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La rubrica Libero Pensiero – a cura di Beatrice Silenzi giornalista e direttore responsabile – ospita il sacerdote ed esorcista Don Luciano Condina.
Maria Valtorta: Tra Rivelazione e Rischio – Guida alla Lettura dell’Opera
Nel vasto panorama della letteratura spirituale cristiana, poche opere hanno suscitato tanto fascino, devozione e controversia quanto “L’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta, conosciuto anche con il suo primo titolo, “Il Poema dell’Uomo-Dio”.
Per orientarsi tra le sue pagine ricche di dettagli e la prudenza richiesta dalla Chiesa, don Luciano Condina, sacerdote di Vercelli, offre una riflessione approfondita per distinguere il valore dal pericolo, e la fede dalla semplice curiosità.
Un’Opera Unica nel Suo Genere: Né Canonica, Né Apocrifa
La prima, fondamentale domanda che sorge accostandosi agli scritti della Valtorta è la loro natura. Perché non sono inclusi nel canone biblico, accanto a Matteo, Marco, Luca e Giovanni? E perché non sono nemmeno considerati apocrifi? Don Luciano chiarisce subito il punto: “Siamo in una categoria letteraria diversa”.
I quattro Vangeli canonici appartengono alla letteratura “ispirata”, ovvero testi che la Chiesa riconosce come necessari e fondamentali per un’esperienza completa e autentica della fede.
Gli apocrifi, invece, pur essendo antichi, sono testi non ispirati che spesso contengono elementi leggendari e non fondati storicamente.
L’opera della Valtorta, al contrario, si colloca nella “letteratura spirituale”, frutto di rivelazioni private.
“Ciò che troviamo nella Sacra Scrittura è necessario, fondamentale.
Tutto il resto è un di più”, spiega don Condina.
Questo “di più”, che include anche gli scritti di altri mistici come Anna Caterina Emmerick, può essere un valido aiuto per la vita spirituale, ma non è essenziale per la salvezza e non deve mai sostituire la Scrittura.
Il titolo stesso, “L’Evangelo come mi è stato rivelato”, suggerisce l’intento di unificare i quattro Vangeli in un’unica, grande narrazione, ma è proprio in questa completezza che si annida il rischio più grande
La Prudenza della Chiesa: Perché un’Opera Così Affascinante può Essere un Rischio?
L’enorme ricchezza di particolari geografici, storici e psicologici presenti nell’opera valtortiana è ciò che più affascina il lettore. Eppure, proprio questa caratteristica ha spinto la Chiesa, attraverso l’allora cardinale Joseph Ratzinger, a sconsigliarne la lettura ai “cuori più sprovveduti”.
Il pericolo, spiega don Luciano, è la tentazione di dire: “Ecco, finalmente il Vangelo completo”.
Si rischia di vedere le narrazioni concise dei Vangeli canonici come “lacunose” e di sostituirle con il racconto dettagliato della Valtorta.
Questo atteggiamento, che porta alcuni sacerdoti a sostituire l’omelia domenicale con la lettura di brani valtortiani, è definito da don Condina “un vero e proprio abuso”. Ma perché?
La Sacra Scrittura, nella sua voluta “ermeticità”, non è un testo da leggere passivamente, ma da meditare.
“È un testo che deve essere illuminato dallo Spirito Santo”, afferma il sacerdote. La sua concisione è uno spazio sacro lasciato all’interpretazione personale del fedele.
I rabbini insegnavano che da un singolo versetto si dovrebbero poter trarre almeno settanta interpretazioni diverse, come scintille che scaturiscono dal ferro battuto sull’incudine.
Un racconto “per filo e per segno”, come quello della Valtorta, pur essendo completo, rischia di chiudere questo spazio vitale di interpretazione, limitando l’azione dello Spirito nella vita del credente.
Dalla Sete di Conoscenza alla Fame d’Amore
La ricerca di completezza e di risposte definitive è una fame atavica dell’uomo. Questa sete di conoscenza, tuttavia, può portare su sentieri fuorvianti, come le interpretazioni ufologiche dell’Antico Testamento che vedono negli “Elohim” degli extraterrestri.
Don Luciano smonta rapidamente queste teorie con una semplice nota esegetica: il termine ebraico Elohim, pur essendo plurale, è accompagnato da un verbo al singolare (“barà”, creò), indicando non “gli dei”, ma la pienezza della Divinità.
Ma la questione è più profonda: la conoscenza, da sola, non sazia e non salva. “La conoscenza non ti porta ad amare di più”, avverte don Condina.
Il vero criterio per giudicare la bontà di un percorso spirituale è uno solo: “Questa cosa ti fa crescere nell’amore oppure no?”.
È per questo che la Chiesa condanna pratiche esoteriche che promettono poteri e conoscenza, ma non conducono all’amore, fine ultimo dell’esistenza umana.
La vera salvezza non è uno sforzo della volontà (un’eresia nota come pelagianesimo), ma una trasformazione del cuore operata da un intervento esterno, quello di Cristo.
Il vero miracolo non è tanto la guarigione fisica, rara anche in luoghi come Lourdes, quanto la conversione di un cuore egoista in un cuore capace di amare e donarsi.
Esempi noti come quello di Claudia Koll testimoniano come la felicità non si trovi in una ricerca sbagliata, ma in una vita di fede e carità.
La Giusta Funzione della Valtorta: Un “Amo” per Pescatori di Anime
Detto questo, l’opera di Maria Valtorta non va demonizzata. Se usata correttamente, può essere uno strumento potente.
“È un po’ un amo che ti permette di essere pescato per poterti connettere alla conoscenza del Dio vero”, afferma don Luciano.
La straordinarietà dei suoi scritti ha avvicinato molti alla fede.
È il caso di Jean-François Lavère, autore de “L’enigma Valtorta”. Inizialmente scettico, spinto dalla moglie a leggere l’opera, rimase sbalordito dalla quantità di dettagli accurati che una donna malata, paralizzata a letto negli anni ’40, non avrebbe mai potuto conoscere.
La sua indagine scientifica su centinaia di elementi presenti nel testo lo convinse della loro veridicità e lo portò alla fede.
La sua storia è emblematica: l’opera della Valtorta è stata il “mezzo”, non il fine.
Ha suscitato una domanda che ha trovato risposta nella fede della Chiesa.
E questo è il suo ruolo corretto: essere una porta d’ingresso, uno stimolo che incuriosisce e affascina, ma che deve poi condurre alla fonte, ai Vangeli canonici, alla tradizione della Chiesa e a una vita sacramentale.
In un’epoca di “preti influencer” e di evangelizzazione digitale, ogni strumento può essere valido se usato per portare una parola di vita.
Ma la regola aurea rimane la stessa: ogni strumento è buono solo se conduce a Cristo e fa crescere nell’amore.
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