di GIORGIO PANDINI

Quella che doveva essere la rivisitazione epica di un’antica traversata vichinga si è trasformata in tragedia, con la morte di Karla Dana, archeologa americana di 29 anni, dopo il capovolgimento della “Naddoddur”, fedele riproduzione di un’imbarcazione storica, al largo delle coste norvegesi.
La notizia di un naufragio di una nave vichinga che avviene nel 2024 porta con sé un’eco quasi surreale, un richiamo inaspettato a un passato lontano che, per un gruppo di avventurieri, si è rivelato fatale.

L’imbarcazione di dieci metri, spinta da remi e vele, era salpata dalle Isole Faroe sabato 24 agosto, diretta ad Ålesund in Norvegia.
A bordo, sei persone animate dal desiderio di replicare un viaggio che i Vichinghi avrebbero intrapreso oltre un millennio fa. Tra loro, Karla Dana, archeologa specializzata proprio nell’era vichinga e membro del prestigioso Explorers Club.

La spedizione ha incontrato difficoltà martedì, il quarto giorno di navigazione. Un primo mayday, lanciato intorno alle 17:45, non aveva evidenziato problemi imminenti all’arrivo di un elicottero di soccorso.
Tuttavia, poco dopo le 19:30, una seconda richiesta di soccorso, accompagnata dall’avvistamento di un razzo di emergenza, ha confermato la gravità della situazione. La “Naddoddur” si era rovesciata in un mare in tempesta, lasciando cinque membri dell’equipaggio su una scialuppa di salvataggio.

Le operazioni di ricerca, condotte, contro onde imponenti e venti forti per tutta la notte, da elicotteri e imbarcazioni di soccorso, hanno purtroppo confermato i timori più grandi: intorno alle 5 del mattino, i soccorritori hanno dichiarato vane le speranze di trovare sopravvissuti.

Il corpo di Karla Dana è stato rinvenuto poche ore dopo, intrappolato sotto l’imbarcazione rovesciata al largo di Stad.
In un post sul blog del gruppo, scritto pochi giorni prima di intraprendere la traversata, Dana aveva espresso un misto di entusiasmo e consapevolezza del pericolo: “È difficile evitare che l’eccitazione si trasformi in paura quando si vedono le onde sballottare con disinvoltura le enormi barche di oggi come fossero giocattoli. Ma c’è una bellezza selvaggia nel Mare del Nord, un richiamo alla forza della natura, e mi sento incredibilmente fortunata a far parte di questa avventura”.
Parole che, alla luce degli eventi, assumono un tono profondamente malinconico.

La Società Norvegese di Salvataggio Marittimo (NSSR) ha diffuso un video che testimonia le condizioni meteorologiche estreme in cui si è verificato l’incidente. Sebbene la “Naddoddur” fosse stata pubblicizzata come una replica fedele delle navi vichinghe, Bergur Jacobsen, presidente del club nautico che porta lo stesso nome del natante, ha chiarito che si trattava in realtà di un peschereccio delle Faroe senza motore, adattato a vela.
L’imbarcazione aveva comunque già partecipato a precedenti viaggi rievocativi in Islanda, nelle isole Shetland e in Norvegia.

Il Dipartimento di Stato americano ha confermato il decesso della cittadina statunitense, mentre la polizia norvegese ha avviato un’indagine per chiarire le dinamiche dell’accaduto.
La tragica fine di questa avventura sottolinea i pericoli intrinseci del Mare del Nord e la forza indomita di una natura che, ancora oggi, può avere la meglio anche sulle imprese più audaci.