di GIORGIO PANDINI
È prevista per il prossimo weekend, l’8 e 9 giugno, la chiamata alle urne per votare i cinque quesiti referendari abrogativi di alcune norme attualmente in vigore.
Data la scarsa pubblicità che viene fatta sui Media in relazione a questa votazione, proveremo ad approfondire ciascuno dei punti sui quali gli italiani saranno interpellati.
Innanzitutto si tratta di un referendum abrogativo, quindi per ciascuna norma già in vigore che secondo i promotori limita i diritti fondamentali dei cittadini, ciascuno potrà scegliere di votare “Sì” (per abrogare la norma) e “No” (per mantenerla).
Il primo quesito riguarda i licenziamenti ingiusti ed è contrassegnato dal colore grigio della scheda.
Nel dettaglio si propone l’abrogazione dell’articolo che nel Jobs Act del 2015 promosso dall’allora premier Matteo Renzi ha limitato il diritto al reintegro per i lavoratori licenziati senza giusta causa.
La norma attuale prevede nella maggior parte dei casi che il licenziamento illegittimo abbia come conseguenza solo una contropartita economica mentre il referendum mira a ristabilire la possibilità per il dipendente oggetto di licenziamento ingiustificato di tornare al proprio posto di lavoro.
Votando “Sì” quindi si toglie il limite al reintegro previsto dal Jobs Act.
Il secondo quesito invece attiene alla tutela nelle piccole imprese ed è caratterizzato dal colore rosso della scheda.
La seconda proposta di abrogazione riguarda le aziende con meno di 15 dipendenti.
Attualmente in caso di licenziamento illegittimo il datore di lavoro può essere sanzionato con un indennizzo massimo molto contenuto.
Il referendum mira all’eliminazione di questa soglia, in questo modo i giudici avrebbero piena discrezionalità nella determinazione della somma da corrispondere al lavoratore licenziato ingiustamente.
Il “Sì” comporta quindi la cancellazione del limite massimo di indennizzo per licenziamento illegittimo nelle aziende con meno di 15 dipendenti.
Il terzo quesito con scheda di colore arancione riguarda invece la regolamentazione dei contratti a termine. Con questa iniziativa si punta a limitare l’utilizzo indiscriminato dei contratti a termine senza giustificazione.
Le norme attuali infatti permettono ad un datore di lavoro l’assunzione con contratto a termine senza obbligo di indicare una causale specifica che giustifichi il ricorso a questa tipologia di rapporto.
Il quesito mira quindi a ripristinare la necessità di indicare una motivazione precisa per cui l’azienda abbia necessità di assumere con contratto a tempo determinato.
Votando “Sì” quindi si procede all’abolizione dell’assenza di causale per i contratti a termine per ridurre la situazione di precarietà attualmente presente nel mondo del lavoro, specialmente tra i giovani.
Il quesito numero quattro si occupa della sicurezza negli appalti contrassegnato dalla scheda di colore verde.
Si richiama qui l’attenzione sulla responsabilità del committente nei casi di infortunio nei luoghi di lavoro affidati in appalto o subappalto.
Al momento le norme limitano questa responsabilità esonerando di fatto i committenti nel caso di mancato rispetto delle norme di sicurezza da parte degli appaltatori.
La domanda è orientata a reintrodurre quindi tale responsabilità anche per chi ha commissionato i lavori al fine di rispondere in solido con le ditte appaltatrici in caso di infortunio sul lavoro.
Il “Sì” comporta il ritorno alla responsabilità solidale al fine di offrire una maggior tutela ai lavoratori e a prevenire il fenomeno delle “catene” di subappalti impuniti.
L’ultimo quesito, il quinto con scheda azzurra, riguarda invece la modalità di concessione della cittadinanza italiana per gli stranieri non appartenenti all’Unione Europea.
La normativa attuale prevede un periodo minimo di 10 anni di residenza legale continuativa.
Il quesito referendario intende ridurre tale periodo a 5 anni, nel tentativo di allineare l’Italia agli standard europei. Questo tema è particolarmente sentito tra i giovani stranieri cresciuti in Italia senza piena cittadinanza ed è probabilmente il più divisivo dell’opinione pubblica.
Votando “Sì” si procederebbe quindi alla riduzione del requisito di residenza traducendosi in una cittadinanza più rapida per chi vive in Italia da almeno 5 anni.
Per questo referendum sono state raccolte dai promotori oltre 4 milioni e mezzo di firme complessive.
Per i quattro quesiti sul lavoro l’iniziativa è partita dalla CGIL, che ha lanciato una campagna pubblicitaria su scala nazionale sul tema dell’occupazione principalmente orientata alla revisione del Jobs Act e di altre norme considerate lesive e discriminanti dei diritti dei lavoratori.
La promozione sul territorio ha coinvolto centinaia di comitati locali con l’istituzione di centri di raccolta firme in tutta Italia, ottenendo anche il sostegno di diverse forze politiche.
Il quesito relativo invece alla cittadinanza per gli stranieri è stato promosso da un raggruppamento di associazioni di cittadini e forze politiche tra cui PiùEuropa, Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano, Rifondazione Comunista e Possibile.
Obiettivo di questo gruppo di promotori è la necessità dal loro punto di vista di riformare una legge del 1992 ritenuta inadeguata rispetto alla situazione attuale del tessuto sociale italiano che presenta un trend multiculturale in crescita costante.
Sull’esito della votazione aleggia però come sempre lo spettro dell’astensione e quindi del mancato raggiungimento del quorum che, per il referendum abrogativo prevede l’adesione del 50 per cento più uno degli aventi diritto.
Data la scarsa affluenza alle urne che è ormai diventata endemica con le punte più basse proprio in occasione delle altre consultazioni referendarie, il quorum rimane quindi il convitato di pietra che incombe in maniera inquietante e minacciosa sulle velleità di giustizia della rete eterogenea che ha dato avvio all’operazione, attenderemo pertanto il consueto stanco rituale di un sempre più consunto noto maratoneta televisivo per conoscere l’esito oppure, in alternativa, complici le belle giornate di giugno potremo sempre fare i primi timidi passi stagionali in spiaggia per andare al mare.