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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura di Giorgio Pandini – musicista e blogger – qui per raccontare l’opera di Giuseppe Verdi, “La Traviata”.

Quando Giuseppe Verdi firma il contratto con il Teatro La Fenice di Venezia nel maggio del 1852 per produrre un’opera da rappresentare durante il successivo Carnevale, non può fare a meno di pensare al lavoro di Alexandre Dumas.

Quello che lo attrae è il potente messaggio sovversivo con l’accusa rivolta a una società che, a fini di convenienza morale, sacrifica una donna, la cui unica colpa è quella di amare.

Verdi decide di comporre “La Traviata” dopo aver assistito – insieme a Giuseppina Strepponi, sua convivente – a una rappresentazione teatrale de “La Signora delle Camelie”.

Francesco Maria Piave scrive il libretto e Verdi lo mette in musica.

Verdi trasforma completamente il testo di Dumas, rendendo le vicende narrate più universali e trasformandole in un capolavoro di dramma e umanità.

Dal tema centrale dell’opera, “Amami Alfredo”, l’unico momento di felicità dei due amanti al celebre “Brindisi” (Libiamo nei lieti calici), Verdi tocca la malattia di Violetta che la porterà alla morte.

La musica, intensa e viscerale colpisce gli spettatori, trasformando la trama di Dumas in un messaggio sull’amore, il sacrificio e la morte.

Un altro aspetto sorprendente dello stile di Verdi è l’uso del tempo ternario quando i protagonisti esprimono sentimenti intimi e reali.

La scena finale tra Violetta e Alfredo è struggente, con la musica di Verdi che coinvolge profondamente gli spettatori.
Verdi sembra attingere alla sua esperienza personale nel proporre l’opera.

Questo è il genio di Verdi.

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