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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura di Giorgio Pandini – musicista e blogger.
Alto cinque piedi e mezzo, statura da dragone, viso lungo e pallido, inconfondibile naso grande, occhi d’aquila, capelli neri e ricciuti e lunghi fino alle spalle.
Agli angoli della bocca due rughe che hanno la forma delle F di un contrabbasso. La sua fisionomia pareva appartenere più al regno delle ombre che a quello dei viventi.
Egli reca i segni del genio, del dolore e dell’inferno. Così era descritto dai contemporanei impressionati dalla sua figura e dalla sua aura leggendaria.
Parlo di Niccolò Paganini
Paganini nasce a Genova il 27 ottobre del 1782 da una famiglia di origini modeste, ma il padre appassionato di musica vuole che il figlio impari a suonare uno strumento e Niccolò viene quindi mandato inizialmente a lezione di mandolino e successivamente viene indirizzato sempre dal padre Antonio su quello che sarà il suo strumento principale, il violino.
Il suo talento deve essere davvero straordinario perché già a 12 anni si esibiva durante le funzioni ufficiali nelle chiese della città e l’anno successivo fece un’esibizione al Teatro di Sant’Agostino molto apprezzata dal pubblico.
Nel 1796, dopo aver rischiato la vita per un’epidemia di morbillo che invece fu fatale per la sorella Angela, Niccolò fu mandato a Parma dal padre per proseguire gli studi musicali, qui ricevette in dono da un ammiratore un violino Guarneri del Gesù, al tempo considerato di minor pregio rispetto ai già celebri Stradivari.
Purtroppo a causa di una grave polmonite che indebolì ulteriormente la sua già fragile costituzione fisica, Paganini dovette ritornare a Genova per trascorrere un periodo di riposo che non gli impedì però di trascorrere ore di studio sullo strumento.
Dopo essersi ripreso il musicista inizia l’attività concertistica e la sua prodigiosa abilità con il violino lo rende famoso in tutta Italia, nel 1800 è in Toscana a Livorno dove entra in possesso dello strumento che lo accompagnerà per tutta la vita, si tratta del “Cannone” violino gemello del Guarneri ricevuto in dono a Parma e che si dice Paganini abbia perso al gioco.
L’anno successivo, a soli 19 anni, interrompe le sue esibizioni e si dedica principalmente alla composizione di sonate e concerti per violino e per chitarra, strumento che ha iniziato da poco a studiare e di cui diventa in breve tempo un virtuoso, cosa che gli permetterà di trasportare sul violino anche alcune tecniche di pizzicato apprese sulla sei corde.
Dopo questo ritiro dalle scene, Paganini riappare prima a Genova e poi a Lucca dove accetta l’offerta per il posto di primo violino solista alla corte della sorella di Napoleone, Elisa Bonaparte Baciocchi, principessa di Lucca e Piombino.
Risale invece al 1808 un’apparizione ufficiale di Paganini in qualità di massone quando dirige una sua composizione per una cerimonia di affiliazione tra il Grande Oriente d’Italia e il Grande Oriente di Francia, si tratta di un inno massonico scritto sul testo dello scrittore cremonese Vincenzo Lancetti.
Nel 1809 Elisa Bonaparte viene nominata granduchessa di Toscana e si trasferisce con la corte a Firenze, Paganini la segue ma dopo poco abbandona l’incarico per “un banale incidente” e non vorrà più avere alcun contatto con Elisa.
Di questo presunto incidente non si sa nulla di preciso, naturalmente dove c’è un mistero fioriscono le più disparate teorie, tra cui quella di una liaison finita male tra il musicista e la principessa affascinata dalla sua musica.
Il successo documentato che Paganini aveva con le donne lo porta però nel 1814 ad una vicenda giudiziaria scabrosa: il musicista tra i carrugi di Genova incontra e si invaghisce di una ragazza poco più che ventenne, i due si fidanzano ufficialmente con l’assenso dei genitori di lei e con la scusa che la notizia dell’unione non diventi pettegolezzo di dominio pubblico, ma più probabilmente perché Paganini non voleva turbare le sue numerose amanti, la ragazza viene convinta a trasferirsi a Parma con la benedizione del futuro suocero.
Dopo tre mesi di convivenza però, la giovane si accorge di essere incinta e questo scatena il putiferio: come in una commedia teatrale Niccolò di trasferisce a Milano mentre lei parte per la casa della sorella dove Paganini a promesso di raggiungerla.
Si presenta invece il padre della ragazza che dopo aver capito la situazione denuncia il musicista per “mancata promessa di matrimonio”, “rapimento e violenza di una minorenne” e “tentativo di procurato aborto” accusandolo di averle fatto ingerire una sostanza tossica.
Quando Paganini ritorna in città viene quindi arrestato e incarcerato per diversi giorni nella torre grimaldina di Palazzo Ducale fino alla data del processo durante il quale si difende strenuamente dalle accuse di rapimento e violenza e viene rimesso in libertà dopo aver promesso di ottemperare all’impegno matrimoniale e soprattutto dopo l’accordo per una cauzione mensile di 1200 lire per il mantenimento del nascituro.
