare marketing – il risultato è garantito da algoritmi che, attingendo ad un ampio database in cui, di volta in volta, il viso viene associato a diversi profili, riescono a beccare proprio il soggetto specifico.

Alcuni software di riconoscimento si basano su immagini bidimensionali, in 2D non qualitativamente accurate, poiché senza profondità, cosa che rende difficoltosa l’identificazione.

Attraverso un’immagine bidimensionale, il dispositivo è in grado di misurare la distanza tra le pupille e l’ampiezza della bocca, ma non la lunghezza del naso o la prominenza della fronte.

Inoltre, un’immagine in 2D non funziona al buio ed in condizioni di scarsa illuminazione è inaffidabile.

Ecco che si passa allo step successivo, la tecnologia 3D che supera i problemi attuali.

Il riconoscimento tridimensionale si ottiene attraverso la tecnica lidar (simile al sonar dei sottomarini) per cui il meccanismo di scansione del viso (come l’iPhone), emette un impulso che si riflette sulla faccia del soggetto, ripreso da una fotocamera InfraRed all’interno del dispositivo stesso.

La fotocamera IR misura il tempo necessario per cui ogni bit, rimbalzando dal viso ritorna nel dispositivo, determinando una mappa di forme piane, concave e convesse dell’intero volto.

Se utilizzata insieme alla tecnologia 2D, la 3D aumenta significativamente la precisione del software di riconoscimento facciale, diminuendo, al contempo, la possibilità di incorrere in falsi positivi.

Quale l’impatto sulla nostra vita in futuro?

I fautori di queste tecnologie, ci indorano la pillola, sostenendo che non possiamo più farne a meno e che siamo ormai abituati ad essere identificati.

E un po’ (purtroppo) hanno ragione, se pensiamo che, anche per gioco, di fatto, entriamo in contatto con il riconoscimento facciale ogni giorno.

Altri esperti del settore tecnologico e dell’IA sostengono che non ci sarà alcuno stop allo sviluppo del mercato e che i sistemi biometrici continueranno a diffondersi, mandando definitivamente in pensione pin, password, carte di identità e documenti di riconoscimento.

Tutti saranno soppiantati da questa nuova tecnologia.

Ovviamente, dalla parte opposta, si discute di privacy, soppesando i benefici con la massiccia intromissione, nella vita privata della gente, attraverso il trattamento dei dati biometrici.

Infine c’è la questione dei falsi positivi, cosa accadrebbe se la polizia si basasse su informazioni imprecise – derivanti dall’uso di questa tecnologia – per arrestare qualcuno?