Clicca per guardare il video
Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Approfondimento Stoico è a cura dello scrittore ed antifilosofo Michele Putrino e Beatrice Silenzi, direttore responsabile.
PARADISO E INFERNO DELLA VITA
Da millenni l’essere umano si interroga sulla natura delle due forze fondamentali che sembrano governare l’esistenza: il bene e il male.
Spesso, nella società contemporanea, tendiamo a ridurre queste due entità a mere idee astratte, concetti filosofici distanti o formulazioni etiche soggettive. Tuttavia, se osserviamo la realtà attraverso la lente dello stoicismo — una filosofia antica ma sorprendentemente attuale — scopriamo una verità molto più tangibile: il bene e il male non sono opinioni, ma forze concrete che viviamo e sperimentiamo ogni giorno sulla nostra pelle.
Oltre duemila anni fa. Cicerone, nel suo celebre testo De Finibus Bonorum et Malorum, indagava proprio queste essenze attraverso le scuole di pensiero dell’epoca. La conclusione, condivisa dalle dottrine più serie del mondo antico, è che queste due forze esistono realmente e operano con dinamiche opposte e ben definite.
Da una parte c’è una forza che tende a unire, a creare armonia e a costruire; dall’altra, una forza distruttiva che tende a scindere, a frammentare e a fare a pezzi la realtà.
Per comprendere cosa sia il “Bene” in ottica stoica, dobbiamo guardare a tutto ciò che crea legame. È una forza che agisce ogni volta che cerchiamo di costruire rapporti umani solidi, di fare squadra, di edificare qualcosa di positivo.
Non è un caso che, storicamente, l’esempio supremo del bene sia la musica. In molte tradizioni sapienziali, inclusa la mitologia ripresa da Tolkien nel Silmarillion, la creazione dell’universo avviene attraverso il canto.
Perché proprio la musica?
Perché essa è la definizione stessa di armonia.
La musica ha il potere di rompere il guscio dell’individualismo e di metterci in connessione con l’altro. Quando ascoltiamo un brano che amiamo, ci immedesimiamo talmente tanto da sentirci un tutt’uno con quelle note; ci innalziamo e proviamo una sensazione di benessere che trascende la semplice emozione momentanea.
Nello stoicismo, questa forza di coesione è chiamata Logos: è ciò che lega, ciò che crea l’unità divina. Dio, per gli stoici, non è un’entità distante, ma è Logos, è la connessione stessa tra tutte le cose.
Di conseguenza, il male è identificabile con tutto ciò che spezza questa armonia. Etimologicamente, il termine “diavolo” deriva dal greco diaballein, che significa proprio “separare”, “dividere”.
Il male è ciò che ci allontana dalla nostra vera natura, che è fatta per stare in comunione con i nostri simili e con il tutto. Quando ci distacchiamo da questa connessione, iniziamo inevitabilmente a “marcire” dentro, scivolando in una condizione di sofferenza esistenziale.
Spesso si abusa del termine “energia”, specialmente in contesti New Age, ma nello stoicismo questo concetto assume una concretezza disarmante. Quella che percepiamo come un’ondata di energia durante un concerto o in un momento di profonda empatia è la manifestazione del Logos.
Quando si crea un legame reale, l’energia circola e genera benessere condiviso.
Lo stoicismo cerca di rimettere ordine in questa confusione, riportando l’attenzione sull’esperienza diretta. Una delle grandi incomprensioni riguarda, ad esempio, la ricerca della felicità attraverso i beni materiali o l’attesa di una ricompensa nell’aldilà.
Gli stoici mantengono un atteggiamento estremamente pragmatico riguardo al “dopo la morte”: non negano né confermano, semplicemente ammettono di non sapere. Il loro focus è interamente sul “qui e ora”.
L’inferno e il paradiso non sono necessariamente luoghi che ci attendono dopo la fine dei giorni, ma stati dell’essere che possiamo vivere in questa vita. Possiamo trasformare la nostra esistenza in un inferno o in un paradiso a seconda di come ci rapportiamo al Logos.
