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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Enzo Pennetta.

La nostra società moderna è costruita su un’idea apparentemente incrollabile: il progresso. Ci viene insegnato che la storia è una linea retta, un’inarrestabile marcia in avanti che ci allontana da un passato “primitivo” per condurci verso un futuro sempre migliore, più tecnologico, più efficiente.
Ma cosa succede se questo progresso è solo un’illusione? O peggio, se la direzione che abbiamo intrapreso ci sta portando verso un peggioramento sistemico, mascherato da successi parziali?

Queste domande, tanto scomode quanto necessarie, sono al centro del nuovo e rivoluzionario lavoro del Professor Enzo Pennetta, “La Terza Teoria”. Non solo una critica, ma una via d’uscita, una “terza via” che attinge alla vera essenza della natura umana e della fisica moderna per proporre un modello sociale basato non più sulla competizione spietata, ma sulla collaborazione consapevole.

Le Prime Due Teorie che Hanno Plasmato il Mondo

Per comprendere la novità della “Terza Teoria”, è indispensabile, come spiega Pennetta, analizzare i due paradigmi che l’hanno preceduta. Questi non sono semplici modelli politici, ma veri e propri “sistemi operativi” della civiltà, che definiscono la fonte di legittimazione del potere, della giustizia e, in ultima analisi, del bene e del male.

La Prima Teoria Politica.
Dagli albori della civiltà fino all’Illuminismo e alla Rivoluzione Francese, il potere ha trovato la sua giustificazione in una dimensione trascendente e religiosa. Il faraone, l’imperatore romano, il re medievale non erano semplici governanti, ma figure la cui autorità discendeva direttamente da Dio o dagli dèi.
La legge non era una convenzione umana, ma un riflesso di un ordine cosmico e divino. In questo quadro, la società era strutturata gerarchicamente e la giustizia era l’atto di conformarsi a questa volontà superiore.
La legittimità era esterna all’uomo, radicata nel sacro. Questo modello, pur con innumerevoli variazioni (dai babilonesi agli egizi, dai greci fino al Sacro Romano Impero), ha caratterizzato la stragrande maggioranza della storia umana.

La Seconda Teoria Politica.
Con il crollo dell’Ancien Régime e l’avvento della modernità, il fondamento divino del potere viene meno. La nuova fonte di legittimazione diventa la Scienza, o meglio, una sua interpretazione specifica e riduttiva.
Pennetta identifica il cuore di questo nuovo paradigma nel Darwinismo. La teoria dell’evoluzione, nata per spiegare un fenomeno biologico, viene trasposta brutalmente in ambito sociale, economico e politico. Il motore della storia non è più la volontà divina, ma la competizione, la “lotta per la sopravvivenza”.

Questo slittamento ideologico ha conseguenze devastanti. La società viene concepita come un’arena in cui individui, aziende e nazioni competono per le risorse.
Il “successo” del più forte, del più “adatto”, non è solo un dato di fatto, ma diventa un valore morale.
Il mercato, con le sue dinamiche competitive, assume lo status di legge naturale e indiscutibile.
Il modello politico che ne deriva, il neoliberismo, non è più una scelta tra le tante, ma viene presentato come l’unico sistema possibile, il “pilota automatico” della storia, l’approdo finale del progresso umano.
In questo sistema, tutto ciò che favorisce la competizione (deregulation, privatizzazioni) è considerato “bene”, mentre tutto ciò che la ostacola (welfare, solidarietà, tutele) è visto come un “male”, un freno all’efficienza.

La Patologia della Competizione: Vivere in un Sistema che ci Rende Malati

L’adozione della Seconda Teoria Politica come unico orizzonte possibile ha generato, secondo Pennetta, una vera e propria patologia sociale. Quando il modello competitivo diventa l’unica narrazione, le conseguenze sulla psiche individuale e collettiva sono profonde.
Viviamo in una costante gara, una perenne ansia da prestazione.

Colpevolizzazione dell’Individuo.
Se il sistema è “naturale” e “giusto” (come una legge di natura), chi fallisce non può incolpare il sistema, ma solo se stesso. La povertà, la disoccupazione, l’infelicità non sono più lette come possibili risultati di un’organizzazione sociale ingiusta, ma come colpe individuali. “Non sei stato abbastanza competitivo”, “Non ti sei impegnato abbastanza”.
Questo meccanismo interiorizzato porta alla frustrazione, alla depressione e all’autocolpevolizzazione.

