;

Clicca per guardare il video

Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Riccardo Magnani.

Nel cuore della Valtellina, a Teglio, sorge Palazzo Besta, uno dei più affascinanti edifici rinascimentali lombardi.
È qui che ha avuto origine un’indagine storica, artistica e culturale che ha messo in discussione alcuni dei pilastri della narrazione ufficiale dell’Occidente.
A partire dagli affreschi della “Sala della Creazione”, con una rappresentazione anacronistica della Terra — dove compaiono l’America del Nord e del Sud, e persino l’Antartide priva di ghiacci — si è aperta una riflessione profonda: come potevano questi elementi figurare in una rappresentazione datata al 1459, cioè trentatré anni prima della scoperta ufficiale dell’America?

Questa domanda ha dato inizio a un viaggio di ricerca lungo quasi due decenni, in cui si sono intrecciati i nomi di Leonardo da Vinci, Alessandro Manzoni, Giangiacomo de’ Medici detto il Medeghino, e perfino Papa Pio IV.
Al centro della scena, un territorio spesso marginalizzato nei racconti storici ufficiali: la Valtellina.

Uno degli elementi più controversi riguarda il possibile legame tra Leonardo da Vinci e Palazzo Besta.
L’ipotesi, inizialmente accolta con scetticismo e derisione da parte di ambienti accademici e del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), prende le mosse dall’analisi dei paesaggi leonardeschi.
In particolare, nel dipinto “San Giovanni Battista”, il paesaggio sullo sfondo riprenderebbe un punto specifico del Lario lecchese: la rocca di Parè, o di San Dionigi, strategicamente collocata su un promontorio che guarda il ramo di Lecco del Lago di Como.

Questo elemento non è un dettaglio trascurabile: Leonardo ha sempre inserito nei suoi sfondi paesaggi realmente esistenti, e se la Rocca di Parè figura in un’opera come quella, vuol dire che l’artista frequentava o comunque conosceva in profondità il territorio.

A questo punto, l’ipotesi si fa più ardita ma al contempo affascinante: Palazzo Besta sarebbe stato uno dei luoghi scelti dagli intellettuali fiorentini per salvare una serie di conoscenze antiche — in particolare legate al mondo pagano, neoplatonico e geografico — dalla repressione della Chiesa e dei tribunali inquisitori, spagnoli e tedeschi inclusi.
Una sorta di “arca del sapere” nascosta tra le Alpi, protetta dalla discrezione e dalla marginalità geografica.

Non è casuale, sostiene lo studioso, che la decorazione della Sala della Creazione presenti contenuti così avanzati e “pericolosi”, né che in essa sia raffigurato un mondo anacronisticamente preciso e aggiornato a conoscenze geografiche che — ufficialmente — sarebbero state acquisite solo decenni dopo.

Nel corso di questi studi, le critiche non sono mancate. Il CICAP è stato tra i principali oppositori delle ipotesi presentate, tacciandole di pseudo-storia. Ma la reazione dell’autore è stata ferma: “Non ho fatto niente di diverso da quello che viene fatto quotidianamente da una pletora di studiosi improvvisati che sparano le più grandi castronerie su Leonardo”.

Secondo il ricercatore, il problema del CICAP non è tanto la difesa della razionalità scientifica, quanto una forma di controllo dell’informazione che rischia di somigliare, per modalità e intenti, a un’inquisizione moderna.
Il fatto che alcuni membri noti del comitato — tra cui il divulgatore Alberto Angela — si siano espressi negativamente senza approfondire realmente i contenuti dei lavori contestati rafforza, a suo dire, questa impressione.

Uno dei capitoli più sconcertanti dell’indagine riguarda la vera storia della scoperta dell’America. La narrazione tradizionale attribuisce la scoperta a Cristoforo Colombo nel 1492, mentre il nome “America” deriverebbe dal navigatore fiorentino Amerigo Vespucci.
Gli elementi documentali e le connessioni genealogiche e politiche analizzate sembrano raccontare tutt’altra storia.

Amerigo Vespucci, lungi dall’essere un esploratore, era in realtà un impresario navale, impegnato nella logistica e nel commercio per conto degli artigiani fiorentini.
I suoi viaggi verso le Americhe avvennero da passeggero, non da esploratore, e furono tre in totale. Eppure, fu lui a presiedere la *Casa de la Contratación* di Siviglia, l’ente spagnolo deputato alla produzione e aggiornamento delle mappe del mondo conosciuto.

