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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura di Giorgio Pandini – musicista e blogger.

Lo storico del Jazz e critico musicale Stuart Nicholson scrisse di lui: “Il tono di voce che produce con il suo strumento può essere descritto solo come sensuale e, in combinazione con le sue improvvisazioni apparentemente senza sforzo, ha trovato una purezza nella musica che non è riuscito a trovare nella vita”, parole che sintetizzano perfettamente la sua arte.

Sto parlando di Chet Baker

Nato il 23 dicembre del 1929 a Yale in Oklahoma, Chesney Henry Baker Jr. questo il suo vero nome di Chet, crebbe immerso nella musica, il padre infatti era un chitarrista mentre la madre Vera Moser una pianista dilettante.
Il suo avvicinamento al mondo musicale coincide con il trasferimento della famiglia in California dove Chet inizia a cantare nel coro della chiesa esibendosi anche in alcuni concorsi canori, il padre lo incoraggia regalandogli il suo primo strumento, un trombone che presto viene sostituito dalla tromba per via delle dimensioni troppo grandi per quel bambino esile.

Avviene così l’incontro del musicista con lo strumento che lo accompagnerà per tutta la vita.
I primi rudimenti li apprende alla Glendale High School che però abbandona a 16 anni per arruolarsi nell’esercito, dove prosegue lo studio della tromba suonando nella banda militare di stanza a Berlino, siamo nell’immediato dopoguerra, alla fine degli anni ’40 e dopo i due anni di fermo, Chet rientra negli Stati Uniti e si iscrive al college dove approfondisce la conoscenza dell’armonia e della teoria musicale.

Anche questo percorso scolastico però si interrompe dopo poco, anche perché il ragazzo è più interessato alle sue esibizioni nei jazz club che allo studio, decide così di arruolarsi nuovamente e finisce a suonare nella banda della sesta armata di San Francisco dove però anche in questo caso alterna ai suoi doveri le esibizioni nei locali e, a seguito di un test psichiatrico, viene dichiarato non idoneo alla vita militare e congedato definitivamente.

Questa è la svolta che lo spinge a dedicarsi alla carriera di musicista professionista.
I riconoscimenti non tardano ad arrivare, Chet infatti inizia a collaborare attivamente alla scena jazzistica della vivace California, nelle band dei sassofonisti Vido Musso e soprattutto Stan Getz, la consacrazione però avviene quando nel 1952 viene scelto dall’immenso Charlie Parker per un tour della West Coast con la sua band, al termine del quale avviene un altro incontro fondamentale per Chet quello con il sassofonista Gerry Mulligan con il quale forma il celebre quartetto senza pianoforte, strumento che fino ad allora era considerato irrinunciabile in un gruppo di Jazz per garantirne il sottofondo armonico.

L’esperimento ha successo, principalmente perché a differenza dei gruppi Be-Bop in voga dove gli strumenti a fiato si concentrano principalmente sull’aspetto melodico, nel quartetto di Mulligan, il suo sax e la tromba di Chet, proprio per sopperire alla mancanza del pianoforte sono costretti a modificare la loro visione ed il loro modo di fraseggiare adottando un approccio contrappuntistico che permette di evidenziare l’aspetto armonico della musica.

Il gruppo si fa notare ed oltre alle numerose esibizioni live, viene scritturato dall’etichetta discografica Pacific Records per una serie di incisioni, e proprio nel primo disco The Gerry Mulligan Quartet del 1962, Chet ha modo di mettere in evidenza il suo enorme talento nella registrazione di My Funny Valentine, un brano che diventerà uno dei suoi cavalli di battaglia per tutto il proseguimento della sua carriera.

Proprio quando il quartetto raggiunge l’apice del successo però, tutto precipita a causa dei problemi di droga di Mulligan che viene anche arrestato, oltre che ai contrasti tra lui e Baker per questioni economiche.
Chet, ormai musicista affermato decide così di formare una propria band con cui inizia ad esibirsi in tournée anche all’estero, specialmente in Italia dove la scena Jazz è molto attiva e dove ha modo di stringere amicizia con tantissimi grandi musicisti locali come il chitarrista Franco Cerri e il sassofonista Gianni Basso con i quali suona in diverse occasioni.

Nel frattempo oltre alla tromba inizia ad utilizzare anche il flicorno soprano che per le sue sonorità morbide e cupe, ben si adatta al mood di Baker ed alla sua innata malinconia e delicatezza espressiva.
Purtroppo entra nella sua vita anche quella che resterà la sua nemesi fino alla fine, l’eroina. La sua dipendenza dalle sostanze stupefacenti gli costerà anche un anno di carcere proprio in Italia nel penitenziario di Lucca oltre che l’espulsione anche da Paesi come Germania e Inghilterra.

Al 1966 risale l’evento che rappresenta lo spartiacque della sua carriera: Chet è costretto a farsi estrarre i denti anteriori perché il dolore che gli causano rende impossibile suonare il suo strumento, altre versioni della storia parlano invece di risse o di spedizioni punitive con gli spacciatori ai quali doveva delle somme di denaro per l’acquisto della droga.
Da questo momento semplicemente scompare dalla scena musicale finché viene ritrovato casualmente da un altro grande trombettista Dizzy Gillespie mentre è costretto a lavorare come addetto ad una pompa di benzina per guadagnarsi da vivere.

Dizzy lo prende con sé e lo riporta alla musica, sostenendo anche le spese per la dentiera con cui Chet ha dovuto reimparare da zero a suonare la tromba. Da questo momento in poi il suo suono cambia notevolmente e da una difficoltà che appare insormontabile, il suo genio ed il suo talento riescono a trovare una dimensione espressiva unica nel suo genere, il suo suono diventa rarefatto e leggermente soffiato, normalmente questo sarebbe un difetto ma nelle sue mani diventa uno straordinario modo per veicolare emozioni tanto meravigliose quanto inedite.

La sua carriera riprende quindi a pieno regime con la stessa modalità disordinata con cui Chet si è sempre sottratto a qualsiasi classificazione, le sue incisioni sono innumerevoli ma tutte slegate tra di loro, questo perché per mantenere la sua dipendenza dall’eroina accetta qualsiasi tipo di ingaggio. Anche in questa seconda parte di carriera però l’Europa ed in particolare l’Italia rimangono sempre i suoi luoghi preferiti, addirittura guida orgogliosamente un’Alfa Romeo durante i suoi tour che lo portano nel 1985 anche in Brasile.

Purtroppo la sua parabola si interrompe bruscamente il 13 maggio del 1988 con un volo da una finestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam, anche l’ultimo evento della sua vita è avvolto nel mistero perché le dinamiche della caduta non sono chiare, si parla di suicidio o di caduta accidentale in quanto ci sono alcuni testimoni che dicono di averlo visto camminare sul cornicione dell’hotel. Altre congetture parlano invece di una rissa con alcuni spacciatori.

Qualcuno, citando il celebre film di Humphrey Bogart, ha definito Chet Baker un Angelo con la faccia sporca, una definizione che ben si adatta ad un artista che nonostante la sua dipendenza, proprio al termine della sua vita ha raggiunto un’essenzialità ed una modernità nella sua arte che rimanda al “non finito” di Michelangelo che in tarda età era in grado con pochi colpi di scalpello di creare universi, proprio come Chet ha fatto con le sue note.

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