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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Dimensione Arte è cura di Giorgio Pandini – musicista e blogger.
Con sole 29 tracce registrate, 3 fotografie in circolazione e 3 tombe riconosciute, è diventato una delle figure più influenti nella storia della musica del ventesimo secolo, senza di lui non avremmo leggende come Eric Clapton, Muddy Waters, Bob Dylan, i Rolling Stones, i Led Zeppelin, Jimi Hendrix e Jeff Beck solo per citarne alcuni. Si dice che abbia venduto l’anima al diavolo per diventare musicista.
Sto parlando del più influente musicista blues della storia: Robert Leroy Johnson.
Il personaggio e l’uomo si fondono esattamente come la leggenda e le notizie reali sulla sua esistenza e sono quasi indistinguibili l’una dall’altra complice anche la scarsità di documenti e notizie verificabili che lo riguardano.
Robert nasce l’8 maggio del 1911 a Hazlehurst in Mississippi, da una relazione tra la madre Julia Major Dodds e Noah Johnson dopo che il marito della donna Charles Dodds l’aveva lasciata e si era trasferito a Memphis a causa di una disputa terriera con altri latifondisti bianchi per la quale rischiava di essere linciato come sovente accadeva a quei tempi negli stati americani del sud.
Il bambino mostra uno spiccato interesse per la musica ed inizia a suonare l’armonica a bocca per passare poi alla chitarra. A 18 anni si sposa con la sedicenne Virginia Travis e si trasferisce a Robinsonville. L’anno successivo la ragazza muore nel dare alla luce una bambina, morta a sua volta durante il parto; Robert sconvolto dalla tragedia personale che lo ha colpito inizia a girovagare da una città all’altra del Mississippi, creando la sua fama di donnaiolo e forte bevitore.
Nel 1931 incontra e sposa Calletta Craft e decide di fermarsi e iniziare a lavorare nei campi, ma la tranquilla vita di campagna non fa per lui e la crescente passione per la musica lo porta sempre più distante dalla moglie e anche questo matrimonio finisce.
È a questo punto che inizia la leggenda alimentata anche dai musicisti che lo hanno conosciuto, in particolare dal grande bluesman Son House il quale racconta dei goffi tentativi di Robert Johnson di intrattenere il pubblico dei Juke Joint durante le pause del suo show.
Dopo poche note il pubblico spazientito chiedeva di far cessare quello strazio e lo stesso Son House era costretto ad intervenire per cacciarlo dal locale.
La scena si ripete in diverse occasioni, fin quando Robert non si presenta più alle esibizioni e sparisce per un anno intero, si ripresenta quindi con la chitarra in spalla e nuovamente chiede di poter suonare.
Anche se riluttanti e poco convinti, i musicisti acconsentono e Johnson li lascia letteralmente a bocca aperta mostrando una tecnica strabiliante ed un’intensità inaudita che non trova una spiegazione logica per i suoi contemporanei ma che entusiasma gli avventori del locale. A questo si aggiunge la poetica oscura dei testi delle sue canzoni, con numerosi rimandi al mondo della magia e al diavolo.
Ma certo! Ecco da dove deriva la sua magia: deve aver per forza venduto l’anima a Satana, il vecchio Papa Legba della tradizione Hoodoo, incontrato al crocicchio a mezzanotte e con il quale ha stretto il patto mortale: la sua anima in cambio di un virtuosismo mai visto.
La notizia si sparge in fretta e Robert inizia a suonare un po’ ovunque con regolarità, questo però, oltre alla sua fama di musicista maledetto, fa aumentare il suo successo con le donne con le quali intrattiene rapporti in ogni sua tappa musicale senza curarsi più di tanto della presenza o meno di altri uomini. Atteggiamento molto pericoloso negli stati del Sud degli anni ’30.
In questo periodo il suo talento viene notato da un produttore musicale che gli organizza due sessioni di registrazione in Texas, la prima in una stanza del Gunter Hotel a San Antonio nel 1936 e la successiva nel 1937 a Dallas.
La notte del 13 Agosto 1938 Robert Johnson sta suonando con Honeyboy Edwards e Sonny Boy Williamson 2° al Three Forks un locale vicino a Greenwood Mississippi.
Il musicista ha una relazione clandestina con la moglie del titolare del locale e i due amanti durante la serata non si preoccupano più di tanto di nascondere la cosa, nemmeno agli occhi del marito della donna.
Le testimonianze dei due musicisti sono concordi sul fatto che ad un certo punto della serata a Johnson viene passata una bottiglia aperta, Sonny Boy gliela fa cadere avvisandolo che è meglio non accettare mai una bottiglia che non sia sigillata. Robert lo minaccia di non ripetere mai più un gesto del genere.
Quando arriva la seconda bottiglia aperta a Sonny Boy non resta che osservarlo bere sperando di aver esagerato.
Dopo poco Robert è costretto a smettere di suonare, si sente male e viene trasportato in una casa vicina dove muore tra atroci sofferenze dopo 3 giorni di agonia, il 16 agosto all’età di 27 anni dando così avvio alla sinistra leggenda del club dei 27, la lunga lista di musicisti famosi morti a questa giovane età tra i quali Jim Morrison, Jimi Hendrix e Janis Joplin.
L’autopsia naturalmente non viene fatta, viene redatto frettolosamente un certificato di morte per cause sconosciute ed il corpo viene sepolto velocemente dal becchino del cimitero.
Non essendoci testimonianze dirette, negli anni sono stati individuati ben 3 possibili siti che potrebbero ospitare i resti del più influente bluesman della storia ed altrettante lapidi sono state posate dai suoi ammiratori, l’ultima in ordine di tempo sul sito più probabile, pagata da un certo Eric Clapton.
Per ironia della sorte pochi mesi dopo la morte di Robert Johnson, il grande produttore discografico John Hammond che sta organizzando una serata alla Carnegie Hall di New York dedicata alla musica afroamericana e manda un suo incaricato per cercarlo, ricevendo la notizia della sua morte, Hammond in persona decide comunque di riprodurre durante il concerto una delle sue incisioni su un grammofono solitario al centro del palcoscenico.
Molti anni dopo altri due ragazzi mettono un disco di Johnson in un impianto stereo, i due ascoltano rapiti la tecnica del bluesman: “chi è che suona?” chiede il primo “Robert Johnson!”, “ok, ma chi è l’altro tizio che suona con lui?”
Il secondo giovane che di nome fa Keith Richards impiega un po’ a capire che c’è solo un chitarrista nella registrazione. L’altro ragazzo è Brian Jones ed insieme formeranno i Rolling Stones. Curiosamente Brian morirà anch’egli in circostanze poco chiare a 27 anni.
Sentite anche voi puzza di zolfo?
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