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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Paolo Borgognone. 

Il 16 febbraio è morto il dissidente russo Aleksej Navalny.

Mentre sui Media mainstream occidentali la figura di Navalny viene dipinta come quella di un eroe russo, con Paolo Borgognone cerchiamo di fare chiarezza e di capirne meglio tratti, analizzando in profondità le caratteristiche del suo impegno politico.
Accusato dalle autorità russe di agire per conto della Cia, era davvero il principale oppositore del presidente Vladimir Putin?

L’uomo, detenuto nel carcere di massima sicurezza dove stava scontando una pena di 19 anni, si era formato all’università statunitense Yale, mentre il suo movimento, Alternativa democratica è uno dei beneficiari della National Endowment for Democracy, fondazione che finanzia organizzazioni in oltre molti Paesi del mondo, “far avanzare la democrazia”.

Il nome di Vladimir Putin, quale colpevole della morte di Navalny è stato fatto fin dal primo istante, in una correlazione (senza alcuna prova sulle cause, né autopsia) di cui hanno parlato politici italiani e stranieri.

Il presidente statunitense Joe Biden ha dichiarato: “Putin è responsabile. Quello che è successo è un’ulteriore prova della brutalità di Putin. Nessuno dovrebbe lasciarsi ingannare”. Analogo discorso è stato fatto dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, da quello dell’Ucraina Volodymyr Zelensky e dal francese Emmanuel Macron.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a nome del Governo italiano, ha sottolineato che “la morte di Aleksej Navalny, durante la sua detenzione, è un’altra triste pagina che ammonisce la comunità internazionale. Esprimiamo il nostro sentito cordoglio e ci auguriamo che su questo inquietante evento venga fatta piena chiarezza”.

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