Questa istituzione aveva un obiettivo preciso: riscrivere la geografia mondiale basandosi esclusivamente sui viaggi compiuti dagli spagnoli. Tutto il resto doveva essere rimosso o considerato irrilevante.
È così che le mappe come quelle presenti a Palazzo Besta vennero bollate come “copie” tarde, anziché documenti originali di una conoscenza preesistente.

Un ulteriore colpo di scena è l’ipotesi secondo cui Cristoforo Colombo non sarebbe mai esistito come persona storica, ma sarebbe stato una costruzione politica e simbolica utile per legittimare la rivendicazione territoriale spagnola nei confronti delle Americhe.
Lo scontro geopolitico dell’epoca — che vedeva contrapposti i Medici, gli Sforza, i D’Este e il re ungherese Mattia Corvino da un lato, e la Chiesa cattolica con il supporto di spagnoli, tedeschi, portoghesi e del Regno di Napoli dall’altro — richiedeva un simbolo, un nome da opporre alle pretese italiane.

La “congiura dei Pazzi” del 1478, secondo questa lettura, sarebbe stata orchestrata proprio per strappare ai Medici il controllo di Firenze e delle finanze legate ai traffici con il Nuovo Mondo.
In cambio, si sarebbe assegnato il primato della scoperta all’area ispanico-vaticana, costruendo così una narrazione storica compatta, coerente ma completamente falsata.

Nel cuore di questa ricostruzione troviamo anche la figura di Gian Giacomo de’ Medici, detto il Medeghino. Pirata, mercenario, alleato degli Sforza e uomo chiave per il controllo del Lago di Como e della Valtellina, il Medeghino rappresentava un anello fondamentale della catena di potere.

Ma ancora più sorprendente è la storia del fratello del Medeghino: Giovanni Angelo de’ Medici. Ordinato sacerdote a Mazzo in Valtellina nel 1528, divenne in breve tempo Papa Pio IV, uno dei pontefici più influenti della Controriforma.
Fu lui a stilare la prima versione dell’*Index Librorum Prohibitorum*, l’elenco dei libri proibiti, e ad avallare una serie di azioni volte a “ripulire” il panorama culturale da tracce scomode di conoscenze non allineate con la dottrina ufficiale.

Non solo: al Medeghino vennero conferiti il marchesato di Melegnano e il diritto di utilizzare l’emblema mediceo con le sei palle e il giglio di Francia, segno tangibile del riconoscimento ufficiale da parte del ramo “legittimo” della famiglia.

L’intera vicenda si chiude con il ruolo chiave della Valtellina nella politica imperiale di Carlo V d’Asburgo.
Il suo sogno — un impero universale, cattolico, con un unico esercito di mercenari — necessitava di un passaggio strategico tra le Alpi: proprio la Valtellina. Collegamento naturale tra l’Europa orientale e quella occidentale, era l’unico varco accessibile per bypassare la Francia e la Svizzera.

Carlo V appoggiò il Medeghino e suo fratello proprio per assicurarsi il controllo del territorio. In cambio, offrì titoli, privilegi e legittimazioni dinastiche.
La mappa geopolitica che ne derivò rappresenta un’anticipazione concettuale di quella che oggi potremmo considerare l’Unione Europea: un impero senza confini interni, governato da un’autorità centrale e fondato su valori “universali” (allora religiosi, oggi economici).

La ricerca parte da un dettaglio pittorico e arriva a mettere in discussione l’intera struttura della storia occidentale così come la conosciamo. Le connessioni tra arte, geografia, religione e potere risultano profonde e sistemiche.
Le mappe, i nomi, i personaggi — da Leonardo a Manzoni, da Vespucci a Colombo, da Carlo V ai papi — si dispongono su una scacchiera dove la verità non è quella che viene raccontata nei manuali scolastici.

A distanza di secoli, la Valtellina diventa il simbolo di una conoscenza salvata dall’oblio, un luogo dove le tracce del passato chiedono di essere ascoltate senza pregiudizi ideologici.
Forse, come scriveva Manzoni, “la storia si può anche falsare; ma il vero, prima o poi, torna a galla.”

Per approfondire:

https://www.fcom.it/extraterrestri-o-corpi-sottili-di-luce-palazzo-besta-teglio-riccardo-magnani/

Il video pubblicato è di proprietà di (o concesso da terzi in uso a) FABBRICA DELLA COMUNICAZIONE.
E’ vietato scaricare, modificare e ridistribuire il video se non PREVIA autorizzazione scritta e richiesta a info@fcom.it.