di GIORGIO PANDINI

Un futuro potenzialmente infinito, o un sonno costoso e senza garanzie?
Questa la promessa – o la scommessa – che spinge oltre 400 individui a iscriversi a una lista d’attesa per la crioconservazione post-mortem in Svizzera.
A Rafz, nel Cantone di Zurigo, l’azienda Tomorrow Biostasis sta aprendo la strada in Europa a una procedura medica che impiega temperature estremamente basse per arrestare ogni processo biologico nel corpo dopo il decesso.

L’ambizione dichiarata è quella di “riportare in vita” i pazienti, anche se la stessa società sommessamente ammette che “non è ancora possibile rianimare un essere umano dopo la crioconservazione”. L’assunto scientifico sottostante , però, è che “non esiste una ragione biologica fondamentale per cui la rianimazione non sia infine realizzabile”.
La sede dell’azienda è a Berlino, ma è nel piccolo villaggio svizzero di Rafz, un comune di circa 4 mila abitanti, che quattro salme sono già custodite in speciali celle immerse nell’azoto liquido, a una temperatura di meno 196 gradi Celsius.

Per poter accedere a questo esperimento pionieristico, il corpo del defunto deve essere raffreddato e sottoposto a compressioni toraciche, con somministrazione di ossigeno, entro un’ora dal decesso.
L’intento non è la resurrezione immediata, ma l’arresto della morte cellulare dell’organismo.
Un’ambulanza specializzata trasporta il corpo, mantenendo le funzioni vitali minime prima dell’immersione temporanea nel ghiaccio e, successivamente, nel serbatoio isolato con azoto liquido presso l’European Biostasis Foundation (EBF).

Il prezzo per questa audace impresa è considerevole: circa 200 mila euro per la conservazione dell’intero corpo.
È possibile anche la crioconservazione del solo cervello, con un costo di circa 60 mila euro, per coloro che contemplano un futuro senza la propria fisicità attuale.

Attualmente, la lista d’attesa per questa procedura è estesa, con quasi 5 mila persone che anelano a questa possibilità, e si aggiungono ai 377 corpi già sottoposti a crioconservazione a livello globale.

La sfida maggiore, però, resta il “post”. Come spiega il dottor Emil Kendziorra, fondatore di Tomorrow Biostasis nel 2019, al momento “non è ancora possibile rianimare un essere umano dopo che è stato crioconservato, e non è possibile sapere se e quando sarà possibile”. Tuttavia, Kendziorra sottolinea che “non esiste un limite di tempo in cui si può rimanere crioconservati senza degradazione”.
L’obiettivo finale, a lungo termine, è costruire un mondo in cui le persone possano scegliere quanto vivere, indipendentemente da origine o risorse economiche, sovvertendo il concetto stesso di fine della vita.

Questo crescente interesse per la crioconservazione, pur rappresentando un vertice dell’innovazione scientifica, solleva interrogativi profondi sulla mancanza di accettazione della morte nella società odierna.
In un’epoca che celebra il progresso e l’ottimizzazione in ogni ambito della vita, la mortalità rimane l’ultima frontiera inaccettabile.
La tecnologia promette soluzioni per quasi ogni problema, e l’idea di poter “hackerare” la morte, o almeno posporla indefinitamente, si inserisce perfettamente in questa mentalità.

Non si tratta solo di estendere la vita, ma di capire se la ricerca dell’immortalità, o di un suo surrogato, non sia anche il sintomo di una difficoltà culturale nel confrontarsi con la perdita, il dolore e il ciclo naturale dell’esistenza.
Questa corsa al “sonno” eterno potrebbe essere interpretazione di un desiderio profondo di sfuggire alla caducità, piuttosto che un sereno abbraccio della vita in tutte le sue fasi, compresa la sua conclusione.