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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Approfondimento Stoico è a cura dello scrittore ed antifilosofo Michele Putrino e Beatrice Silenzi, direttore responsabile.

La maggior parte di noi insegue costantemente una vita fatta di felicità, lontana il più possibile dalla sofferenza. Eppure questo piacere è effimero e dura pochissimo, facendoci immergere nuovamente in una condizione di dolore.

Perché esiste il dolore? Perché esiste la sofferenza?

L’idea che ha permeato costantemente la nostra cultura (e la quotidianità) negli ultimi secoli è che soffriamo perché l’umanità deve scontare un peccato.

Tuttavia, sostiene Putrino, oggi, da un punto di vista logico e razionale, questo concetto è qualcosa che non possiamo più accettare, è una forzatura, soprattutto alla luce di quello che abbiamo compreso dopo l’Illuminismo. 

Come c’è differenza tra bianco e nero e si vive, pertanto, in una realtà duale, dobbiamo comprendere che la sofferenza è da accettare perché la vita stessa è attrito ed è un continuo contrasto tra cose ed eventi. 

Ecco perché percepiamo la vita come dolore, che diventa addirittura tragedia  – dice Michele Putrino – se rifiutiamo questa concezione del mondo, rifugiandoci in vane e mere illusioni trascendenti. 

Gli antichi erano fervidi sostenitori di questa “lotta di vita”. Il più celebre frammento di Eraclito: “Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi” sottolinea come Polemos – inteso come conflitto, confronto anche aspro – è padre di tutte le cose, il motore capace di aiutarci a trovare una soluzione ai contrasti.

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