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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura di Giorgio Pandini – musicista e blogger.

Il quadro intitolato “radici d’albero” è l’ultimo suo dipinto realizzato poche ore prima che si procurasse la ferita che lo portò alla morte, dopo due giorni di agonia, il 29 luglio 1890 ad Auvers-sur-Oise un piccolo comune a 30km da Parigi.
Situato a pochi metri dall’Auberge Ravoux dove il pittore trascorse i suoi ultimi giorni di vita, è diventato immediatamente una tappa obbligata dei turisti dell’arte, in memoria di un genio.

Parlo di Vincent Willem van Gogh

Nato 1853 nei paesi bassi a sedici anni, a causa dello scarso rendimento scolastico, viene mandato a lavorare presso una casa d’aste internazionale all’Aia dove si dedica alla vendita di quadri, stampe e litografie con grande dedizione, un lavoro che lo porta a Bruxelles, Londra e Parigi dove avvengono due incontri importanti: con l’arte, al Louvre e con il mondo femminile.

Respinto da una donna, il pittore entra in una crisi depressiva che lo porta a trascurare la professione per concentrarsi su tematiche religiose, seguendo le orme del padre, pastore della chiesa riformata olandese.
Nel 1876 lascia definitivamente il lavoro e fino al 1881 si dedica al misticismo, finché a quell’afflato mistico sostituisce la passione per l’arte, incoraggiato dal fratello Theo.

Dopo l’ennesima delusione sentimentale per il rifiuto da parte di una cugina di sposarlo, Vincent arriva a compiere un atto di autolesionismo ustionandosi una mano e meditando il suicidio. Nel 1882 Van Gogh incontra una ragazza di nome Clasina Hoornik soprannominata Sien di cui si invaghisce perdutamente.

Sien è una prostituta con il volto segnato dal vaiolo, esile a causa della fame e incinta quando lui la incontra. Vive per strada anche con un’altra figlia, ma Vincent decide di prenderla con sé, iniziando una relazione difficile soprattutto economicamente.
Il rapporto tra i due è fortemente osteggiato dalla famiglia di Vincent specialmente dopo che il pittore viene ricoverato a causa di una malattia venerea contratta da Sien e dopo aver manifestato l’intenzione di sposarla, cosa che non avverrà mai.

I due si separano nel 1883 e Van Gogh decide di trasferirsi in diverse località dei Paesi Bassi ritraendo contadini ed operai delle campagne intenti nelle attività lavorative, dando libero sfogo alla sua creatività ed affinando le sue abilità.
A Nuenen dipinge I Mangiatori di Patate opera che costituisce probabilmente la sintesi artistica più rappresentativa di Van Gogh e che lui stesso definisce “la cosa migliore che abbia fatto”.

Il soggiorno a Nuenen è particolarmente prolifico, cominciano ad arrivare i primi timidi riconoscimenti alla sua arte, mentre è fallimento totale sul fronte privato, poiché diventa oggetto di pettegolezzo nella cittadina per la frequentazione con Margot Begemann, che si innamora follemente di Vincent senza esserne corrisposta cosa che la porta ad ingerire del veleno nel tentativo di suicidarsi, salvata da Van Gogh stesso.

L’episodio che però che lo segna profondamente è la morte improvvisa del padre dopo un violento litigio con lui nel 1885. Nello stesso anno si trasferisce ad Anversa, frequenta la Scuola di Belle Arti e tuttavia, non viene apprezzato affatto.
Nel 1886 finalmente raggiunge Parigi ed il fratello Theo che gestisce una piccola galleria d’arte a Montmartre e, durante l’esperienza parigina, entra in contatto con altri artisti Toulouse-Lautrec, Monet, Renoir, Degas, Pissarro, Sisley, Seurat e Signac, senza dimenticare Gauguin.

Trova anche il tempo di intrattenere una relazione molto stretta con Agostina Segatori da Ancona, una modella italiana proprietaria del Café du Tambourin che viene ritratta da diversi artisti e dallo stesso Van Gogh in un celebre quadro.
L’attrazione per un nuovo utilizzo dei colori, lo spinge a trasferirsi in Provenza, ad Arles, città culturalmente vivace, ricca di luce e dal sapore mediterraneo, dove Van Gogh esplora un nuovo modo di dipingere.

È il tempo dei suoi quadri più famosi come la Sedia, la Stanza da letto, Caffè di Notte e Terrazza del Caffè la Sera. Convinto da Theo che gli promette di pagargli le spese di soggiorno ad Arles, Gauguin accetta l’invito di Vincent a fondare un atelier e, nel 1888 i due artisti iniziano quella che sarà una convivenza difficile: l’entusiasmo di Van Gogh si scontra con lo scetticismo e l’insofferenza di Gauguin che si sente un leone in gabbia e tratta Van Gogh alla stregua di un dilettante squilibrato.

La loro visione dell’arte è totalmente divergente. Il tempo acuisce le differenze, finché disilluso dal fallimento, a due giorni da Natale, dopo un violento litigio si scaglia contro Gauguin con un rasoio, ma poi, dopo aver rinunciato all’aggressione, in preda al delirio ed al senso di colpa, si recide il lobo dell’orecchio sinistro, lo incarta e lo regala ad una ignara prostituta di un bordello frequentato dai due artisti.

La polizia lo fa ricoverare nell’ospedale di Arles e, da quel momento, VIncent alterna momenti di lucidità a crisi profonde, fino a quando decide volontariamente di farsi ricoverare in una clinica psichiatrica a Saint-Remy de Provence.
Anche in queste condizioni però la sua produzione non si ferma e risale a questo periodo una delle sue opere più celebri Notte Stellata attualmente al MOMA di New York.

Ossessioni, allucinazioni e una visione distorta della realtà lo conducono a tentare il suicidio, ingerendo i colori che utilizza per dipingere.
Ma è a questo punto che i suoi quadri iniziano ad essere notati ed apprezzati, anche dai colleghi.
L’inaspettato successo ha un effetto benefico su Vincent che nel 1890 esce dalla clinica e si trasferisce ad Auvers-sur-Oise, affidato alle cure del dottor Gachet, medico appassionato di arte con competenze in psichiatria ed egli stesso pittore, ma le condizioni mentali di Vincent non gli consentono una vita facile: si allontana, isolandosi da tutti ma non dal suo lavoro.

La sera del 27 luglio 1890. Vincent esce dall’albergo per dipingere all’aperto, vi rientra la sera, ma è strano: si accascia dolorante e cammina a fatica, sale le scale che lo portano in camera.
Non vedendolo scendere per la cena, il proprietario sale in camera e lo trova sanguinante sul letto.
Si è sparato un colpo di rivoltella allo stomaco. Viene chiamato il dottor Gachet che non potendo estrarre il proiettile si limita a fasciare la ferita.
Dopo un giorno di agonia perde conoscenza e si spegne all’1,30 del 29 luglio a soli 37 anni.

Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che sia stato colpito accidentalmente, dopo un diverbio, da un ragazzo con cui Van Gogh aveva l’abitudine di trascorrere le serate a bere.
La tesi appare traballante, ma negli anni ‘60 del 900 una pistola viene effettivamente trovata nel campo dove Van Gogh era solito dipingere e dalle analisi condotte sull’arma risulta che le condizioni sono compatibili con il fatto di essere rimasta sepolta per lungo tempo.
L’arma è stata venduta all’asta per 162.500 Euro, una cifra ragguardevole che dimostra una volta di più che la notorietà ha un peso e che un orrendo strumento di morte diventa un oggetto desiderato che la gente vuol possedere a qualsiasi costo.

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