La Fine della Politica.
Se il mercato è il giudice supremo e la competizione è l’unica regola, la politica perde il suo ruolo. I governi non hanno più il compito di progettare una società migliore, ma solo quello di “garantire il mercato”, rimuovendo ogni ostacolo al suo funzionamento.
Parametri come lo spread o il debito pubblico diventano più importanti del benessere dei cittadini, perché sono indicatori della “salute” del mercato.

La Propaganda come Strumento di Controllo: Un sistema intrinsecamente fallace e disumano, spiega Pennetta, non può reggersi da solo.
Ha bisogno di una massiccia e costante opera di propaganda per convincere le persone che non esistono alternative.
Attraverso il controllo dei media, dell’intrattenimento (Hollywood) e del sistema educativo, la narrazione della competizione come unica via viene ripetuta fino a diventare un dogma incrollabile. Questo spiega perché ogni tentativo di critica radicale viene etichettato come “utopistico”, “irrealizzabile” o “pericoloso”.

La Terza Teoria: La Rivoluzione della Collaborazione e il Potere della Parola

È a questo punto che Enzo Pennetta introduce la sua proposta rivoluzionaria. Se la Prima Teoria si fondava sul Divino e la Seconda su una visione competitiva della Scienza, la Terza Teoria si fonda su una lettura più profonda e autentica sia della natura che dell’essenza umana.

Il fondamento della Terza Teoria è la collaborazione. Pennetta sfida il dogma darwinista mostrando come la natura stessa, a un’analisi più attenta, sia un tripudio di simbiosi e cooperazione.

Ma l’elemento chiave, il vero motore della Terza Teoria, è unicamente umano: la Parola (intesa come linguaggio, capacità di astrazione e progettazione).
A differenza degli animali, che hanno modelli sociali fissi e predeterminati (le formiche, le api), l’essere umano, attraverso la parola, può immaginare, progettare e realizzare infinite forme di società.
Non siamo condannati a un unico modello. La nostra libertà risiede proprio in questa capacità di creare nuove realtà.

La Terza Teoria, quindi, legittima il potere e la giustizia non più su un dio esterno o su una presunta legge naturale della giungla, ma sulla capacità umana di progettare consapevolmente una società fondata sulla collaborazione e sul benessere collettivo.

Un Nuovo Fondamento per la Costituzione: Le costituzioni moderne, come quella italiana, sono spesso un compromesso tra visioni diverse (cattolica e comunista, nel nostro caso).
La Terza Teoria offre un fondamento unitario e coerente. Una costituzione basata su di essa non si limiterebbe a enunciare diritti, ma garantirebbe le condizioni materiali per una vita pienamente umana: il diritto a un lavoro dignitoso, ma anche il diritto al “tempo libero” (l’otium dei romani), tempo per la riflessione, la cultura, le relazioni, non asservito alla logica della produzione e del consumo.

La Legittimazione del Mondo Multipolare. La Seconda Teoria ha generato la globalizzazione, ovvero l’imposizione di un unico modello (quello neoliberista anglo-americano) a tutto il pianeta.
La Terza Teoria, al contrario, è l’unica che può fondare e legittimare un mondo multipolare.
Riconoscendo la capacità di ogni civiltà di progettare il proprio modello sociale, si accetta la coesistenza di diverse visioni del mondo (cinese, russa, indiana, islamica, occidentale) senza che una debba prevalere sull’altra in una logica competitiva.

Pennetta, citando la teoria dei giochi e il dilemma del prigioniero di John Nash, dimostra come, anche da un punto di vista puramente logico, la collaborazione porti a risultati migliori per tutti.
La rivoluzione della Terza Teoria non richiede necessariamente la conquista del potere statale. Può iniziare dal basso, attraverso la creazione di nuclei sociali, comunità e reti economiche basate sulla fiducia e sulla cooperazione.
Quando le persone sperimentano concretamente che collaborare è più vantaggioso che competere, il modello si espande naturalmente, perché attrae per la sua capacità di generare benessere reale.

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