MARILYN MONROE E IL MISTERO DIETRO LO SCHERMO

MARILYN MONROE E IL MISTERO DIETRO LO SCHERMO
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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura del giornalista e critico musicale Giorgio Pandini. 

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Marilyn Monroe. A 36 anni, l’attrice che aveva catturato l’immaginario collettivo con la sua luminosa fragilità, veniva consegnata a un mistero che, a decenni di distanza, non ha smesso di proiettare le sue ombre. La versione ufficiale parlò di probabile suicidio per overdose di barbiturici, ma fin da subito quella spiegazione parve a molti una sceneggiatura troppo semplice per l’ultimo, tragico atto della vita di una donna complessa e tormentata, i cui legami si estendevano fino ai vertici del potere politico americano.

Nata Norma Jeane Mortenson il 1 giugno 1926, la sua infanzia fu segnata dall’instabilità.

Con una madre, Gladys, più volte ricoverata in istituti di igiene mentale per schizofrenia, Norma Jeane trascorse i suoi primi anni tra famiglie affidatarie e un orfanotrofio. Questa giovinezza precaria le lasciò dentro ferite profonde e un perenne senso di insicurezza.
A 16 anni, per non tornare in istituto, sposò il suo vicino e quando lui partì per la guerra e lei iniziò a lavorare in una fabbrica di aeroplani. Fu lì che un fotografo la notò, dando il via a una carriera di modella che la portò a cambiare il colore dei capelli, originariamente castano-ramati, e ad adottare il nome che l’avrebbe resa celebre: Marilyn Monroe.

Dietro la facciata della bionda sensuale e svampita, si celava una donna desiderosa di essere presa sul serio. Si trasferì a New York per studiare all’Actors Studio di Lee Strasberg, cercando di affinare le sue doti recitative e di sfuggire agli stereotipi di Hollywood. Il suo talento per la commedia fu premiato con un Golden Globe.
Dopo il primo matrimonio, nel 1954 sposò il campione di baseball Joe DiMaggio, una relazione passionale ma minata dalla gelosia. Il terzo marito fu il drammaturgo Arthur Miller, un legame intellettuale che naufragò principalmente per le enormi differenze di carattere e il peso di aborti spontanei che aggravarono la sua depressione.

MARILYN MONROE: IL MISTERO SULLA SUA TRAGICA FINE

Il 4 agosto 1962 fu un giorno carico di tensione. Marilyn ricevette diverse telefonate e visite, tra cui quella della sua addetta stampa, Patricia Newcomb, che la descrisse come molto nervosa. Sul comodino, un flacone vuoto di Nembutal, un potente sonnifero. Il medico legale del dipartimento di polizia di Los Angeles, il dottor Thomas Noguchi, fu incaricato dell’autopsia.
Altre stranezze emersero dalla scena del crimine.

Secondo diverse ricostruzioni, Marilyn, sentendosi usata e scaricata da entrambi i Kennedy, avrebbe minacciato di convocare una conferenza stampa per rivelare i dettagli delle sue relazioni e altri segreti di Stato di cui era venuta a conoscenza, informazioni potenzialmente devastanti per la loro carriera politica.

In cosa consiste la tesi secondo cui l’omicidio collega la morte dell’attrice a quella, altrettanto misteriosa, della giornalista Dorothy Kilgallen, avvenuta tre anni dopo, nel novembre 1965?

Un’ulteriore, inquietante diramazione nelle teorie sull’omicidio di Marilyn Monroe è quella proposta dal giornalista e avvocato Mark Shaw. Nei suoi libri, tra cui Collateral Damage, Shaw non si limita a sostenere la tesi dell’omicidio, ma collega la morte dell’attrice a quella, altrettanto misteriosa, della giornalista Dorothy Kilgallen, avvenuta tre anni dopo, nel novembre 1965.

Quella cornetta del telefono, stretta per l’ultima volta, sembra ancora attendere una risposta che possa fare piena luce sulla fine di una donna la cui vita, e soprattutto la cui morte, si sono rivelate molto più complesse dell’immagine patinata consegnata allo schermo.

Approfondimento dell’appuntamento precedente: Caravaggio

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