“Chi sa, forse, tace?
Tanti sanno, ma non provano alcuno sprone a parlare, né vergogna a tacere.
Bocche cucite ovunque.
A ben osservare, casi di persone scomparse se ne sono verificati a migliaia nella storia poco accorta della nostra Repubblica.
Ma questa è un’altra storia, vi è un intrigo, probabilmente, che passa il testimone da una sponda all’altra del Tevere.
Da un ambito di potere all’altro.
I media e i loro giochi di ombre hanno mostrato figure della malavita, di banchieri e banche, di tonache, di un turco, Ali Ağca, che tentava ogni utilità dall’orrendo delitto.”

Questa la prefazione del libro di Anna Franceschi, di Rosario Priore, mentre la postfazione è di Franco Fracassi.

L’autrice, intervistata da Beatrice Silenzi – Giornalista – è una poliziotta romana che ha fatto centinaia di indagini criminali, esperta di criminalità organizzata, instancabile esploratrice di archivi.

Si è appassionata da anni al caso Orlandi, le straordinarie esperienze vissute le hanno dato quella capacità, che si acquisisce nel lavoro quotidiano, di riconoscere l’essenziale.

Il congegno della fiction è semplice ed efficace, dal romanzo all’inchiesta, la Franceschi spiega le motivazioni del rapimento e Fracassi, curatore della postfazione, esprime il suo parere al riguardo, mutuandolo dall’intervista realizzata con Carlo Calvi, figlio di Roberto, morto “suicida”.

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