di GIORGIO PANDINI

Un clima teso scuote la maggioranza di governo, in particolare Lega e Forza Italia, dopo il dibattito sul decreto fiscale e la bocciatura dell’emendamento leghista per ridurre il canone Rai.
Nonostante i tentativi di minimizzare la situazione, la frizione tra gli alleati appare palpabile, con scambi di accuse e prese di posizione divergenti che evidenziano una crescente competizione interna.

La Commissione Bilancio del Senato ha respinto l’emendamento della Lega sul taglio del canone Rai con dodici voti contrari e dieci a favore; con Fratelli d’Italia che ha sostenuto la proposta del Carroccio.
Questo episodio ha riacceso le tensioni, mai del tutto sopite, all’interno della coalizione.

Forza Italia, in particolare, non intende abbassare i toni dopo lo strappo in Commissione, dove i membri del partito non hanno sostenuto la richiesta leghista di portare il canone a 70 euro annui.
Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, ha cercato di rassicurare sul disinteresse di Mediaset, di proprietà della famiglia Berlusconi, in questa vicenda.
L’astensione della Lega su una proposta del senatore azzurro Claudio Lotito riguardante la sanità in Calabria ha palesato una chiara escalation.

Le dichiarazioni del portavoce azzurro Raffaele Nevi, che ha esortato la Lega a “darsi una calmata” e ha definito Matteo Salvini “un po’ paraculetto”, hanno ulteriormente infiammato il dibattito.
Nevi ha criticato la proposta leghista sul canone, definendola una “mancetta” che avrebbe svantaggiato i contribuenti a fronte di un costo di 450 milioni di euro.
Forza Italia ha sempre sostenuto la necessità di impiegare tali risorse per scopi ritenuti più prioritari, come il taglio dell’Irpef per il ceto medio o l’incremento delle pensioni minime.

Il braccio di ferro tra Lega e Forza Italia trascende le recenti divergenze sul canone Rai e sull’emendamento Lotito.
La tensione affonda le radici in questioni più profonde, come l’ampliamento della cittadinanza (lo “Ius Italiae”), su cui Forza Italia ha intrapreso una battaglia solitaria, e le riserve azzurre sull’autonomia differenziata, cavallo di battaglia della Lega.
Questi punti di attrito rivelano la volontà di entrambi i partiti di imporsi come seconda forza nella coalizione, cercando di dettare la linea politica e sfruttando la legittimazione popolare.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, pur minimizzando le “schermaglie” parlamentari, sembra essere tutt’altro che serena.
Fonti vicine alla premier indicano una profonda amarezza per lo scontro tra gli alleati, in particolare in un momento così delicato come il passaggio della Manovra alle Camere e il confronto con il Quirinale.

Il messaggio che la Meloni avrebbe rivolto ai segretari dei partiti è chiaro: “La storia insegna che chi divide paga pegno, se l’obiettivo è ridimensionarmi, temo che a perdere consenso sarete voi”.
Sembra che la premier sia l’unica a lottare per la stabilità del governo.
L’ipotesi di un rimpasto di governo potrebbe rappresentare un’opportunità per Meloni di riaffermare la sua autorità e superare l’attuale fase di stallo.
Restiamo in attesa delle prossime mosse per ricucire lo strappo e ritrovare l’equilibrio all’interno della maggioranza.