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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Victor Nunzi.

Chi è Gilgamesh? È una divinità, o un eroe divinizzato.
È il divino sovrano di Uruk presente nella lista reale sumerica, ma è anche una divinità delle religioni mesopotamiche e compare in diversi inni e iscrizioni, composti sia in lingua sumerica sia in lingua accadica.

Approfondiamo l’argomento con Victor Nunzi, ricercatore indipendente, studioso della cultura sumera e degli antichi documenti da questa tramandatici per tornare indietro fino alle origini dell’uomo.

La trama.
Gilgamesh è il re dispotico di Uruk di cui i sudditi si lamentano con gli dei, stanchi della sua lussuria sfrenata che lo porta a imporsi sulle donne della città.

Gli dei ascoltano questa preghiera e creano Enkidu, un uomo selvaggio destinato ad affrontare il re, ma quando i due si impegnano in un combattimento, invece di uccidersi a vicenda, diventano amici e si imbarcano in pericolose avventure.

Insieme uccidono il gigante Humbaba e il Toro celeste, mentre Gilgamesh rifiuta l’amore della dea Ishtar e, come punizione per questi atti di empietà, gli dei fanno morire Enkidu nel fiore degli anni.

Sconvolto dalla scomparsa del suo amico, Gilgamesh parte alla ricerca dell’immortalità, che lo conduce ai confini del mondo, dove vivono il saggio Utnapishtim e sua moglie, gli unici sopravvissuti al diluvio universale, ai quali gli dei hanno concesso questo dono.

Tuttavia, Utnapishtim non può offrire a Gilgamesh ciò che cerca e, sulla via del ritorno, seguendo le istruzioni di Utnapishtim, l’eroe trova una pianta che restituisce la giovinezza a chi la mangia.
Tuttavia un serpente gliela sottrae ed egli torna a Uruk a mani vuote, convinto che l’immortalità sia appannaggio esclusivo degli dei. 

Le sue vicende, narrate nell’epopea di Gilgamesh – inclusa una versione della storia del diluvio universale – risalgono ad antichi racconti mitologici sumeri che vennero successivamente rielaborati e trascritti.

La prima struttura, pervenutaci in frammenti, appartiene alla letteratura sumerica, mentre la versione più completa sinora nota è stata incisa in lingua accadica su dodici tavole di argilla, rinvenute a Ninive, capitale dell’impero assiro, tra i resti della biblioteca reale nel palazzo del re Assurbanipal.

Per quanto attiene alla storicità della figura di Gilgamesh, Giovanni Pettinato, traduttore ufficiale, lo ritiene personaggio non storico, quindi una divinità della mitologia sumerica e da qui entrato nelle tradizioni religiose semitiche, sebbene Nunzi sottolinei come Gilgamesh sia anche uno dei sovrani della “sempre mitica” prima dinastia della città di Uruk.

 

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