La vicenda però non si chiude qui perché la ragazza darà alla luce una bimba senza vita e Paganini si riterrà libero dal vincolo di mantenimento e denuncerà a sua volta il padre di lei per calunnia in una causa che andrà per le lunghe.
Nel frattempo però Niccolò gira l’Europa mietendo successi ovunque e dando avvio alla leggenda che lo seguirà per tutta la vita e anche dopo la sua morte.
Paganini infatti era solito stupire il pubblico oltre che con il suo incredibile virtuosismo, anche con degli effetti speciali sia sonori che squisitamente di spettacolo come rompere, pare intenzionalmente, tutte le corde del violino durante il concerto per terminare poi l’esibizione con una corda sola senza smettere di suonare.
La sua prodigiosa abilità sullo strumento ed il suo aspetto funereo diedero avvio alle chiacchiere circa un suo presunto patto con il diavolo da parte del pubblico, suggestionati forse anche dai racconti sui vampiri che iniziavano allora a circolare tanto che in alcuni resoconti qualcuno giurava di aver visto Lucifero in persona guidare l’archetto di Paganini alle sue spalle.
In realtà il virtuoso era stimato dai musicisti dell’epoca anche per le sue doti di compositore, e strinse amicizia in particolare con Gioachino Rossini e con Louis Spohr.
Nel frattempo la serie di successi continua e nel 1828 viene acclamato a Vienna tanto che l’imperatore Francesco II lo nomina suo virtuoso da camera e successivamente è a Parigi e poi a Londra dove ovunque porta stupore e ammirazione per la sua arte.
Nel 1825 nasce anche il suo unico figlio Achille da una breve relazione non ufficiale con la cantante Antonia Bianchi. Paganini contrariamente a quanto pensa il grande pubblico sarà un padre affettuoso e sempre vicino al figlio per il quale pagherà la notevole somma di 2000 scudi alla madre per poterlo avere in affidamento.
Nel 1833 acquista nei pressi di Parma la grande Villa Gaione che ora porta il suo nome che però non poté abitare a lungo perché dall’anno successivo si manifestarono i primi segni della malattia che lo affliggerà per i successivi anni portandolo alla morte, la tubercolosi.
Paganini infatti era già debilitato dalla sifilide e dalle cure al mercurio, unico rimedio conosciuto all’epoca, che ne avevano deformato l’aspetto causandogli la perdita dei denti, a questo si era aggiunta la necrosi mascellare causata dalla tubercolosi, la famosa “consunzione” associata al vampirismo nella vulgata popolare, che gli provocava anche degli attacchi di tosse di lunga durata che gli impedivano di esibirsi e che lo portarono progressivamente a perdere l’uso della parola fino a costringerlo a comunicare solo per iscritto.
Durante un ritiro a Nizza a causa della sua malattia, Paganini si spegne il 27 maggio del 1840 ma, come abbiamo accennato, la sua leggenda lo perseguita anche dopo la sua scomparsa.
Accusato di empietà ed essendosi il prete chiamato al suo capezzale rifiutato di impartirgli i sacramenti, gli viene negata dal vescovo di Nizza la sepoltura in terra consacrata.
Il figlio Achille ed i suoi illustri amici si rivolgono al Re Carlo Alberto e al Papa Gregorio XVI per dargli una degna sepoltura.
Nel frattempo però la salma viene imbalsamata e riposta in due casse, una di zinco e una di legno di noce, con una lastra di vetro che ne consente l’esposizione del volto e conservata nella cantina dell’abitazione del conte Hilarione Spitalieri de Cassole, suo grande amico ed estimatore.
Finalmente, dopo ben 4 anni di pellegrinaggio e rifiuti da parte delle autorità, Il 17 aprile del 1844, per intercessione del Re, Paganini può essere sepolto nel Casinetto di Romairone, proprietà del violinista, ma non in terra consacrata.
Dopo le proteste della popolazione però Achille è costretto nuovamente a spostare il feretro e dopo essersi rivolto a Maria Luigia d’Austria grande ammiratrice di Paganini, le sue spoglie sono trasferite a Gaione, dove rimane nella sacrestia della chiesa per altri 32 anni, senza una croce e senza un nome.
Solo nel 1876 infatti Papa Pio IX rende pubblico il verdetto di annullamento del decreto del vescovo di Nizza e riabilitando così il nome del musicista.
Quando a Parma viene allestito il cimitero della Villetta, il figlio Achille ottiene finalmente il permesso di tumulare il padre in una tomba appositamente costruita per lui, dove oggi riposa.
A suggellare la sua vicenda artistica ed umana ci restano le toccanti parole che per Paganini scrisse un altro gigante della musica e del virtuosismo strumentale, Franz Liszt che scrisse di lui: “La grandezza di questo genio, ineguagliabile, insuperabile, preclude persino l’idea di un successore.
Nessuno potrà seguire le sue orme; nessun nome potrà eguagliare la sua gloria”.
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