La grande illusione moderna è che il benessere dipenda dal possesso.
Eppure, l’esperienza ci insegna che la ricchezza non è sinonimo di felicità.
Ci sono persone immensamente ricche che vivono un inferno interiore, cercando di stordirsi con alcol, droghe o acquisti compulsivi per non affrontare il vuoto che sentono.
Al contrario, esistono persone con scarse risorse materiali che, avendo trovato un equilibrio interiore, vivono in una condizione di “paradiso” terreno. Come sottolineava Seneca nel De Vita Beata, il sommo bene è la concordia dell’animo.
Le virtù risiedono dove c’è accordo e unità; la discordia, e quindi il male, sta coi vizi.
La Forza di Gravità Spirituale
Ma cosa significa cadere nel vizio? Non si tratta semplicemente di bere un bicchiere di vino, ma di perdere il controllo, di lasciare che sia l’oggetto a dominare noi e non viceversa.
Il vizio è una forma di schiavitù che ci isola, ci rende egoisti e spezza il legame con il tutto. È qui che il male agisce con la sua forza disgregante.
Una delle immagini più potenti emerse dal dialogo con Michele Putrino è quella del male inteso come “forza di gravità spirituale”.
Esattamente come la gravità fisica ci spinge costantemente verso il basso e ci costringe a uno sforzo muscolare per restare eretti, così esiste una gravità spirituale — fatta di vizi, paure, egoismo e inerzia — che cerca continuamente di trascinarci verso il basso, verso la disgregazione.
Questa forza sarà sempre presente. È un’illusione pensare di poter raggiungere uno stato in cui non dovremo più lottare. La vita è una resistenza continua. Le virtù cardinali dello stoicismo — prudenza, giustizia, fortezza e temperanza — non sono concetti astratti da studiare sui libri, ma sono i “muscoli dell’anima”.
Devono essere allenati quotidianamente per contrastare la gravità del male.
L’Allenamento alla Virtù
Se una persona rimane a letto immobile per mesi, i suoi muscoli si atrofizzano e la gravità vince, rendendo doloroso e difficile anche solo rialzarsi.
Lo stesso accade allo spirito. Se non esercitiamo le virtù, diventiamo deboli e il male ci trascina in basso senza sforzo. Quando decidiamo di rialzarci, di “tornare a camminare” sulla via del bene, proviamo dolore. È la fatica della riabilitazione spirituale.
Molti, di fronte a questa fatica, si arrabbiano con il mondo, con il destino o con gli altri, esattamente come un paziente potrebbe prendersela con il fisioterapista. Ma la verità è che non c’è altra via se non l’esercizio costante.
Bisogna accettare che ogni giorno è una piccola guerra per mantenere la posizione eretta dell’anima.
Tuttavia, c’è una buona notizia: con il tempo e la tenacia, ciò che all’inizio sembra uno sforzo immane diventa naturale. Proprio come non pensiamo costantemente allo sforzo di tenere la schiena dritta quando siamo in salute, così l’esercizio della virtù può diventare una seconda natura, permettendoci di restare in armonia con il Logos e di affrontare le tempeste della vita con serenità.
Non serve iniziare con imprese titaniche. Come in palestra non si sollevano subito carichi enormi, così nello stoicismo si parte dal poco: piccoli esercizi quotidiani di controllo, di gentilezza, di connessione con gli altri.
È attraverso questa pratica costante che costruiamo quella fortezza interiore capace di trasformare la nostra vita, indipendentemente dalle circostanze esterne, in un’esperienza di armonia e pienezza. Il bene e il male sono forze reali, ma sta a noi decidere quale delle due alimentare attraverso l’allenamento della nostra anima.
Il video pubblicato è di proprietà di (o concesso da terzi in uso a) FABBRICA DELLA COMUNICAZIONE.
E’ vietato scaricare, modificare e ridistribuire il video se non PREVIA autorizzazione scritta e richiesta a info@fcom.it.




