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La rubrica Il Punto di Vista è a cura dello scrittore e giornalista Max del Papa e Beatrice Silenzi, direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.
Italia in Stallo: Tra Proteste, Politica Spettacolare e la Crisi della Democrazia
Un weekend di “guerriglia” urbana, con scioperi e blocchi che paralizzano le città, diventa il simbolo di una nazione in stallo. Milano, con la sua cittadella universitaria di Città Studi presidiata e militarizzata, riflette un malessere diffuso che non trova risposte adeguate.
La rabbia dei cittadini è palpabile, ma i problemi non si limitano alle proteste. L’Italia, e in particolare le Marche, affronta da decenni questioni strutturali irrisolte.
Le alluvioni che colpiscono Porto San Giorgio ad ogni temporale sono un esempio lampante di una gestione del territorio deficitaria, ignorata attraverso giunte e promesse vane.
La Disillusione del Voto e i “Giochi di Palazzo”
Le recenti elezioni regionali nelle Marche, che hanno riconfermato il presidente Acquaroli, sono un altro sintomo della crisi democratica. L’esito, a detta dell’intervistato, era scontato, con un candidato avversario, Ricci, percepito come impopolare e “spocchioso”.
La narrazione post-elettorale, che ha trasformato una vittoria schiacciante della destra in un “trionfo” per la sinistra (nonostante uno scarto di quasi nove punti), dimostra come la realtà sia spesso piegata alla narrazione. “È difficilissimo difendere la realtà,” si constata, in un’epoca in cui le opinioni sembrano prevalere sui fatti.
Eppure, il dato più preoccupante è l’astensionismo: uno su due marchigiani non ha votato. Questo non è qualunquismo, ma la conseguenza di una profonda disillusione. La politica è percepita come autoreferenziale, ossessionata da “consultazioni del secolo” e “significati epocali” che non toccano la vita reale delle persone.
La critica si estende al governo, accusato di inazione sulla sicurezza e di morbidezza di fronte a sindacati come l’USB che, con una rappresentanza minima, riescono a “prendere in ostaggio un paese intero”. Il blocco quotidiano delle attività, la paralisi economica e l’assenza di produzione vengono affrontati con un “governo che alza le braccia”.
“Se sei dentro, ti becchi tutti i benefici,” si sottolinea, denunciando un sistema coeso, una “cosca” o un “club” dove le affinità politiche svaniscono di fronte all’appartenenza al sistema stesso.
La disaffezione dei cittadini è il risultato di questa percepita ipocrisia. I movimenti “rivoluzionari” che si candidano per sbaragliare il sistema, finiscono per “infilarsi” al suo interno, come accaduto anche durante la pandemia, quando la nobile battaglia per la libertà di scelta sul vaccino fu strumentalizzata per fondare partiti e movimenti che finirono per integrarsi.
La Politica delle “Faccette” e la Pornografia dell’Informazione
La politica contemporanea è descritta come “immatura, infantile e indisponente”, ridotta a “faccette” e “manga giapponesi”. Meloni, Schlein, Salis, Albanese: tutti utilizzano lo stesso codice comunicativo, privo di contenuto e basato sull’apparenza.
L’informazione stessa è accusata di scadere nella “pornografia”.
La politica è diventata un “bene rifugio”, un’opportunità per pochi, mentre la gente è stufa di essere “criminalizzata” per la propria disaffezione. Il messaggio è chiaro: la popolazione non è stanca della politica in sé, ma della sua “mancanza”, dell’assenza di contenuti, della politica “gosippara” e delle “faccette”.
Il Monito di Enzo Tortora: Una Piaga che Non si Rimargina
Il ricordo di Enzo Tortora emerge come un monito tragico. La sua vicenda giudiziaria, che lo vide distrutto da una campagna mediatica e giudiziaria infondata, è l’emblema di una “piaga italiana che non si rimarginerà mai”.
Tortora, un uomo innocente e integerrimo, fu logorato dal dolore di essere frainteso e perseguitato dallo Stato.
La sua morte, causata dalla macchina giudiziaria e da una stampa superficiale, è una ferita aperta: “nessuno ha pagato,” né i magistrati che hanno fatto carriera, né i giornalisti che hanno “sciacallato”.
La lezione più amara è che il sacrificio di Tortora “non è servito assolutamente a niente”, anzi, ha peggiorato le cose, trasformando ogni mascalzone in un “perseguitato” come lui.
In una democrazia in cui “si ha paura della magistratura”, non si può più parlare di democrazia, ma di regime totalitario. Il ricordo di Tortora e della sua tomba con la scritta “perché non sia un’illusione” è un invito a riflettere su un sistema che continua a fallire, a dispetto della dignità e del coraggio di chi, come lui, ha pagato il prezzo più alto.
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