di GIORGIO PANDINI

È iniziato finalmente il conclave che porterà all’elezione del Pontefice numero 267 della storia della chiesa cattolica.
133 i cardinali chiamati alla votazione in un luogo sacro, con la meravigliosa cornice della Cappella Sistina. Due fumate giornaliere, fatta salva una rapida conclusione positiva evidenziata da quel fumo bianco dal camino di Piazza San Pietro, con fedeli esultanti in attesa e giornalisti accalcati e speranzosi fino all’annuncio ufficiale.

Da ciò che si apprende, però, siamo ancora in alto mare, anche se il cardinale Pietro Parolin, attuale segretario di Stato, parte favorito e i bookmaker si spingono anche ad una stima di voti su cui può contare: una cinquantina in tutto, ovvero, molti, ma non abbastanza per essere eletto immediatamente.
D’altra parte è noto il celebre adagio che chi entra Papa in conclave, ne esce cardinale (un po’ come accade nei festival a proposito del Vincitore dichiarato, prima che si alzi il sipario!).

Quando un Pontefice muore, poi, c’è sempre chi va a consultare le profezie.

Quelle di Malachia O’Morgair, monaco irlandese e arcivescovo di Armagh, sono sempre in pole. Di lui si sa pochissimo. Pare sia vissuto tra il 1094 e il 1148, il suo presunto libro “Profetia Summis Pontifices” venne riscoperto circa 450 anni dopo la sua morte, come aggiunta ad un’altra opera del monaco Arnoldo Wion.

Wion scrive: “San Malachia morì il 2 novembre 1148. Noi possediamo tre lettere di San Bernardo a lui indirizzate, le epistole CCCXIII, CCCXVI e CCCXVII. Si crede che egli abbia scritto pure qualche opuscolo. Ma di lui non conosco che una certa profezia sui Sovrani Pontefici. Siccome questo scritto è breve e, a quanto pare non è stato ancora stampato, lo riproduco qui per rispondere al desiderio di parecchi”.

Il testo, come tutti sanno, è un elenco di 111 papi ognuno dei quali definito da un breve motto in latino che dovrebbe metterne in evidenza il nome o il simbolo, il luogo di provenienza o qualcosa che sia distintivo della sua persona o del suo papato. Al termine dell’elenco, nel testo è presente una frase che identifica l’ultimo: “Nella persecuzione estrema, il trono della Santa Romana Chiesa verrà occupato da Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte sofferenze, finite le quali la città dei sette colli verrà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il proprio popolo. Fine (o Amen)”.

Inutile dire che i neo millenaristi, con un misto di timore ed eccitazione, guardano con una certa concupiscenza all’ipotesi Parolin, che si chiama proprio Pietro ed è anche italiano, quindi “romano”, e che calzerebbe alla perfezione con l’ultimo motto da fine dei tempi di Malachia.

Ma al di là delle profezie, previsioni possono esser fatte da chiunque.
Leggera è quella dei sempre-esperti profeti social, tuttologi che da anni riempiono di meme i nostri smartphone.
Scopriamo che i Simpson – che già in passato hanno centrato i pronostici della vittoria di Trump e di Obama, alle presidenziali USA – hanno indicato il cardinale con la bandiera delle Filippine e la scritta 2025, come “NewPope”. Si tratta dell’arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, che infatti viene accreditato come “papabile” con buone chances.

I vaticanisti ci mettono in guardia anche dall’outsider Pizzaballa (omonimo del portiere delle figurine Panini), cardinale bergamasco che di nome fa Pierbattista, il quale ha speso molta della sua vita in Terra Santa, diventando voce autorevole anche per ebrei e musulmani. Egli in maniera clamorosa, poco tempo fa, si era proposto come ostaggio al posto dei bambini israeliani rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023 ricevendo l’attenzione dei Media di tutto il mondo.
La sua giovane età, solo 60 anni, lo porrebbe fuori dai giochi, almeno per quanto riguarda questo conclave (sarebbe un Pontificato troppo, troppo lungo…!)

E quindi? Attendiamo.
Come chi per fede o per curiosità sta a guardare che si spalanchino le finestre sul balconcino affacciato su Piazza San Pietro per il solenne “nuntio vobis gaudium magnum” di rito. Centinaia di puntini colorati raggruppati nell’abbraccio del colonnato del Bernini, ad osservare un rito che si ripete uguale da secoli e che esercita, piaccia o meno, solennità, fascinazione o pura curiosità, con buona pace di profeti e imbonitori, di arrabbiati e credenti.

A latere, ritorna sulle piattaforme, anche il film “Conclave”, del 2024, di Edward Berger, tratto dal romanzo di Robert Harris.
Ispirato, sul finale, alla storia della Papessa Giovanna – già portata sullo schermo da Sönke Wortmann nel 2009, con il titolo “La papessa” – ovvero unico caso di papa donna che  divenne Giovanni VIII (855-857), la pellicola sembra essere uscita dalla mente di Sorrentino, tanto certe scelte stilistiche appaiono simili.

Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini, un cast importante, otto nomination agli Oscar, ma solo una statuetta vinta. Un film noioso.
Un film che Angelus, settimanale dell’Arcidiocesi di Los Angeles, pur elogiando l’interpretazione degli attori ha bollato così: “Il problema non è che il film sia pieno di pregiudizio contro la Chiesa cattolica, ma che sia un film scadente. E il discorso cruciale di Benitez è così pieno di banalità che sembra scritto con ChatGPT”.