di GIORGIO PANDINI

“Possiamo creare modelli simili a embrioni umani riprogrammando le cellule (staminali embrionali)”, con questa dichiarazione della biologa Magdalena Żernicka-Goetz, dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology è stato annunciato pochi giorni fa un nuovo progresso scientifico rivoluzionario.

La notizia è stata riportata dal Guardian e, come di consueto, ci si è affrettati a fornire, a corredo, nobili intenti e rassicurazioni per smorzare le inevitabili perplessità di carattere etico e legale, che sempre accompagnano questo tipo di proclami.

Ma di cosa si tratta esattamente?

La motivazione dichiarata, che ha portato a questo risultato, è la possibilità di studiare lo sviluppo embrionale umano per effettuare una diagnosi precoce relativa ad eventuali malattie genetiche, nonché a capire i meccanismi biologici che causano aborti spontanei.

Gli studiosi inoltre sostengono che gli embrioni non possano essere impiantati in alcun modo in un utero umano, o meglio, l’impianto di queste cellule nelle femmine di topi non ha portato allo sviluppo di animali vivi, mentre nelle scimmie ha generato segni di gravidanze che però si sono interrotte dopo pochi giorni.

Tralasciando il fatto (comunque rilevante), che già queste affermazioni sulla sperimentazione animale sollevano ben più di un problema etico, la coltivazione di questi embrioni dovrebbe garantire agli studiosi l’esame dello sviluppo embrionale oltre i 14 giorni imposti dalla legge.

Limite per cui finora ci si è sempre affidati necessariamente all’osservazione dei dati delle gravidanze naturali oppure allo studio di feti donati per la ricerca.

Insomma, una sorta di modello quasi identico a quello umano e che raggiunge uno sviluppo superiore al limite legale fino a raggiungere lo stadio della gastrulazione, in cui l’embrione inizia a mostrare allineamenti cellulari precursori della formazione delle linee strutturali del corpo.

Gli studiosi hanno aggiunto che tali embrioni non presentano segni di sviluppo relativi ad organi importanti come cuore, cervello e intestino, sono però presenti cellule primordiali, precursori di ovuli e spermatozoi.

In sintesi, a dispetto del sensazionalismo dell’annuncio, siamo ancora apparentemente lontani dalla creazione di un individuo in vitro.

Tuttavia sarebbe opportuno ed urgente porre sul tavolo maggiore attenzione alle questioni etiche che questo studio ed il processo che ha portato a questo risultato comportano. 

Inoltre si dovrebbe considerare il fatto che, come sovente accade, le innovazioni scientifiche, così come quelle tecnologiche evidenziano una diversa velocità rispetto alla legislazione vigente a riguardo, che richiede un’implementazione specifica ed una maggiore rigidità.

Date le premesse, entrambe risultano essere non solo auspicabili ma anche strettamente necessarie.