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La rubrica L’Altra Domenica è a cura dello scrittrice e giornalista Enrica Perucchietti e Beatrice Silenzi, direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.
Il tramonto di Schwab, l’ascesa di Fink e Hoffmann: il World Economic Forum mostra il suo vero volto…
Il World Economic Forum volta pagina, senza nascondersi dietro alibi né narrazioni rassicuranti.
Il 31 luglio 2025 Klaus Schwab ha lasciato la guida del Forum di Davos, dopo oltre 50 anni come volto e anima dell’organizzazione. In aprile, alcune denunce – tra cui l’uso di fondi del WEF per servizi personali, manipolazione di report geopolitici e decorazioni di prestigio come il Nobel – avevano accelerato la sua uscita anticipata.
Ne è seguita un’indagine interna affidata agli studi legali Homburger e Covington & Burling, che ha stabilito l’assenza di “material wrongdoing” da parte di Schwab e di sua moglie Hilde, parlando di “irregolarità minori” riconducibili a un eccesso di impegno inteso più come dedizione personale che come malaffare. Contestualmente, il presidente ad interim Peter Brabeck‑Letmathe, già CEO della Nestlé e alleato storico di Schwab, si è dimesso denunciando un ambiente di lavoro definito come “tossico”.
Nel corso di quel 15 agosto 2025, la governance del WEF ha nominato Larry Fink, CEO di BlackRock, e André Hoffmann, vice-presidente di Roche Holding, come co-presidenti ad interim del Forum. Un doppio cambio di ritmo e di stile, che non interrompe la continuità dell’élite mondiale, ma ne ridefinisce la facciata: ora il Forum mette in campo i volti più espliciti della finanza globale e Big Pharma.
Il significato politico dell’avvicendamento non sfugge agli osservatori: il passaggio da un carismatico fondatore paternalista a due manager iconici di settori chiave (asset management e settore farmaceutico) rivela la natura istituzionale e operativa di Davos. Secondo il comunicato ufficiale del WEF, la nuova fase segna la transizione verso un “International Organization for Public-Private Cooperation”, con l’obiettivo di consolidare governance più solide e impatti reali nella cooperazione globale.
BlackRock un potere invisibile dalla finanza al potere globale
Il peso economico e, potenzialmente, politico di BlackRock è immenso: gestire capitali equivalenti al PIL di grandi nazioni, permette all’azienda di influenzare caratteristiche di mercato, transizioni energetiche, politiche pubbliche e persino equilibri geopolitici — l’esempio dell’Italia, con decine di miliardi investiti in partner strategici come Intesa Sanpaolo, Eni, Unicredit, Mediaset e Atlantia, ne sono una chiara evidenza.
Roche e l’industria farmaceutica al centro della governance globale
Accanto al potere della finanza, il ruolo dell’industria farmaceutica emerge oggi in tutta la sua centralità. André Hoffmann, erede della dinastia Roche, entra nella governance del WEF proprio in un momento storico in cui Big Pharma ha rafforzato il suo ruolo su scala globale attraverso la pandemia, condizionando modelli sanitari e politiche pubbliche.
La sua nomina sembra voler sancire una nuova normalità: i temi della salute – dai vaccini all’innovazione biotech – entrano a pieno titolo nel cuore del governo globale non-elettivo.
Se Schwab era il carismatico volto del “Great Reset”, l’idea di un governo globale condotto da un’alleanza tra istituzioni pubbliche e potenze private, Fink e Hoffmann incarnano oggi il nucleo operativo di quel disegno tecnocratico. Il progetto non è archiviato, ma si evolve in un nuovo capitolo, più istituzionalizzato e privo di maschere: il capitale comanda con evidenza.
Le implicazioni geo-politiche e sociali sono concrete: un governo non rappresentativo, orizzontale, gestito da fondi, aziende farmaceutiche, think tank e università, che trascura gli Stati-nazione e agisce su scala planetaria. Resta da scrivere solo quale sarà la prossima sede “operativa” del Forum — in ballo c’è anche il soft power svizzero — ma il progetto globale rimane.
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